Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2008

MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2008 101 libertà di pensiero, coscienza e reli- gione, compresa la libertà di cam- biare religione e convertirsi a un’al- tra. Secondo il Corano,per il musul- mano cambiare religione è apostasia, un crimine inammissibile emeritevo- le di morte. Oltre all’articolo 18, ce ne sono al- tri che mettono in causa le leggi del- l’islam, soprattutto quelle che con- traddicono il principio di uguaglian- za che è il fondamento dei diritti universali. Il diritto musulmano clas- sico, invece, si articola sulla base di tre fondamentali relazioni di disu- guaglianza: tra uomo e donna, tra musulmano e non musulmano, tra li- bero e schiavo. Anche se, oggi, giuri- sti e intellettuali musulmani consi- derano superato l’ultimo punto e a nessuno viene in mente di imporre la schiavitù perché lo prevede la sha- ri’a , rimangono aperti i problemi causati dalla disuguaglianza tra uo- mo e donna e tra musulmano e non musulmano; resta aperto, soprattut- to, il problema di fondo: se cioè il soggetto pieno dei diritti sia l’uomo inteso come essere umano o come musulmano. Il nocciolo del problema, infatti, de- riva dalla differente concezione del diritto in se stesso, tanto che in ambi- tomusulmano viene contestata la di- zione stessa di «diritti dell’uomo». La Dichiarazione dell’Onu fonda il dirit- to sulla persona: prerogative e diritti dell’uomo derivano dalla sua natura umana, dal fatto stesso di essere u- mano. Nel diritto islamico, invece, bisogna parlare in primo luogo di «diritti di Dio». Poi si può parlare anche di dirit- ti e doveri dell’uomo, che sono tali in quanto concessi da Dio e positiva- mente espressi nella rivelazione co- ranica. Tale rivelazione è espressa nel Corano e nella sunna (tradizione), poi ulteriormente specificata nella sha- ri’a , il corpus del diritto islamico che traduce e applica concretamente la volontà di Dio in tutti gli aspetti del- l’ordine sociale. E dal momento che la shari’a è di origine divina, è immu- tabile e superiore a ogni altra legge di origine umana. Oltre a queste difficoltà di ordine religioso, i governi invocano altre scuse per non dare spazio ai diritti u- mani: essi rimproverano alla Dichia- razione universale di rispecchiare la visione «occidentale» e, addirittura, di essere una nuova forma di «colo- nialismo». Ma la scusa più frequente è la necessità di garantire «l’ordine pubblicomusulmano» all’interno dei loro stati, scusa che spesso nasconde tutti gli abusi di potere. Nonostante l’iniziale freddezza con cui i governi hanno accolto la Dichia- razione universale,da oltre 30 anni il problema dei diritti dell’uomo è di- battuto a tutti i livelli nel mondo isla- mico: li invocano i cittadini, soprattut- to i membri dell’opposizione, contro gli abusi del potere, come pure i sin- dacati e organizzazioni non governa- tive; ma le acque sonomosse anche a livello di capi di stato, in ambienti religiosi, nelle facoltà di teologia e di- ritto islamici e tra gli intellettuali. Il di- battito è ancora in corso ed evidenzia la complessità di conciliare diritti del- l’uomo e tradizione islamica e le diffi- coltà del mondomusulmano a con- frontarsi con la modernità. Soprattut- to rimangono aperte le domande di fondo: i diritti umani sono inconcilia- bili con il Corano e la shari’a ? Cosa dice il corano La tradizione islamica si fonda sul Corano, la parola di Dio così com’è stata rivelata al profeta Maometto tra il 610 e il 632 d.C. Rivelazione che il Rivelazione dell’arcangelo Gabriele a Maometto (miniatura turca del sec. XVIII ). MONOGRAFIA / Diritti & rovesci profeta spiegò e mise in pratica con l’esempio personale e con insegna- menti verbali ( hadits ), che costituisco- no la sunna (tradizione). Il quella parte del Corano risalente al periodo della predicazione di Mao- metto alla Mecca si incontrano testi che affermano solidi princìpi generali di giustizia, uguaglianza, libertà, ecc., senza discriminazioni in base a razza, colore, sesso o religione. Princìpi che sono alla base dei diritti che spettano ad ogni persona in quanto essere u- mano. Nella parte del Corano formatasi durante il successivo periodo di Me- dina (622-632), dove il profeta istituì e resse il primo stato islamico fino alla sua morte, sono registrati non pochi versetti chiaramente discriminatori, che impongono restrizioni relative ai diritti delle donne e dei nonmusul- mani. La contraddizione è evidente. I pri- mi studiosi musulmani l’hanno risolta sbrigativamente, applicando il princi- pio dell’abrogazione: i versetti rivelati successivamente hanno invalidato o abrogato quelli precedenti.Ma il pro- blema è più complesso. Maometto aveva iniziato un’auten- tica rivoluzione culturale e sociale,mi- rando alla parità fra tutti gli individui, donne e uomini, liberi e schiavi.Ma quando cercò di tradurre i suoi ideali in uno stato islamico e difenderlo da- gli attacchi dei nemici, dovette venire a patti con i suoi seguaci e sostenitori, sempre ancorati a valori e privilegi tri- bali preislamici. Tale rivoluzione, in- fatti, avrebbe minato le basi dell’as- setto sociale ed economico delle tribù, basato sulla guerra, la razzia, il bottino, di cui schiavi e donne erano parte. Tale conflitto tra gli ideali e la cruda realtà storica emerge chiara- mente nelle sure coraniche. Cosa dice la shari’a Dopo la morte di Maometto (632 d.C),mentre lo stato islamico si con- solidava e si estendeva al Medio O- riente e al Mediterraneo per opera dei primi califfi detti «ben guidati», una classe di giuristi altamente spe- cializzata cominciò a trasformare le poche previsioni giuridiche presenti nel Corano in un sistema legislativo che disciplinasse la vita di ogni fedele in conformità alla volontà di Dio.Na- sceva così la shari’a , la legge islamica

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=