Missioni Consolata - Aprile 2009

Questa è vita! Noi corriamo corria- mo tra gente sempre più triste, tra sguardi truci, lamentele per i politici, per le bollette e quando si incontra un sorrisomagari non si ha nemme- no il tempo di notarlo. In tanto tempo che conosco Doto mai l’ho vista triste o scoraggiata. L’ho vista malata, parlarmi dei tanti problemi; non hanno la luce in casa; lei è preoccupata, perché inizia a non vedere bene, ha due cataratte, il marito non ha un lavoro fisso,ma il suo sorriso non si spegne mai. È la cosa che arriva prima di tutto.Crede fermamente nel suo Allah, lo prega e lo ringrazia continuamente anche del niente che ha. Non mi ha mai chiesto nulla. Anzi, quando le ho detto che volevo aiu- tarla, non ha mai pensato a se stes- sa, tipo una carrozzina nuova, gli oc- chiali da vista,ma piuttosto qualco- sa che potesse essere d’aiuto per far lavorare il marito, per farlo realizza- re, oppure delle stampelle per i ge- nitori del marito,massacrati di botte da dei ladri, entrati in casa per ruba- re il ricavato della vendita di un campo. ■ I tesori di Said « K ulia,kulia » (a destra, de- stra) ci ripeteYoseph.Do- po una mezz’ora di stra- de sterrate: alberi, sabbia, salite, di- scese, buche e pantani, terminiamo il nostro rally nel bel mezzo di un pa- norama mozzafiato.Camminiamo per un po’a piedi e arriviamo alla meta.Una casa ancora tutta da fini- re, ma lo scheletro in cemento e i mabati (lastre zincate) sul tetto sono sufficienti per viverci. Due occhi vivaci, in un corpo esile ci accolgono con un «buon pome- riggio». È Daudi Said Ndera, sessan- tenne. Iniziamo a parlare e ci raccon- ta che la moglie, più giovane di lui, è paralizzata dalla vita in giù da più di tre anni. Sono così lontani dalla stra- da asfaltata che anche portarla in o- spedale è sempre stata un’impresa. Non possono permettersi un taxi che la porti all’ospedale. Daudi ha una piccola shamba (campo) che li aiuta a vivere e man- giare. La moglie seduta sul pavi- mento sgrana una manciata di fa- 12 MC APRILE 2009 TANZANIA vittima della polio anche lei,ma bel- lissima. Passa le sue giornate su una stuoia sull’uscio della porta a fare le sue collanine, bracciali e rosari di perline, avvolta dai suoi tanti nipoti. La sorella gemella è morta già da tempo, lasciandole in eredità una squadra di bambini. E Doto, senza preoccuparsi della sua menomazio- ne, ha pensato a un lavoro per man- tenere la famiglia e mandare a scuo- la i nipoti.Ha imparato da sola, pro- vando, sbagliando e riprovando a fare queste collanine e rosari, nono- stante fosse musulmana e a ricama- re all’uncinetto. Quando suor Ida me ne ha parlato e mi ha fatto vedere quello che face- va, non riuscivo a immaginare la gravità della situazione, e la prima volta che l’ho vista, non riuscendo nemmeno a darle la mano bene, per via delle ossa menomate, non crede- vo che quelle dita affusolate avesse- ro una tale forza. Doto ha solo l’uso delle dita,ma non della mano; quindi, facendo for- za con la mano contro il viso,muove le dita e infila con agilità le perline nei fili. È indescrivibile come riesce. Ha voluto aprire un conto in ban- ca, dove depositare il ricavato delle sue vendite, e ha investito i soldi comprando piccoli plot che affitta come duka (negozi). Vive con la mamma anziana, i ni- poti e il marito.Quando ci ha parlato del marito quasi avevamo gli occhi di fuori dalle orbite;ma lei immedia- tamente: «Perché non sono una donna io?». Il marito la prende, la sposta, la alza, la cura con un’atten- zione estrema. E questo non può che essere amore.Quando parlano l’uno dell’altro hanno gli occhi che splendono come due adolescenti al- la prima cotta. All’inizio, venendo dalla realtà e- goistica e falsa del nostromondo che abbiamo inevitabilmente inte- riorizzato, nonmi fidavo di lui: pen- savo che volesse approfittarsi di quei pochi scellini, invece mi è ba- stato vederli insieme per capire che ero proprio fuori strada. È il solito discorso: noi abbiamo tutto,ma non siamomai contenti fi- no in fondo, raggiungiamo un tra- guardo e siamo già al prossimo per- dendo di vista la vita vera. E finché non si sbatte davanti a quella che è la realtà quotidiana della vita con- creta, semplice, africana, non lo si può capire. Questo invidio anche dei missio- nari! Oltre alla loro fede profonda, che riesce ad aiutarli e sostenerli in tutto, vivono la giornata piena di e- mozioni e piccole cose che magari possono sembrare superficiali, poi diventano il senso della giornata.Un sorriso, una risata, uno sguardo, una condivisione di vita, una soda offer- ta da chi poi farà economia per setti- mane, ma te l’ha data con il cuore. Doto al lavoro con una sua nipotina.

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