Missioni Consolata - Dicembre 2008

MISSIONI CONSOLATA La giustizia messicana, infatti, è im- potente, se non indifferente.Gli orga- ni di polizia, quelli che dovrebbero garantire la sicurezza della gente co- mune, sono spesso collusi, corrotti; in alcuni casi si trasformano addirittura in carnefici. È successo, infatti, che qualche poliziotto venisse incrimina- to per atti di violenza contro le don- ne, per poi essere, naturalmente, pro- sciolto. Oppure, inmancanza di col- pevoli per le numerose morti del femminicidio, gli stessi corpi di poli- zia, alla ricerca disperata di capri e- spiatori, obbligassero innocenti a confessare un reatomai commesso. È un inferno, oggi, essere donna a Ciudad Juárez.Più ancora donna e povera, costretta a lavori umili come i turni massacranti delle maquiladoras , le enormi catene di montaggio di quei prodotti di alta tecnologia che poi inondano le case dei benestanti del primomondo. Stati Uniti in pri- mis: le almeno 800 maquiladoras si trovano proprio a ridosso del confine statunitense. È durante i viaggi notturni verso questi lavori, nei cambi di turno, che il tragico destino di centinaia di gio- vani messicane si compie. Rapite alla discesa dall’autobus, alla fermata, op- pure dagli autisti stessi a fine corsa. Poi, dopo le assurde sevizie e una morte tanto lenta quanto atroce, l’abbandono del corpo in luoghi sperduti, nei quali gli investigatori ar- riveranno solo giorni dopo, a decesso ormai avvenuto da tempo. Proprio come nel filmdi denuncia Bordertown , quello con Jennifer Lo- pez e Martin Sheen nei panni di gior- nalisti che vogliono scoprire la verità sugli omicidi della città di frontiera messicana.Nel film verrà ucciso lui, ri- dotta al silenzio lei.Un po’ come suc- cede nella realtà: si susseguono gli attentati, le intimidazioni a chi cerca di far uscire dal silenzio questa storia di delitti e impunità atroci. Basti pen- sare che anche regista e attori di Bor- dertown sono stati minacciati di mor- te, e il film è andato in onda in Messi- co solo il 16 maggio di quest’anno, più di due anni dopo la sua uscita nel resto del mondo. M a c’è un gruppo di persone le quali, più di tutte, hanno la propria vita appesa a un filo, in conseguenza al loro coraggio civi- le e volontà di raccontare al Messico e al mondo intero quello che succe- de nelle notti di Ciudad Juárez. Sono le donne di Nuestras hijas de regreso a casa (Le nostre figlie tornino a casa), un’associazione dal 2001 in prima li- nea nella ricerca della verità sulle morti impunite. La storia dell’associazione è quella delle sue fondatrici: quattro donne che in unmodo o nell’altro hanno toccato conmano cosa vuol dire per- dere una persona cara in quel modo orrendo.Ora quelle donne sono ri- maste tre, perché Julia Cano,madre- coraggio a cui nel marzo 1995 aveva- no ucciso la figlia 15enne e che da al- lora aveva preso in affido sei orfani di altre donne assassinate, è morta il 29 settembre 2008: il suo cuore non ha retto all’ennesima tragedia, la morte durante una rissa di uno dei suoi figli affidatari, appena 24enne (il Messico è un paese con i più alti indici di vio- lenza al mondo). Gli altri cinque sono ora rimasti senza una madre per la seconda vol- ta, e mentre si cerca loro una nuova famiglia, i parenti e conoscenti di Ju- lia hanno attivato un conto, rintrac- ciabile anche sul sito web dell’asso- ciazione, dove raccogliere donazioni. Le altre tre fondatrici di Nuestras hijas de regreso a casa si chiamano Norma Andrade,María Luisa García Andrade e Marisela Ortiz Rivera.Nel corso degli anni sono state affiancate da decine di persone, raggiunte da migliaia di attestati di solidarietà, e da questo trovano la forza per anda- re avanti nella loro lotta ardua contro un nemico tanto enorme quanto in- MC DICEMBRE 2008 23 Una marcia-processione contro il femminicidio a Ciudad Juarez. Sotto, familiari di giovani assassinate a Ciudad Juarez.

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