Missioni Consolata - Maggio 2009
MAGGIO 2009 3 S i è concluso a Istanbul (Turchia), il 22 marzo scorso, il V Forum mondiale sull’acqua, una settimana di lavori a cui hanno preso parte quasi 30 mila con- gressisti, delegati da governi e istitu- zioni internazionali. La spe- ranza di molti era sinto- nizzata sulla possibi- lità che, finalmente, si potesse dare una risposta defi- nitiva a uno dei problemi cruciali che investe oggi la comunità internazio- nale in materia del cosid- detto «oro blu», ovvero, poter definire una volta per tutte l’accesso all’acqua come un diritto fondamentale e inalienabile di ogni essere umano. Mi permetto di commentare una notizia ormai «di archivio» perché, a nome di una rivista che considera la difesa dell’ambiente e la salvaguardia del creato come parte della sua missione, considero grave il fatto che ciò non sia avvenuto. Ogni essere umano ha diritto, senza discrimi- nazione alcuna, di accedere a una quantità d’acqua potabile, di buona qualità, che sia facilmente raggiungibile dalla propria abita- zione ed economicamente accessibile, per poterne fare uso personale e domestico. Questo, in sintesi, potrebbe essere il contenu- to del diritto invocato. Si tratta, umanamente parlando, di una pretesa scontata e universal- mente condivisibile, che assumerebbe ben altra valenza se le venisse concesso lo status di diritto. Senz’acqua si muore, con poca acqua malsana non si va molto più in là. Purtroppo, invece, l’economico e il politico perdono sovente le tracce dell’umano. D efinendo l’acqua come un bisogno fon- damentale dell’umanità, e non come un diritto, si è persa l’occasione di affer- mare che alla vita ci teniamo sul serio e non solo a parole. Chi difende un bisogno? Chi ne definisce l’oggettività? Chi stabilisce i criteri per cui qualcuno ha più bisogno di altri? Quanto posso o sono disposto a pagare per la soddisfazione di questo bisogno? Eccolo qui, in fin dei conti, il noc- ciolo del proble- ma: il bisogno determina il prezzo di un bene. Affermare che l’acqua è un bisogno significa dire una verità tal- mente evidente e scontata di fronte alla quale istintivamente si è tentati di annuire, dimenticandosi che la posta in gioco è la privatizzazione selvaggia in atto di un bene che è di tutti. Dire che l’acqua è un diritto avrebbe invece messo in chiaro che a tale bene ogni essere umano deve poter accedere senza obbligato- riamente versare un salato obolo alle multi- nazionali del settore. Non solo, avrebbe con- tribuito a promuovere altri diritti fondamen- tali, la cui affermazione verrebbe altrimenti penalizzata dalla mancanza di accesso a fonti di acqua. Alla faccia degli obbiettivi del mil- lennio! R imando i lettori a un corposo dossier di Missioni Consolata pubblicato nel numero di giugno 2006, dal significati- vo titolo «Le mani sull’acqua», nonché ai contributi scientifici pubblicati nella rubrica Nostra madre terra (di Roberto Topino e Rosanna Novara). Sono il segno di un duratu- ro interesse di Missioni Consolata e della determinazione a continuare dalle nostre pagine la battaglia affinché l’acqua sia final- mente riconosciuta come bene sociale e diritto di tutti. delle nostre brame: bisogno,ma non diritto A i lettori U GO P OZZOLI ACQUA
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