Missioni Consolata - Settembre 2008
n Cari missio @ ri 6 MC SETTEMBRE 2008 gato, ma ho iniziato a ve- dere con occhi diversi, os- servavo la parte bianca de- gli occhi, dai bambini agli adulti, e tutti l’avevano gialla o anche più scura da confondersi quasi con l’iri- de. Vedevo dopo «la feb- bre», la debolezza portata dall’anemia; dove potevo fornivo pastiglie di ferro e vitamine. Molte persone a- vevano la pressione tanto bassa. Purtroppo quello è un paese dove viene con- sumata pochissima carne rossa, niente latte o for- maggio; la poca verdura (cipolle, aglio, melanzane, peperoncino) viene resa purea per le salse con cui viene servito il foutou . Quest’anno, miomarito e io siamo ritornati. È toc- cato a lui pagare il ticket dellamalaria e con le pia- strine basse, in una clinica privata si sottopose a flebo per 5 giorni. Aveva i soldi e ha pagato. Due giorni dopo il ritor- no in Italia eccomi sul lavo- ro con un gran freddo, pen- savo allo sbalzo di clima, ma la febbre a 40 (io che non homai la febbre) non lasciò dubbi, me l’ero por- tata in Italia: ma avevo portato anche i farmaci ac- quistati per precauzione in Africa. Dopo cinque giorni era tutto passato. La constatazione che il Lariamnon serve più è sta- to un colpo, più dellamala- ria stessa. Se la conosci la curi e speri sempre in bene. Ciò che mi tortura è che noi bianchi possiamo permet- terci i farmaci, tra gli africa- ni solo i più ricchi. Si am- malano di malaria più vol- te nell’arco dell’anno, essendo un paese ad alto tasso di umidità, con lagu- ne sparse un po’ ovunque. Dunque, malnutriti, debili- tati, senza soldi... Ho scrupolo di quanto nel mondo si spreca in sa- nità, di quanto cibo si but- ta in pattumiera, di quan- do si dice «non so cosa mangiare» davanti a scaf- fali pieni del supermarket, mentre c’è chi dice «non so cosamangiare» perché non ha soldi per acquistare del cibo. Prevenzione: zan- zariere, spray, zampironi, sono tutti troppo costosi. In un paese dove si vive fuori e dove a causa dell’u- midità si sudamolto, ag- giungendo che anche il La- riamnon dà più sicurezza, mi chiedo cosa posso fare non solo per noi, ma so- prattutto per i miei amici a- voriani. Quando ritorno in I- talia, vi ritorno con il cuore grosso, pesante, angosciato e quasi vergognosa di vive- re in un posto così «facile». Grazie per avermi letta. Con sentita simpatia. Elena Tagini Malgaroli Veruno (NO) Abbiamo letto volen- tieri la sua testimonianza e altrettanto volentieri la pubblichiamo. La sua e- sperienza ci aiuta tutti ad Quando si dice... malaria Cari missionari, leggo sempre con passione la vostra rivista, da quando mi sono abbonata alcuni anni fa, dopo un viaggio in Kenya con padre De Col. Ho letto sul numero di giugno «I diversi volti della malaria», scritto dalla dott. ChiaraMontaldo. La sua e- sperienzami ha vivamente toccata. Conmiomarito è dal ‘93 che «circoliamo» per l’Africa, i primi anni con tour operator, ma poi adot- tai il «fai da te». Non avevo il desiderio di essere solo un turistamordi e vai; così, dopo il Tanzania e il Kenya, scelsi definitivamente il sud della Costa d’Avorio, un po’perché dimenticata da molti, un po’per il fatto che c’è acqua. Alloggiando in una casa africana, vivendo con la gente locale, va da sé che incominciai a dare qualche cosa di quello che sapevo fare: corsi di lavori femmi- nili, scuola d’italiano per scolari e adulti, primo pronto soccorso. Col passa- re degli anni cercai di aiu- tare amigliorare il tenore di vita dei bambini bancal , di chi aveva delle malfor- mazioni operabili. Amma- lati inviati al centro di don Orione di Bonoua e da noi spesati anche con l’aiuto di amici e benefattori Italiani. Fino all’anno scorso, la malariami sembrava una malattia tanto fantomati- ca dei libri di Salgari, del ci- clista Coppi, forse anche perché il soggiorno di due mesi si articola nei mesi per così dire più secchi: febbraio-aprile. Mi capita- va di incontrare e sentire a- dulti o bambini: «Mamma, non sto bene». «Cos’hai?». «La febbre». «Hai biso- gno?». I più fortunati: «Al- l’ospedale mi hanno fatto una puntura». E via che si facevano lavaggi con de- cotti di erbe; erbe che schiacciavano, bevevano, mettevano nelle narici e nelle perette anali. Sentivo poi: «Sai, il tale è morto». «Cosa aveva?». «La feb- bre». Per me finiva lì. Finiva lì perché non capi- vo, non conoscevo bene, finché un giorno, di ritorno dalla capitale con addosso la sensazione di aleggiare a mezz’aria emani caldissi- me, scoprii di avere la feb- bre a 39. Cosa vuoi che sia? Sarà il caldo, la stanchezza. Presi un paracetamolo e do- pomezz’ora la temperatura tornò normale. Ma il giorno dopo, quando svenni per la pressione a 50/70, mi por- tarono al centro donOrione dove con la «goccia spessa» diagnosticarono lamalaria. Compresse per lamala- ria, di ferro per l’anemia, per la febbre, vitamine. Fu una settimana di brividi, sudore, fortissimi mal di testa, vomito e dissenteria, ma passò. Avevo i soldi e ho pagato i farmaci. Ho pa-
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