Missioni Consolata - Aprile 2009

C redodovesseesseredavvero capacecomemeccanico.Ha la- voratoperunaventinadi an- ni con laFiat enonci risparmia i det- tagli.Gli brillanogli occhi quando parladel direttoreedel capo-repar- to,cosachemi sembraalquanto strana,abituataagli attuali stati d’animo degli operai italiani.Purtroppouna de- cina di anni fa,laFiathadovuto chiu- dere i battenti,maha liquidatobene tutti i suoi operai.EDaudi con la liqui- dazione hacomperatounbel pezzodi terraehacostruito lasuacasache, ri- spetto allamedia,èmoltograndee in cemento. Ne deduco, quindi, che la liquida- zione sia stata davvero proporziona- ta ai suoi anni di lavoro.Non posso che esserne orgogliosa da italiana, finalmente un’azienda che, seppure lavorava in una realtà estremamen- te povera e difficile, non se n’è ap- profittata, ma ha trattato i suoi ope- rai alla stregua di quelli italiani... e questa è davvero una cosa rara in Tanzania e nell’Africa in generale. In Italia tutti conosciamo la Fiat e, sep- pure attualmente ha molti problemi così come i suoi operai, si è sempre distinta per l’eleganza e la serietà nel trattare gli operai. Ora Daudi non ha un lavoro fisso perché costretto a seguire costante- mente la moglie paralizzata. Vivono lontani dal villaggio, ai nostri occhi quasi in un posto turistico, a 20 km dal mare e in una zona dove ci sono solo lotti di terreno con villette di ricchi. Il figlio l’anno scorso gli ha riporta- to un bimbo, nato da una storia con una ragazza che poi se n’è andata, lasciandogli il piccolo appena nato: un altro fagottino che non vuole mai lasciare le gambe del nonno. Daudi sta cercando di vendere la casa, per mettere da parte un po’di soldi che gli permettano di vivere tranquilli per qualche anno e far cu- rare la moglie. «Quando ero giovane il mio sogno era costruire una gran- de casa, dove vivere conmia moglie e i miei figli.Ora, preferirei vivere in una casa di fango,ma vedere mia moglie felice e attiva come una vol- ta, ci dice». Mi riprende con delicatezza dalle mie mani i suoi tesori che conti- nuerà a conservare e a far vedere or- goglioso e io non posso che salutar- lo con un «Arrivederci!», prometten- dogli di tornare a trovarlo. ■ MISSIONI CONSOLATA gioli che accompagneranno l’ ugali (polenta) e Daudi con il nipotino, che mi scruta attraverso le sue gam- be, ci dice di conoscere l’Italia. È meccanico specializzato e ha sempre lavorato nel settore fino a una decina di anni fa. Era un operaio della Fiat, che aveva una sua sede in Tanzania; e quando questa è stata chiusa, lui si è ritrovato disoccupato, ma con una buona liquidazione da parte dell’azienda. Sorpresa, gli chiedo di raccontar- mi meglio e torna dopo qualche mi- nuto con un passaporto, un attesta- to e un biglietto aereo Alitalia,Dar es Salaam-Torino andata e ritorno.Ha conservato tutto. Nel 1975 la Incar Tanzania Ltd , pa- re di proprietà della Fiat, lo ha man- dato nella sua sede di Torino per un corso di istruzione e specializzazio- ne per la produzione di autovetture. Ha dovuto quindi fare il passaporto e dal 9 giugno al 21 luglio 1975 è stato a fare il suo corso a Torino, ov- viamente viaggio, vitto e alloggio pagati dall’azienda. Sfoglio le pagine di un passaporto tenuto con la cura e l’attenzione di un tesoro, dove gli unici timbri sono quelli di andata e ritorno del suo viaggioTanzania-Italia. Ricorda tut- to. Lo stupore di una Torino illumi- natissima, i tram e gli italiani così gentili. I colleghi lo hanno accolto talmente bene che lo hanno portato a visitare anche Milano e Bologna. È venuto con una decina di altri ope- rai tanzani. MC APRILE 2009 13 Biglietto aereo, passaporto e attestato di frequenza Fiat, gelosamente conservati da Said. Said con la moglie e un nipotino.

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