Missioni Consolata - Febbraio 2009

70 MC FEBBRAIO 2009 massima poltrona della Casa Rosada di Buenos Aires, come esponente di spicco della seconda generazione araba ap- prodata in Argentina. A tale proposito va ricordato che l’emigrazione araba in particolare quella mediorientale nel Sud America, pur poco appariscente è stata consistente e determinata e come un fiume carsico si è inserita molto bene nel tessuto sociale e politico dei vari paesi, piazzando in posti sempre più alti di responsabilità il fior fiore dei figli dei suoi emigranti. L’ex go- vernatore dello Stato di San Paulo del Brasile, Paulo Maluf, di stirpe libanese, è stato per molti anni un protagonista della politica paulista, così come altri immigrati dai nomi squisitamente musulmani come Barak, Hussein, Mohamed, ecc. si ritrovano puntualmente a ogni tornata di elezioni amministrative e politiche in molte nazioni americane. A mo’ di curiosità, ricordiamo che qualche decennio fa, quando ci fu un tentativo di golpe in Argentina organizzato dai cosiddetti « caras pintadas » (reparti ribelli dell’esercito) il loro comandante si chiamava: Mohammed Seineldin! Quasi a dire un «feroce Saladino» in salsa gaucha ! L’ elezione di Barack Hussein Obama quale nuovo presi- dente degli Stati Uniti, ha suscitato, com’era prevedibile, enorme interesse in tutto il mondo; l’aspetto su cui più hanno insistito i mass-media planetari, è stato che per la prima volta un «nero» veniva eletto presidente degli Usa; il che non è del tutto esatto, considerando che la madre di Obama è un’a- mericana « Wasp » ( White Anglo-Saxon Protestant ) e quin- di, dovrebbe essere considerato un mulatto o un mestizo (meticcio) come dicono gli ispanoamericani. Ma proprio a partire da questo dato di fatto, vale la pena sottolineare come Obama non sia un cittadino statunitense discendente dagli schiavi neri deportati dall’Africa nei seco- li scorsi, più correttamente si può dire, invece, che egli ap- partiene alla seconda generazione di quella multiforme schiera di immigrati che si sono stabiliti negli Stati Uniti in cerca di maggior benessere, attirati da migliori condizioni di lavoro o, come nel caso del padre di Obama, per studiare nelle prestigiose e rinomate università americane. Il fatto stesso che sia nato alle Hawai e sia cresciuto lon- tano dagli Usa, trascorrendo la sua adolescenza in Indone- sia, ne fa un americano un po’ atipico, che però vale la pena cercare di capire, pro- prio attraverso la sua storia, fatta di immi- grazione e piuttosto variegata nel suo iti- nerario di crescita e sviluppo personale. Sotto questo profilo, le nazioni americane sono state e restano uno straordinario la- boratorio socioculturale, in cui intere ge- nerazioni di immigrati provenienti da pae- si diversissimi tra loro, si sono (non senza difficoltà) gradualmente inserite fino a raggiungere le più alte cariche di governo. Tanto per fare un esempio, qualcuno si ricorderà di Alberto Fujimori, un figlio di immigrati giapponesi che negli anni No- vanta divenne presidente del Perù. Sten- diamo un velo pietoso su come gestì il suo mandato presidenziale (se ne sta tut- tora occupando la magistratura di Lima!), ma ciò non toglie che Fujimori, innesto del Sol Levante in terra andina raggiunse la più alta carica dello stato peruviano! La stessa cosa si può dire dell’ex presidente dell’Argentina, Carlos Menem, figlio di e- migranti siriani; anch’egli raggiunse la «BENEDETTA IMMIGRAZIONE!» Battitore libero Barack Obama, nuovo presidente degli Stati Uniti. Obama: ovvero la seconda generazione alla conquista del potere

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