Missioni Consolata - Dicembre 2008
DOSSIER 46 MC DICEMBRE 2008 molto amare: donne (sempre loro, sempre in prima fila, sempre a la- vorare) che litigano furiosamente per un pacco di latte in polvere, un assorbente, uno shampoo. Eroiche in questo caso sono le volontarie della Caritas, che con santissima pazienza discutono, convincono, responsabilizzano, compilano cento fogli per la buro- crazia... In questo tipo di organiz- zazione, c’è spazio per tutti i sog- getti che devono risolvere le emer- genze senza sapere come, magari inventandosi idee e progetti in tempo reale. Esempio: una volontaria che la- vora per una Ong passa davanti a un asilo e scopre che mai nessuno ha portato prodotti per l’igiene (ca- pita spessissimo). Inizia la ricerca che passa attraverso tutte le Cari- tas, i soliti missionari, ambasciate, Croce Rossa, ecc. Se riesce a met- tere insieme ciò di cui abbisogna- no i rifugiati, carica tutto su un ca- mioncino, anche questo da trova- re, e lo distribuisce. Passaggi istituzionali: zero. Or- ganizzazione: zero. È il trionfo del- l’arte di arrangiarsi, ma anche lo scempio del concetto di aiuto di stato. N ELLA CASA DEI C AMILLIANI Un posto per tutti P er Paolo tutto è «ottimo». È un missionario camilliano, polacco, cheoperaaTblisi dacirca10anni:per tutto il tempoèvissutocon il dolorede- gli ultimi. Insiemealla sua équipe si occupa dell’assistenza a un gruppo di porta- tori di handicappsichici e fisici. Spesso li trova ingiroper lacittà,ormai allosban- do, perché i familiari non riescono più a seguirli e li considerano unamaledizio- ne. Nella casa che il missionario gestisce a Tblisi, questi giovani trovano assistenza, animazione,una doccia e un po’di allegria. Con padre Paolo lavorano anche Francesco, un giovane novizio italiano di Torino, e un folto gruppo di volontari georgiani. Fanno anche un lavoro di assi- stenza casa per casa a Tblisi. Gli orrendi block sovietici, dove Paolo e suoi vo- lontari corrono per portare speranza, sembrano gironi infernali. Vi si nascon- dono spesso realtà in sfacelo, come quella di una giovane donna che deve ac- cudire i figli piccoli in assenza del padre, scappato di casa e mai più visto. Quando è scoppiato il conflitto tutti si sono sentiti in dovere di fare qualcosa. Presa la jeep sono andati a caricare generi di primo soccorso presso il magaz- zino della Caritas e poi hanno iniziato a distribuire nei luoghi più bisognosi. Una parola di conforto per tutti e soprattutto estenuanti trattative per spie- gare gli infiniti «no» che costellano la vita di coloro che portano aiuto. Il lavoro inizia di solito molto presto al mattino e necessita di una buona cola- zione. Lo sforzo fisico per svuotare i containers e caricare i prodotti sulla jeep è notevole. Il pranzo è fatto con una merendina e una bibita. Ci si muove come trottole da una scuola a un campo profughi. Si finisce quando si fini- sce e a casa spesso il frigo piange, perché non c’è stato nemmeno tempo di fare la spesa. Avanti così tutti i giorni perché l’emergenza non passa, anzi entra a far parte dei normali ritmi di vita. Padre Paolo,missionario camilliano a Tblisi. Ritorno a casa di una famiglia del villaggio georgiano di Garejvari.
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