Missioni Consolata - Dicembre 2008
MISSIONI CONSOLATA «Negli ultimi 40 anni abbiamo a- vuto 3 periodi: le dittaturemilitari, i governi neoliberali ed ora i governi democratici popolari. Le dittaturemilitari hanno prodot- to un costo umano estremamente grave, oltre ad un costo economico. Tutti i paesi andarono in bancarotta sotto quelle dittature.Poi le oligar- chie abbracciarono la soluzione neoliberista uscita dal Consenso di Washington (2). Ci furono la privatizzazione del pa- trimonio pubblico, la repressione brutale dei movimenti popolari e sindacali, una corruzione tremenda e - anche in questo caso - disastro e- conomico (debito estero,dipenden- za, deindustrializzazione). A quel punto le popolazioni lati- noamericane respinsero quelle oli- garchie che avevano appoggiato prima le dittature e poi il modello neoliberalista. E iniziarono a cercare candidati che avevano“ cara de pue- blo ” e non appartenevano a quelle classi sociali. Da qui il prestigio politico di un Chávez,di un Lula,di unMorales,di un Correa,di un Ortega. Una cosa va sottolineata: tutti co- storo sono diventati presidenti attra- verso processi impeccabilmente de- mocratici». Ma ciò sembrerebbe non bastare: molti dei presidenti che lei ha citato godono di pessima stampa negli Stati Uniti, in Spagna, in Italia.Ad e- sempio, EvoMorales e soprattutto Hugo Chávez Frias.Come lo spiega? «Chávez può non essere una per- sona simpatica,ma non vi è alcun dubbio che per 8 volte è stato vinci- tore di competizioni democratiche. Come ha rispettato il giudizio popo- lare quando ha perso - per un solo punto percentuale - l’ultimo referen- dum sulla nuova Costituzione (di- cembre 2007, ndr )». Nel maggio 2007 Chávez non con- fermò la concessione dello stato a RadioCaracas Televisión (Rctv).A- priti cielo... «Il presidente era nella piena legit- timità quando non ha rinnovato una concessione statale a Radio Caracas Televisión appartenente ad un privato! In tutta l’America Lati- na, la televisione è proprietà dello stato e non del privato. Mi spiego: lo stato dà le con- cessioni, ma può ritirarle in qualsiasi momento,perché sono situazioni che rientrano nella sicu- rezza nazionale. La gente si dimenti- ca di questo particolare. Quando vedo questi mezzi di co- municazione che parlano di Chávez come fosse unmostro,mi viene rab- bia. Perché questa gente non si ren- de conto che per l’America Latina questa potrebbe essere l’ultima oc- casione per dar vita ad un cambia- mento inmaniera pacifica e demo- cratica. Se - ancora una volta - Euro- pa e Stati Uniti creeranno instabilità politica nelle Americhe, allora non so cosa potrà accadere». La situazione della Colombia si di- scostamolto da quella degli altri paesi latinoamericani.Che ne pen- sa lei? «C’è un consenso tra la sinistra lati- noamericana che in Colombia la lot- ta armata non ha futuro.Noi (ed io mi includo) abbiamo la responsabi- lità di pacificare la Colombia. In 40 anni governo colombiano e Usa con le armi non sono riusciti a distruggere la guerriglia. Dunque, occorre cercare un’uscita politica co- me in Salvador, come in Guatemala, come nello stesso Brasile. Il piano era liberare i sequestrati e, come contropartita, i prigionieri. E poi inserire la guerriglia come parti- to politico, come in Nicaragua, in Sal- vador, in Guatemala. Chi potrebbe parlare con le Farc? Nessunomeglio di Fidel Castro, che però èmalato.Dopo Fidel, la miglior persona che possiede credibilità è Chávez.Bush, non volendo dareme- riti al presidente venezuelano, ha or- dinato ad Uribe di fare gli attacchi che hanno compromesso tutto il de- licato disegno politico.Vedremo se le cose cambieranno con il nuovo presidente Usa». Mettendo da parte la Colombia, in generale come vede la situazione dell’America Latina? «Io sonomolto ottimista. Stiamo vivendo il nostromiglioremomento per l’integrazione latinoamericana. Abbiamo il Mercosur, l’Alba. E nessu- MC DICEMBRE 2008 57 Dopo George W. Bush 4 novembre 2008. Dopo gli anni nefasti di GeorgeW. Bush, per gli Stati Uniti e per il mondo è iniziata l’epoca di Barack Hussein Obama. Un nero (il papà era del Kenya), un giovane (è del 1961), un democratico: tutto questo non basta per fare professione di otti- mismo, ma basta per essere fiduciosi. L’agenda dei problemi è lunga quanto quella delle aspet- tative. Trascurando (almeno per ora) sogni e voli pindarici, da Obama gli statunitensi si aspettano di avere risposte per una crisi econo- mica pesantissima e per uno stato che non tutela la salute di tutti. Da lui il mondo si aspetta che gli Usa tor- nino al dialogo, dopo gli anni delle guerre al terrorismo e dell’unilate- ralismo più sfacciato. Basterebbe perseguire e raggiungere questi obiettivi per far dimenticare gli 8 anni di Bush, un presidente che non passerà alla storia. Storia nella quale Barack Hussein Obama è invece già entrato. Paolo Moiola B ARACK O BAMA : ORA NON DELUDERE Un afroamericano alla Casa Bianca è un evento epocale. Sul neopresidente Usa peseranno le troppe aspettative?
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