Missioni Consolata - Maggio 2009

MISSIONI CONSOLATA tammo con immensa gioia. La usammomolto,ma con pru- denza, per non provocare discussio- ni su argomenti religiosi. Infatti ave- vamo qualche problema con uno dei giovani carcerieri alquanto ze- lante. Per cui, un giorno ne parlam- mo al vice-capo, che era sempre sta- to gentile con noi. Raccontammo come eravamo ammirate per il loro comportamento: tutti disciplinati, mai un litigio o parole irriguardose, non facevano uso di tabacco e alco- lici né masticavano miraa ( la droga così comune tra i somali! ), sempre ri- spettosi nei nostri riguardi e verso le donne in generale.C’era solo quel giovane miliziano che ogni tanto ci metteva in imbarazzo.Da quel gior- no il giovane ci lasciò in pace e ci trattò con gentilezza. Per 40 giorni (nella nostra comu- nità siamo allenati ai 40 giorni! [ Ndr. i 40 giorni di deserto e preghiera che ca- ratterizzano la vita spirituale dei con- templativi missionari ]) riuscimmo a conservare il morale discretamente alto.Certo, avevamo paura.Chi non ne avrebbe avuta in tale situazione, con uomini sempre armati di fucili e bombe, sempre pronti a vantarsi del- le loro uccisioni? Ma resistevamo, e non abbiamomai perso la nozione del tempo. Suor Maria aveva ancora il suo orologio; il mio si era rotto mentremi trascinavano a ElWak. E- ravamo anche riuscite a compilare un calendario di fortuna, con un pez- zo di carta e unmozzicone di matita trovato sul davanzale di una finestra. Avemmo unmomento di grande apprensione il 23 dicembre, quando uno dei carcerieri ci disse che le trat- tative per il nostro rilascio erano fer- me. Seduto nella nostra stanza, ci ri- ferì la notizia inmodo calmo e corte- se, provando perfino a consolarci e condividendo il nostro dolore.Ma fu terribile.Ci sentivamo tradite, ab- bandonate, sole, impotenti, e ferite nel profondo dell’anima. In tale stato d’ansietà celebram- mo il natale; abbiamo pregato, letto i passi biblici della natività di Cristo; sentivamo Gesù profondamente presente, lì, prigioniero con noi.Ma fu unmomento di grande oscurità, durato fino alla fine dell’anno. Poi cominciarono a trapelare notizie mi- gliori. LAFORZADELLAPREGHIERA A darci coraggio era la preghiera. All’inizio eravamo persino incapaci di pregare insieme; pregavamomol- to, ma ognuna per conto suo. Poi co- minciammo a pregare insieme la se- ra; alla terza settimana ci eravamo già organizzate bene: lodi mattuti- ne, vespri serali, 4-5 rosari durante la giornata e la partecipazionementale alla messa,momento per momento, con comunione spirituale. Per la recita dei salmi ci aiutavamo a vicenda ricordandoli a memoria. Naturalmente il primo che ci venne inmente fu: «Il Signore è il mio pa- store». Lo sapevamo bene ed era proprio giusto per la nostra situazio- ne. Poi il salmo 103, «Benedici il Si- gnore, anima mia!». Il salmo 63 era sempre sulle nostre labbra: «O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco». Riuscivamo a ricordarne abbastanza bene circa 15; ne recitavamo sei-set- te nella mattinata; gli altri alla sera, ripetendoli anche due volte. Prega- vamo conmolta calma: non aveva- mo altro da fare tutto il giorno. Pregavamo sempre a bassa voce, per non attirare l’attenzione.Non o- savamo cantare. Solo nelle ultime settimane trovammo il coraggio di intonare qualche canto,perché la nostra stanza era la più isolata, lonta- no dalle orecchie dei nostri custodi. Per mantenerci occupate cammi- navamo su e giù per la piccola stan- za, fino a stancarci.Andando avanti e indietro, recitavamo il rosario, tanti rosari.A ogni Ave Maria inserivamo qualche giaculatoria: «Gesù, io confi- do in te»; «Spirito Santo illuminaci, guidaci ogni istante della giornata»; MC MAGGIO 2009 51 Campo profughi 30 km a sud di Mogadiscio. Distribuzione dell’acqua agli sfollati da Mogadiscio.

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