Missioni Consolata - Dicembre 2008

12 MC DICEMBRE 2008 ISRAELE - PALESTINA do luogo bisogna sfidare la politica di separazione e isolamento imposta dalle autorità israeliane su villaggi e città palestinesi, che rende compli- cato l’accesso alle comunità cristiane in Cisgiordania. Sono convinto che un pellegrinaggio che non sfida quest’isolamento, è un pellegrinag- gio povero umanamente e giàmor- to in partenza nello spirito». DonNandino Capovilla: «I cristiani di Terra Santa sono essi stessi un ap- pello vivente, fortissimo, alla presen- za, alla condivisione delle loro soffe- renze. Dai vescovi al credente: tutti aspettano con trepidazione che,dal- l’Occidente, arrivi qualcuno a soste- nerli, a portare solidarietà, a cono- scere la drammatica situazione in cui sono costretti a vivere sotto occupa- zione». Sia in «Muri, lacrime e za’tar» sia in «Voce che grida dal deserto» e in «Bocche scucite» emerge,a un cer- to punto, il tema dell’«insicurezza» dei cristiani che vivono aGerusa- lemme e in Israele.Essi si sentono trattati dalle autorità israeliane come «cittadini di serie B».Qual è la vostra esperienza? Solera: «Ho percepito i cristiani sof- frire in silenzio,quel silenzio che è proprio di chi si senteminoranza. L’insicurezza dei cristiani è anche quella dei musulmani,ovvero di tutti gli arabi israeliani che vivono in un regime di effettiva discriminazione e di isolamento.D’altro lato, i cristiani in quantominoranza sono più espo- sti al rischio di scomparire,di vedere i loro diritti umani e civili calpestati giorno dopo giorno,di vivere la ten- tazione del ripiegamento nel priva- to. Il sinodo diocesano delle chiese cattoliche di Terra Santa, conclusosi nel 2000,ha sollevato questa que- stione e ha chiesto un impegno pub- blicomaggiore da parte della comu- nità cristiana araba in Israele. I risulta- ti delle ultime elezioni politiche nel paese hannomanifestato questa vo- lontà di emergere e di farsi ascoltare, con l’elezione,per la prima volta,di tre arabi cristiani amembri della K- nesset (parlamento israeliano,ndr). Credo che sia la pista giusta.Maggio- re senso di responsabilità pubblica da parte dei cristiani arabi di Israele e Gerusalemme significherebbemag- giore attenzione ai problemi effettivi della convivenza e coesistenza inter- religiosa e soprattuttomaggiore a- zione sociale contro la discriminazio- ne etnica in Israele». Capovilla: «Sì, in Israele si sentono cittadini di serie B,perché lo stato continua a sostenere l’ebraicità co- me valore assoluto,quindi sia i citta- dini cristiani sia i musulmani - cioè, gli arabi palestinesi - soffrono per le discriminazioni che colpiscono tutti gli ambiti della loro vita. Interessante è la sintesi tracciata da Sabbah nel suo libro: “Noi siamo discriminati in quanto palestinesi,non in quanto cristiani”». Persecuzioni islamiche anti-cristiane? In entrambi i testi sopracitati si parla di cristiani che lasciano la Palestina.Una certa informazione, anche italiana,punta il dito contro i musulmani.Tuttavia, siamonsi- gnor Sabbah sia i religiosi intervi- stati da Solera smorzano queste tesi e accusano, invece, l’occupa- zione israeliana.Qual è la vostra o- pinione? Solera: «Credo che non vi sia una vo- lontà egemonica da parte dei mu- sulmani palestinesi. La questione è che i numeri fanno la differenza, e i musulmani si fanno demografica- mente più numerosi che i cristiani, con conseguenzemateriali sulle re- gole e gli spazi della convivenza.Ma credo che la convivenza sia possibi- le, anzi necessaria per preservare la diversità, che è una delle ricchezze fondanti del“carattere palestinese”. Che le autorità israeliane possano u- sare possibili tensioni interne alla so- cietà palestinese non è da escludere, e fa parte delle armi utilizzate per in- debolire la coesione sociale palesti- nese e quindi la capacità di lotta na- zionale. Ho personalmente cono- sciuto dei palestinesi cristiani che, alle ultime elezioni politiche hanno votato Hamas in distretti quali Be- tlemme o Ramallah, e questo la dice lunga sulla complessità delle relazio- ni interne, che non si possono sem- plificare in una visione conflittuale interreligiosa». Capovilla: «I cristiani non lasciano la Palestina a causa dei musulmani. Lo confermano le dichiarazioni autore- voli di Sabbah che, in“Voce che grida dal deserto”, scrive: “Da alcuni anni è in atto una campagna che vorrebbe far risaltare un’ipotetica persecuzio- ne dei cristiani da parte dei musul- mani. Che vi siano difficoltà nei rap- porti, per una ragione o per l’altra, tramaggioranza eminoranza, è comprensibile e avviene qui come in ogni altro contesto.Noi palestinesi, cristiani emusulmani, siamo un solo popolo.Abbiamo le radici nella stes- sa terra, la Palestina. Le appartenia- mo entrambi”. Le sue parole sono una garanzia del nostro dovere di smontare tale propaganda, che è fa- vorevole e funzionale, in Occidente, ad alimentare lo“scontro di civiltà”e quindi la“crociata anti-Islam”attual- mente in corso. Il patriarca ripete sempre: “Siamo una piccolamino- ranza e quindi ci sono problemi di convivenza, come in qualsiasi so- cietà, ma è ben altra cosa approfitta- re di piccoli episodi di criminalità tra- sformandoli in atti di discriminazio- ne anti-cristiani e in propaganda”». Cos’è cambiato da quandoHamas ha vinto le elezioni,nel gennaio 2006,e come viene considerato il movimento islamico tra i cristiani? Solera: «Ripeto,molti cristiani vota- rono Hamas per ragioni politiche. La tomba di Lazzaro a Betania.

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