Missioni Consolata - Aprile 2009

DOSSIER 48 MC APRILE 2009 nel suo paese con la gerarchia cattolica. Come pre- te, qual è la sua opinione al riguardo? «Prima di tutto dividerei la chiesa gerarchica, quella dei vescovi e delle conferenze episcopali, dalla chiesa delle comunità di base, di chi si fa orante della parola di Dio, ossia missionari, laici, preti, religiosi che cam- minano a fianco dei movimenti sociali e dei popoli in- digeni. La chiesa gerarchica purtroppo sta dimentican- do il cammino che è stato fatto da alcuni vescovi che si sono fatti portavoce delle istanze dei poveri (alcuni dei quali sono stati uccisi: come Oscar Romero in Salvador, Juan Girardi in Guatemala). E oggi mancano, a livello gerarchico, voci profetiche conosciute che fanno opi- nione. Dunque, un’altra chiesa è auspicabile. E lo è sicura- mente, per chi ascolta i poveri e per chi lavora in mez- zo alla gente. D’altra parte, parlare in nome di o farsi voce di chi non ha voce, è giusto fino ad un certo pun- to. È bene che siano gli stessi soggetti a portare avan- ti le proprie istanze e lotte, facendo sentire la propria voce». Da Nairobi a Belém. Portare il Forum in questa re- gione del Brasile è stata una scelta azzeccata? «La scelta di Belém è stata strategica. Ed è strategico il luogo, l’Amazzonia, per il suo patrimonio umano, na- turale e culturale. Qui troviamo un concentrato di ric- chezza che il mondo può custodire o distruggere». A Belém sono venuti i rappresentanti di centinaia di popoli indigeni. Come valuta questa presenza? «Secondo me, è l’elemento qualificante di questo Fo- rum». Nel momento in cui gli indigeni vengono visti e trat- tati alla pari... «Assolutamente. Non devono essere trasformati in oggetto per le nostre fotografie, da mostrare alla no- stra gente quando si torna a casa. Un parallelo lo pos- so fare con i popoli nomadi del nord del Kenya. Quan- do arrivano i turisti, loro si mettono a danzare davanti alle macchine fotografiche...». Dunque? «È una ricchezza che deve essere compresa, valoriz- zata, con la quale bisogna camminare. Quello indige- no è per noi un mondo difficile da catalogare. Dobbia- mo farci guidare da loro, che hanno una forza e un co- raggio di lottare, che purtroppo sono venute a mancare nel nostro mondo. Ad esempio, per i popoli indigeni la terra è questione di vita o di morte. È parte integrante della loro esistenza. È come un vestito che portano ad- dosso, è come l’aria che respirano». La salvezza dell’Amazzonia deve passare esclusi- vamente attraverso i popoli che la abitano? «Io sono stato molto colpito dalla diversità di questi popoli, dalla loro forza, persone che sono state pic- chiate, torturate... Il coraggio di queste persone dob- biamo condividerlo con gli altri. D’altra parte, io penso che da soli i popoli indigeni non potranno portare ad un cambiamento. Dovranno unirsi ad altri movimenti sociali, del mondo del lavoro, del mondo agricolo per diventare una forza propositiva che un giorno possa ar- rivare ad occupare i posti di potere. Così il mondo po- trà essere diverso». Peccato che la maggior parte dei media mondiali continui a descrivere il Forum come una manifesta- zione folcloristica... «Mi ha tolto la parola di bocca. Per molti media im- portanti il Forum attira e incuriosisce soltanto se de- scritto come un fatto folcloristico». E dunque? «I problemi devono essere risolti a livello globale. Se il nostro mondo cosiddetto ricco non accoglie questo mondo che si sta affacciando timidamente, ma con for- za, finiremo con il perdere tutti». Paolo Moiola V UOI ASCOLTARE L ’ INTERVISTA ? Questo brano è parte di una lunga inter- vista trasmessa nell’ambito del pro- gramma radiofonico «Cartoline dall’Altra America», trasmesso da Radio Flash (www.radioflash.to) e curato da Paolo Moiola. L’intervista completa è disponibile sul sito www.rivistamissioniconsolata.it . A lato: padre Antonio Rovelli con due indios nasa provenienti dal Cauca, Colombia. Sotto: il teologo brasiliano Leonardo Boff, ospite del Forum di Belém.

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