Missioni Consolata - Aprile 2009
DOSSIER 40 MC APRILE 2009 I coroasí (Belém) . Portoghese, missionario della Con- solata, Antonio Manuel de Jesus Fernandes è il re- sponsabile dell’istituto per l’America Latina. Ai Forum di Belém è riuscito a portare un folto gruppo di perso- ne: missionari, missionarie, ma anche laici, giornalisti ed operatori televisivi. Padre Antonio, brevemente una sua opinione sui fo- rum, che si sono svolti nella città amazzonica. «Già il fatto che le persone si radunino per scambiarsi opinioni e per condividere esperienze, è una cosa mol- to positiva. Abbiamo bisogno di scambio. Anche le pic- cole esperienze sono grandi, perché fanno processo. In secondo luogo, è confortante il fatto di sapere che non siamo soli al mondo a voler costruire qualcosa di diverso, che non siamo gli unici matti che la pensano così. Il terzo punto che voglio sottolineare è che ci so- no esperienze molto valide dal punto di vista ideologi- co, del pensiero e sociale da parte dei popoli indigeni. Nel piccolo, nella chiesa e in tutti gli ambiti si può co- struire e si può cambiare». Incontro, scambio di idee... tutto bene. Ma, dal pun- to di vista pratico, come piccole comunità indigene, movimenti alternativi, Ong possono intervenire per cambiare la direzione del mondo. Se questa dire- zione va cambiata. « Certo, questa è una utopia. Ma sono cose in cui non dobbiamo mai smettere di credere. Considerando la mia esperienza, credo che nel piccolo è possibile cam- biare. Io ho l’esperienza con il popolo indigeno e ho vi- sto che si può cambiare, magari non dal punto di vista teologico, ma si può cambiare. Per riassumere, non si può aspettare che cambino le strutture...». Per «piccolo» intende anche la singola persona? «Sì, il singolo è al primo posto. Al secondo, ci sono le piccole comunità, dalla famiglia al condominio, dal sindacato agli organismi religiosi, dai partiti politici al- le Ong. Tutti devono essere coinvolti, per fare una re- te tra piccolo e grande negli spazi in cui una persona vive e lavora ogni giorno. Poi c’è l’ambito internazio- nale, importantissimo, per la costruzione di ambiti col- lettivi e alternativi. Questo per me è un terzo passo da fare. Però se non si fa il primo, tutti gli altri non hanno senso. La casa si comincia a costruire dalle fondamen- ta: la chiesa, le Ong sono il tetto visibile, ma le fonda- menta cominciano dalla singola persona, cominciano da te». Gli indios sono stati i grandi protagonisti di questo Forum svoltosi quasi in casa loro, considerando che Belém è una città amazzonica. Secondo lei, la loro presenza è stata qualificante o èmancato qualcosa? «Io credo che manchi sempre qualcosa. Per esempio, una cosa che manca sempre agli indigeni è di vederli nella loro interezza. Noi li vediamo o dal punto di vista folclorico o nella lotta per la conquista della terra, di- menticando tutta la loro parte spirituale, la parte di or- ganizzazione comunitaria, i loro legami. Gli indios non possono essere visti in aspetti frammentati. Anche nel forum non siamo riusciti a cogliere la loro ricchezza e complessità, evidenziando sempre singoli aspetti. Per- dendo l’identità complessiva dell’indigeno, con la sua religiosità e spiritualità». Lei ha lavorato per anni in Brasile. Come lo ha tro- vato? «Ho trovato solo una parte del Brasile, Belém». Obiezione giusta. Questo non è un paese, ma un con- tinente. Però lei ha vissuto qui e può fare una com- parazione con gli anni precedenti, quando alla gui- da non c’era un presidente come Lula. «Dal punto di vista degli occhi, fa sempre bene guar- dare il Brasile: c’è la natura, c’è l’Amazzonia, ci sono le bellezze fisiche delle donne, c’è molto con cui appa- gare la vista. Ma, a parte questo giudizio estetico, a me è sembrato che il popolo brasiliano dal punto di vista politico non sia cresciuto. Il governo Lula non ha aiu- tato la gente. Credo che questo be- nessere apparente che sembra ci sia nel paese, non ha portato la gente a crescere». La sua è una critica severa. Possia- mo tradurre con «troppo assisten- zialismo e paternalismo»? «Credo di sì. Penso che continua a vivere con questo enorme problema. La coscienza politica delle comunità di base è svanita. Lo vedo inmolte co- se come, ad esempio, per quanto ri- guarda l’ecologia. Una città come Belém doveva esse- re molto più pulita con tutta questa natura. In generale, c’è poca co- scienza ecologica e gli stessi partiti politici hanno perso coscienza civile». Lei è un uomo di chiesa. Come ve- de la sua istituzione ovvero, fuor di A NTONIO F ERNANDES : «PARTENDO DAL PICCOLO, PARTENDO DA NOI» come testimoni T
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