Missioni Consolata - Dicembre 2008

70 MC DICEMBRE 2008 NAIROBI (KENYA) UN GIORNO CON I RAGAZZI DI STRADA M ercoledì 9 luglio 2008, a Westlands (Nairobi). Alle prime luci dell’alba rag- giungiamo il compound dove ci a- spettano, curiosi e impazienti, gli street boys di padre Franco Cella- na, in partenza per il lago Nakuru. Lo stesso missionario ci aveva in- vitati a unirci alla scampagnata con i suoi ragazzi di strada e lo abbiamo subito accettato, lasciando per un giorno le mura accoglienti del Na- zareth Hospital, dove siamo ospiti per un periodo di volontariato. Arriviamo al piazzale, dove padre Franco ci ha dato appuntamento, e li troviamo già tutti là; è facile indo- vinare che la maggior parte di loro, forse, ha trascorso la notte al di là del cancello: l’emozione è grande! Diligentemente i 35 ragazzi ini- ziano a prendere posto sul pullman, non proprio antidiluviano ma quasi; a ciascuno di loro vengono conse- gnati una maglietta e un cappellino colorato: è la divisa ufficiale dei ra- gazzi di strada per quel giorno, se- gno di appartenenza, uguaglianza e unità. Ci accolgono con un sorriso, orgogliosi del semplice fatto che abbiamo accettato l’invito, questo li fa sentire importanti, amati. I n kiswahili gli street boys sono chiamati « chokoraa », cioè, quelli che vivono di rifiuti, gli scarti della società. Sono tutti ragazzi con storie pesanti alle spalle; tanti di loro con dipendenze, dall’alcool al- la droga. Non hanno niente e nes- suno, a volte nemmeno una barac- ca, dormono sui cigli delle strade e sniffano una specie di colla per non sentire fame. Padre Franco li ha scovati sulle strade e i vicoli nei dintorni della parrocchia della Consolata, sta con loro e li ama, li protegge e li orien- ta: un cocktail indispensabile di af- fetto, comprensione e intransigen- za, quando si tratta di far capire lo- ro quanto prezioso sia il dono della vita e quanto per nessun motivo debbano buttarla via. Egli rappre- senta tutta la loro famiglia e loro lo chiamano « the father of fathers », il padre dei padri. Li avevamo già conosciuti la scor- sa estate questi ragazzi; eravamo entrati insieme a padre Franco nella loro piccola grande «reggia», un ca- pannone in lamiera dove si ritrova- no nei lunghi e caldi pomeriggi afri- cani; e ci hanno dedicato una dan- za e una canzone: «Il nostro tetto è fatto di stelle..., siamo figli della strada, ma prima di tutto siamo figli di Dio!». Quell’incontro ci aveva letteral- mente stregate; e così, anche que- st’anno, ci siamo lasciate guidare da quella silenziosa alchimia e ab- biamo subito fraternizzato con que- sti giovani che, superata l’iniziale ti- midezza, si sono rivelati, con pru- denza e discrezione, capaci di dia- logare offrendo la loro amicizia e senza chiedere nulla in cambio. F acciamo la prima sosta a Nai- vasha per la colazione, occu- pando uno spazio all’aperto in cui è consentito consumare il pa- sto. L’iniziale diffidenza del titolare viene superata dall’incontenibile entusiasmo dei ragazzi, che pren- dono posto con ordine e aspettano pazientemente il proprio sandwich e bibita. Finito lo spuntino, i ragazzi si rimettono in fila per risalire sul bus. « Asante, tutaonana tena » (gra- zie, arrivederci un’altra volta) grida- no al padrone del bar, stupito di trovare tutto pulito e in ordine. Dopo qualche ora arriviamo al la- go Nakuru. Che gioia respirare il lo- ro stupore nel poter finalmente ve- dere gli animali dal vivo: spalancano gli occhi di fronte alla meravigliosa natura che circonda il lago; restano attaccati ai finestrini del bus; alcuni addirittura seduti sulle spalliere dei sedili per osservare, sbalorditi, la maestosità di un rinoceronte stan- ziato sulle sponde del lago, attor- niato da un vivace manto rosa di fenicotteri e pellicani. Giraffe, zebre, struzzi, bufali, uc- celli dal piumaggio variopinto: i ra- gazzi sono letteralmente rapiti da quello spettacolo naturale. Che di- vertimento vederli, poco più tardi, inseguire caparbiamente nel fitto della vegetazione un lesto e teme- rario babbuino e i suoi degni com- pari del branco, che hanno osato trafugare il sacchetto del pane ap- pena depositato in terra vicino al Padre Franco Cellana con i suoi ragazzi di strada. Rita Caparra presta cure mediche a un ragazzo di strada.

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