Missioni Consolata - Febbraio 2009

20 MC FEBBRAIO 2009 ITALIA mente stando al governo o nelle amministrazioni locali. Da tale atteggiamento emerge anche un altro punto che vale la pe- na di sottolineare.Oggi come oggi, in questa realtà che si rivela in tutta la sua complessità, occorre ap- profondire la conoscenza di un mondo che sta radicalmente cam- biando per meglio comprenderne la complessità e scrutare il futuro, sen- za paure, allarmismi, segregazioni. Da questo confronto vengono pu- re impulsi e stimoli per migliorare o anche cambiare metodi tradizionali di azione,magari considerati irrinun- ciabili. Le indicazioni che verranno da studiosi, ricercatori e conoscitori delle attuali componenti antropolo- giche, sociologiche e di pensiero, aiutano a impostare comportamen- ti e attività corrispondenti alla situa- zione e alle necessità di oggi per infondere speranza e contribuire a una convivenza non solo pacifica tra le diverse componenti etniche, cul- turali, sociali e religiose ma anche arricchente. Ciò stimolerà pure a ripensare e reinterpretare l’ispirazione dell’Alla- mano, per essere fedeli alle sue in- tuizioni e proposte, alla sua apertura all’universalità, senza disattendere le situazioni mondiali di impoverimen- to, fame,malattie, istruzione carente, senza dimenticare la dimensione lo- cale ma, anzi, partendo da essa. ■ LE FRONTIERE ROVESCIATE DELLA MISSIONE AD GENTES L a Torino in cui l’Allamano ha esercitato il suo ministero sacerdotale per più di mezzo secolo, era una città in forte evoluzione demogra- fica, soggetta a mutamenti di carattere economico e sociale che ne avrebbero segnato in maniera profonda il volto che l’ha caratterizzata fino ai nostri giorni. Era una città che lavorava e produceva, in preda alla grande espan- sione del settore industriale che avrà il suo picco all’inizio del XX secolo grazie a un microcosmo di piccole attività artigianali e industriali il cui svi- luppo iniziava ad attrarre sempre più persone in città. Il processo di indu- strializzazione, infatti, andava di pari passo a un rapido e a volte incon- trollato fenomeno di urbanizzazione, processo che era già iniziato dopo la metà del 19° secolo con la crisi della mezzadria e la prima grande mi- grazione verso Torino dell’epoca moderna o contemporanea. La rapidità con cui si verificò l’espansione portò gravi conseguenze da un punto di vista urbanistico e sociale. La marea di gente che si riversò nella città cercando lavoro e migliori prospettive di vita iniziò ad ingrossare le fila dei tanti emarginati che ne riempirono i quartieri. Il lavoro si trovava, ma sovente era lavoro sottopagato, illegale, con orari e turni massacranti tanto per gli uomini quanto, soprattutto nel settore tessile, per le donne. Inutile dire che lo sfruttamento minorile era prassi abituale. Questa fu la Torino di cui si presero cura i grandi santi sociali del XIX secolo: dal Cottolengo al Cafasso, da Don Bosco al Murialdo, ecc. L’Allamano, pur sognando l’Africa e il mondo lontano ancora da evan- gelizzare, aveva però nel santuario della Consolata un osservatorio pri- vilegiato che gli permetteva di pene- trare nelle pieghe più recondite del disagio torinese grazie alle tante persone che incontrava nel suo mini- stero di consolazione, uomini e donne che esprimevano di fronte alla Vergine Maria tutta la loro fragilità, il bisogno di aiuto, la loro grande vul- nerabilità. Di lui e della sua attenzione alla realtà in funzione dell’attività pasto- rale, il sacerdote e sociologo biellese Don Alessandro Cantono ebbe a dire: «Teneva l’occhio e l’orecchio vi- gili e attenti a quanto accadeva al di fuori, aspirava a vedere il clero pre- parato alla vita, armato di tutte le armi che possono rendere proficuo e redditizio il suo santo ministero». Oggi, poco più di un secolo dopo, il volto della migrazione ad intra pre- senta nuove sfide missionarie che non si esauriscono sul piano della promozione della giustizia e della pace, ma sfiorano terreni come quelli dell’interculturalità e del dialogo in- terreligioso. Curiosamente, quelle che ci ritroviamo in casa sono in molti casi persone provenienti dalle terre in cui l’Allamano e i suoi successori hanno inviato missionari. Non solo, ci sono situazioni oggi, qui a Torino, che sono molto più ad gentes di quelle che potremmo trovare in alcune nostre comunità in luoghi considerati tradizionalmente di missione. Chiedersi che cosa l’Allamano farebbe di fronte a un contesto come il nostro sarebbe uno sterile esercizio di fantastoria. Rileggere però con attenzione il suo stile di approccio alla realtà sociale in cui si è prodi- gato sono sicuro che indicherebbe un cammino e spunti di iniziativa per arrivare a farci riconoscere anche qui in Italia per quello che si è: mis- sionari. U.Po. Migrantes: recente frontiera della missione ad gentes.

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