Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2008

102 MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2008 per eccellenza, un corpo dottrinale e legislativo che detta a ciascuno la condotta da tenere nei rapporti con Dio (culto), con i propri simili (transa- zioni e contratti), in seno alla società islamica (diritto penale, civile e prin- cipi politici).Oltre e più del Corano, i dottori della legge si sono serviti del- la sunna , la raccolta di detti e com- portamenti del Profeta per costruire l’edificio della shari’a , che può essere considerata l’epitome del pensiero i- slamico, la più tipica manifestazione dello stile di vita islamico. E poiché Corano e sunna non pote- vano dare risposta a tutto, i giurecon- sulti sono ricorsi a una fonte secon- daria: l’accordo unanime dei dottori ( igma’ ) per supplire eventuali defi- cenze o giustificare talune deroghe. Vari giuristi, infine, sono ricorsi al ra- gionamento analogico ( qiyas ), che consisteva nell’applicare norme deri- vate da Corano e sunna a casi nuovi o imprevisti; dove non era possibile ri- solvere certi casi neppure con l’ana- logia, gli studiosi poterono usare il ragionamento indipendente ( igtihad ). La costruzione della shari’a si pro- trasse dal VII al IX secolo, quando «fu chiusa la porta dell’interpretazione», come si esprime una suggestiva for- mula araba. I giuristi raggiunsero «il consenso» sull’idea che il lavoro di interpretazione ed elaborazione fos- se concluso, erano state trovate tutte le soluzioni immaginabili e possibili; per cui non era più legittimo dedurre direttamente nulla dal Corano o dalla sunna né era più possibile aggiunge- re nulla al corpus giuridico formatosi. Pur così fossilizzata e anchilosata, la shari’a si è distinta per il suo carat- tere altamente idealistico, determi- nando quale fosse il comando di Dio, quali fossero gli astratti doveri e dirit- ti di ogni buonmusulmano, anche se poi questi fosseromolto distanti dal- la vita giuridica quotidiana.Di fatto, poi, contavano soprattutto, da una parte le consuetudini, dall’altro le de- cisioni del potere politico. Il sovrano poteva infatti stabilire quanta e quali parti della shari’a dovessero essere applicate. Rimanevano intoccabili e immutabili, tuttavia, quelle leggi rite- nute più vicine ai doveri religiosi, e- spressione diretta della volontà divi- na: cioè quelle leggi fondate sulla tri- plice disuguaglianza: tra uomini e donne, tra musulmani e nonmusul- mani, tra liberi e schiavi. L’ultima disuguaglianza, oggi, ha poca importanza, perché la schiavitù non è più un fenomeno rilevante,ma le altre due disuguaglianze sono tutt’ora vigenti e recepite nella legi- slazione dei paesi musulmani. È so- prattutto nei riguardi della donna che la shari’a contiene leggi che coz- zano con i diritti universali.Anzi, in base all’interpretazione del versetto IV, 34 del Corano, secondo il quale gli uomini sono considerati i custodi delle donne, la legge islamica codifi- ca l’inferiorità delle donne rispetto a- gli uomini e ne limita i diritti inmolti campi, come l’accesso a cariche pub- bliche che implichino l’esercizio del- l’autorità sugli uomini, il valore della loro testimonianza nelle cause penali e civili, in fatto di diritti di eredità e di famiglia. Gli apologeti musulmani sosten- gono che le formulazioni storiche della shari’a hanno garantito in teo- ria, sebbene non sempre nella prati- ca, una migliore protezione dei dirit- ti alle donne e ai non musulmani (e- brei e cristiani) rispetto a quella fornita da altri sistemi normativi del passato fino al XIX secolo. Tuttavia, resta il fatto che i diritti delle donne e dei non musulmani previsti dalla shari’a, per quanto ammirevoli e lo- devoli in prospettiva storica, non so- no uguali a quelli degli uomini e dei musulmani e, soprattutto, non sono ISLAM più adeguati a soddisfare gli stan- dard previsti dalla Dichiarazione uni- versale, che richiede uguali diritti per tutti gli esseri umani, senza alcuna di- stinzione fondata sul sesso, religione o credo. Soprattutto resta il concetto di apostasia, punibile con la morte, secondo la shari’a . Tale principio, ol- tre a negare il diritto alla libertà di re- ligione, si presta a un’infinità di abusi: basta esprimere qualche idea ritenu- ta non ortodossa e si può essere con- dannato a morte per apostasia. Porta da riaprire Dallametà dell’800 nel mondo isla- mico si lamenta la «chiusura della por- ta dell’interpretazione»,per indicare l’urgenza di una riforma dell’islam. Il problema è diventato ancora più sen- tito negli ultimi decenni di fronte alla necessità di adeguarsi al mondomo- derno, di assimilare lamodernità,ba- sata sui principi di uguaglianza e li- bertà di ogni essere umano.Nel dibat- tito esistente nel mondomusulmano a proposito di diritti umani è possibile distinguere, a grandi linee, tre posizio- ni: quella conservatrice,quella prag- matica e quella riformista. La corrente conservatrice propone il ritorno alle radici dell’islam, cioè al Corano e alla tradizione del profeta, presi alla lettera. E quando si dice i- slamdelle origini, si intende l’islam che, a partire dalla seconda fase della vita di Maometto (la fase di Medina) si estende all’epoca dei primi califfi: periodo visto come quello del vero i- La Mecca: pellegrini attorno alla pietra nera.

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