Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2008
MONOGRAFIA / Diritti & rovesci posizionato socialmente ed econo- micamente. Il diritto non è indiffe- rente al contesto nel quale l’indivi- duo vive,prende atto che non esiste l’uomo astratto e si propone di rie- quilibrare le differenze, assicurando a tutti eguali possibilità di sviluppo, rendendo effettiva la libertà. L’eco- nomia è subordinata alla politica, la proprietà privata e la libertà di inizia- tiva economica privata possono es- sere limitate per fini di utilità sociale. Diritti sociali e diritti di libertà ven- gono concepiti come indivisibili, le- gando insieme le parole pronuncia- te alle Nazioni Unite nel 1948 dal de- legato britannico (« vogliamo uomini liberi non schiavi ben pasciuti ») e da quello sovietico (« gli uomini liberi possono anchemorir di fame »). L’incontro-scontro fra prospettiva liberale e socialista è sufficiente per definire i diritti come potenzialmen- te universali? Universale o occidentale? «Io» o «altri»? La Dichiarazione universale del 1948 è espressione di una concezio- ne individualista, se pur di tipo libe- ral-sociale e aperta nei confronti dei diritti collettivi,delle associazioni e delle comunità intermedie (tutelate essenzialmente in quanto strumen- tali rispetto alla singola persona u- mana); il dominus dei diritti è l’indivi- duo: non si mette in discussione la centralità della persona umana, con la sua dote (naturale) di diritti,ma semmai solo l’idea che l’individuo possa essere concepito al di fuori della sovrastruttura in cui vive. L’attenzione è incentrata sui diritti, ai doveri la Dichiarazione dedica sol- tanto una affermazione generica («ogni individuo ha dei doveri verso la comunità», art. 29,par. 1), il che ri- badisce la prospettiva individualista. Non si tratta più dello sfrenato indi- vidualismo possessivo borghese,ma di un individualismomite ed aperto, solidale persino: nonmuta però la centralità dell’«io»,del soggetto,po- tenzialmente opposta ad una con- cezione fondata sulla primaria consi- derazione dell’altro o degli altri (del- la comunità), nei confronti dei quali il soggetto ha dei doveri,più che vantare diritti. Non trovano espressione, in altre parole, nella Dichiarazione, le tradi- zioni che caratterizzano le culture a- siatiche o africane, incentrate sul di- segno di una persona che è in primo luogomembro di una comunità e assoggettata a regole di condotta. Senza cadere in semplicistiche ge- neralizzazioni su culture che hanno un carattere plurale, si può ricordare, ad esempio, il concetto africano di u- buntu , che esprime l’idea che si è persona solo attraverso altre perso- ne, o il concetto indiano di dharma , che enuncia modelli di comporta- mento nell’ottica del dovere, o, anco- ra, la centralità della umma ,della co- munità, nella tradizione islamica. I paesi appartenenti alle aree asiati- che e africane e, in genere,quelli compresi nel cosiddettoTerzoMon- do partecipano ai lavori di stesura della Dichiarazione senza apportarvi - senza avere la forza di apportare - le peculiarità derivanti dal loro speci- fico retroterra socio-culturale. Patti e dichiarazioni successive ve- dono l’introduzione, in capo ai po- poli, del diritto di autodeterminazio- ne o del diritto allo sviluppo, come proprio degli individui e dei popoli, nonché una progressiva settorializ- zazione e specificazione dei diritti, sia nei titolari (diritti dei bambini, delle donne,delleminoranze razzia- li, dei disabili,...), sia nell’oggetto (monotematico: divieto di tortura, pace, lavoro,...), sia nell’adeguamen- to dei diritti all’evoluzione sociale, ambientale, tecnologica (diritto al- l’ambiente, della natura, tutela della privacy,del genoma umano,degli o- rientamenti sessuali,...).Nonmuta però sostanzialmente l’impostazio- ne di fondo, soggettivistica e imper- niata sulla pretesa più che sull’obbli- go: si tratta di un orizzonte effettiva- mente condiviso,di un ideale comune? Può essere utile per tenta- re una risposta leggere le carte che a livello continentale riprendono e svi- luppano il catalogo dei diritti e son- dare il loro retroterra socio-culturale. Universalità senza pluralismo A livello europeo il riferimento è essenzialmente, nell’ambito del Consiglio d’Europa, alla Convenzio- ne europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fon- damentali (1950) e alla Carta sociale europea (1961), nonché, in relazione MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2008 13 ad una involuzione nel loro ricono- scimento chemuove dall’attacco ai diritti sociali e dei lavoratori per giungere, attraverso il richiamo alla sicurezza, alla limitazione dei classici diritti di libertà e alla reintroduzione (legale) della tortura. La libertà e la libertà dal bisogno Il XX secolo, come accennato, vede la sanzione dei diritti sociali, ovvero quei diritti che considerano la perso- na umana come un homme situé , che vive in un determinato contesto economico-sociale e inserito in una rete di formazioni sociali. Nella Dichiarazione del 1948 si leggono il «diritto alla sicurezza so- ciale, nonché alla realizzazione...dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua [dell’indivi- duo] dignità ed al libero sviluppo della sua personalità» (art. 22), il «di- ritto al lavoro» (art. 23), il «diritto ad un tenore di vita sufficiente a garan- tire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia» (art. 25), il «diritto all’istruzione» (art. 26). È evidente l’influenza dei paesi del blocco so- vietico, nonostante la loro astensio- ne nella votazione finale: le idee so- cialiste si incontrano con un certo u- manesimo cattolico, come quello di Maritain, o, comunque, con le istanze sociali presenti anche nei paesi occi- dentali (la roosveltiana «libertà dal bisogno»). L’idea liberale della completa au- tonomia dell’individuo rispetto allo stato si mitiga: l’individuo deve esse- re libero dallo stato,ma lo stato deve anche liberarlo dagli ostacoli che i bisogni frappongono al libero svi- luppo della sua persona. L’individua- lismo negativo dello stato liberale cede il passo all’eguaglianza sostan- ziale e alla valorizzazione del plurali- smo dello stato sociale . Esemplari in tal senso sono gli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana, con il ricono- scimento delle «formazioni sociali» e dell’attribuzione alla Repubblica del compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, li- mitando di fatto la libertà e l’egua- glianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona uma- na». La persona umana è protetta co- me singolo, come associato e come
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=