Missioni Consolata - Aprile 2009
24 MC APRILE 2009 MOZAMBICO rano entrati in conflitto con gli altri ed erano usciti.Allora decisi ancora per la via pragmatica:mi occupai di questioni sociali, umanitarie, educa- zione, agricoltura.Ma mai di religio- ne. I miei compagni della Consolata conoscevano questa scelta. Come è cambiato l’attivismopoliti- codei giovani,oggi rispettoagli an- ni della lottaper l’indipendenza? Durante la guerriglia non era un tempo di analisi, né di discussione, era unmomento di emergenza. I ca- pi, il comitato politico-militare, il co- mitato centrale, i nuclei, decidevano e si eseguiva. I bambini che erano nelle nostre scuole,nelle zone liberate,dovevano imparare. I giovani di 18 anni dove- vano lavorare nel campo,o fare il ser- viziomilitare,oppure li mandavamo a studiare (come l’attualeministro della Difesa). Facevano le cose che dicevamo loro di fare. Era un’epoca di sintesi e decisione e non di analisi. I giovani di adesso cominciano a entrare in un clima di discussione. Occorre lasciarli parlare, avere le proprie idee.Non è facile. Bisogna a- vere molta attenzione.Credo che sia una nuova epoca in cui dobbiamo educare i giovani alla libertà, alla cri- tica e autocritica, alla solidarietà, ecc. Di queste cose parlavamo poco. Per noi era importante come organiz- zarci nel caso di bombardamento aereo, dove nascondere i bambini, dove scappare. È un’epoca diversa. Gli studenti universitari di oggi so- no interessati alla politica? All’epoca la politica era semplice. Dicevamo ai giovani: state combat- tendo contro il colonialismo porto- ghese, contro lo sfruttamento del- l’uomo sull’uomo.Adesso invece il messaggio è piuttosto: il paese è grande, ci sono diverse opportunità, c’è molto da imparare, abbiamo bi- sogno di medici, ingegneri, veterina- ri, piloti, ecc. Poi spieghiamo loro che se imparano, le opportunità so- no grandi,ma allo stesso tempo le responsabilità anche maggiori. Inol- tre il mondo è aperto: se vogliono possono andare all’estero a studiare. Poi se pensano di tornare vedremo cosa si può fare. Quello che è politica nel senso di difesa, sicurezza, è meno sentito. Il giovane non fa più attenzione, c’è un altro clima. Qual è la qualità degli allievi delle universitàmozambicane? Seguendo la mentalità europea, per avere qualità devi avere un for- matore con pochi allievi.Noi invece diciamo se hai solo 10 allievi non ne trovi 2 buoni,ma se ne hai 100, forse ne trovi 3.Quindi l’università deve fare il possibile per far entrare tutti e poi selezionare chi hai dentro. Con la quantità potrai avere una buona élite .Ma come fai a formare tanti con poche risorse? Facciamo il primo ciclo di tre anni, il secondo di due e il terzo di tre.Durante il primo vediamo i migliori e decidiamo su chi vale la pena investire. Ma valutia- mo anche quelli che non sono ec- cellenti. Alcuni sonomeno buoni ma hanno altre capacità. La qualità è quello che la società pretende: abbiamo quella interna- zionale e quella nazionale, ovvero di gente che lavora qui.Dobbiamo a- vere le due, la qualità intellettuale che va all’estero e quella che rimane qui da noi. Il paese ha raggiunto una pace sta- bile dopo quasi 30 anni di guerra civile. È un esempio a livello africa- no. Come è stato possibile? Io ho un’opinione diversa dalla co- munità di Sant’Egidio (uno degli at- tori della mediazione, ndr. ). La gente pensa che il Mozambico sia un caso speciale, e che l’incontro di Roma (cfr.MC gennaio 2009), con i media- tori sia stato decisivo per la pace. Afonso Dhlacama (capo della Rena- mo, formazione guerrigliera contro il governo dopo l’indipendenza fino al 1992, ora partito politico, ndr. ) ha firmato, così la guerra è finita. I sol- dati sul campo hanno obbedito. Si dice che la comunità di Sant’E- gidio, qualche vescovo, qualche mis- sionario hanno fatto la pace. È successo che a un datomomen- to, dopo la guerra coloniale e la par- tenza dei portoghesi, la popolazione ha visto che le cose non andavano tantomeglio.Hanno iniziato a pen- sare: quelli che sono a Maputo, Sa- mora Machel (primo presidente del paese, ndr. ), Filipe Couto, stanno di- ventando grassi mentre noi abbia- mo fame.Quindi inmolti hanno rag- giunto l’opposizione. Noi, d’altronde quando siamo arri- vati al potere, avevamo un’idea un po’ romantica della realtà.Abbiamo visto a Maputo gente senza lavoro, ubriachi, prostitute.Noi volevamo fare una società pulita.Abbiamo preso tutta questa gente e l’abbia- momandata nella provincia meno popolata, che per caso è dove sono nato, il Niassa. Pensavamo: stanno con la natura, facciamo dei campi e faremo l’uomo nuovo.Voleva essere un’operazione di produzione,ma è stata un fiasco. Sono andati laggiù, non avevano coperte, né da man- giare, né un posto in cui vivere. Pen- savamo che avrebbero improvvisa- to, come avevamo fatto noi durante la guerra. La gente diceva: qui non abbiamo niente, voi siete peggiori dei portoghesi, allora andiamo con l’opposizione. La Renamo nasce all’estero,ma nel paese dicono alla gente: vi dare- mo vita migliore di Samora, Chissa- no, Couto che sono comunisti. Ma in quel tentativo anche loro non hanno datomolto.Hannoman- giato tutti gli animali del Gorongosa (famoso parco naturale, ndr. ), facen- do scomparire elefanti e bufali.A un datomomento hanno capito che non è con il fucile che si va avanti, bi- sogna ricomporre la situazione. All’origine della Renamo ci sono quei portoghesi che sono rimasti nel paese e sono andati in Rhodesia, al tempo di Jan Smith o nel Sudafri- Il Mozambico ha una terra generosa, ma la situazione nelle zone rurali è pessima.
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