Missioni Consolata - Settembre 2008
MC SETTEMBRE 2008 59 figlia dato che era stato prigioniero dei tedeschi.Alla fine cedette, noi ci sposammo e andammo a Berlino dovemiomarito era assistente all’U- niversità. Rimasi in Germania dal 1956 al 1978. Laureata in lingue straniere alla Bocconi di Milano, io volevo inse- gnare, ma in Germania la mia laurea non era accettata.Dopo un periodo di depressione,decisi che dovevo ri- cominciare a studiare, anche se ave- vo già 41 anni. Scelsi etnologia (1) con specializ- zazione su Centro e Sud America». Come venne l’idea di venire in Perú? «All’epoca davano delle piccole borse di studio per chi stava facendo ricerche particolari. Io presentai un mio progetto: volevo andare a vede- re come funzionava l’educazione nella sierra peruviana per i bambini che parlavano quechua. Io sapevo che l’educazione era impartita sol- tanto in spagnolo. Lo accettarono e il 9 febbraio dell’anno 1973 partii con destinazione Huanta, una delle pro- vince di Ayacucho». Come fu l’impatto con la gente che parlava quechua? «Forte. Io avevo studiato la lingua a Berlino,ma mi mancava la pratica. Però provai subito una grande sim- patia per loro. Era un villaggio di contadini molto poveri che lavorava- no quasi come schiavi nelle aziende del luogo. Quella mia prima esperienza fu tanto interessante che ci tornai per alcuni mesi anche l’anno seguente. E poi ancora nel 1977. Infine, la coo- perazione tedesca mi offrì di seguire un progetto sull’educazione bilin- gue a Puno». Si dice che a Puno faccia sempre freddo... «Tanto che gli abitanti stessi gioca- no sulla parola estación , che significa stagionema anche stazione dei tre- ni. A Puno - dicono - ci sono 2 esta- ciones , quella invernale e quella del treno. Versomezzogiorno la temperatu- ra sale anche a 22-23 gradi,ma la notte scende terribilmente.Puno è a quasi 4.000metri d’altezza. L’unica cosa bella è il LagoTiticaca. In com- penso, la regione ha una grandiosità e paesaggi incredibili. Io andavo in lungo e in largo con unWolkswagen per cercare le scuo- le che potessero entrare nel proget- to». Le lingue quechua e aymara Dove si parlano il quechua e l’ay- mara? «L’aymara si parla da Puno verso la parte boliviana,mentre il quechua si parla da Puno verso Arequipa». Ma che tipo di lingue sono? «Le due lingue hanno un’origine comune. Sono lingue agglutinanti , che hanno la particolarità di essere formate da tanti pezzettini che si u- niscono tra di loro. Si aggiungono questi suffissi che danno il significato alle parole. Suf- fissi locativi,di direzione,di movi- mento, eccetera. Come tutte le lingue amerindie, anche il quechua e l’aymara sono molto differenti dalle lingue indoeu- ropee. E sonomolto differenti anche tra loro.Per esempio,molto diversa è la lingua che si parla nella selva tra gli ashaninka , con cui io lavorai dopo l’esperienza di Puno». Dalla sierra alla selva. È un bel pas- saggio... «Passai in effetti da 4.000metri sul livello del mare alla foresta,dove l’ambiente vegetale ed animale era completamente diverso.Per me la selva è di una bellezza straordinaria. All’epoca poi era in- contaminata o quasi. Si arrivava al RioTambo con un piccolo aereo Cesna». Per seguire un progetto di educa- zione bilingue con chi... «Con gli ashaninka,popolazione che parla una lingua completamen- te diversa dal quechua e dall’ayma- ra. Gli ashaninka sono il gruppo più numeroso della selva: si calcola che siano 50.000.Assieme agli aguaruna , sono un gruppo particolarmente combattivo.Difesero il loro territorio fino all’inizio del Novecento,quando entrò l’esercito e con esso commer- cianti e faccendieri». Gli ashaninka e Sendero Luminoso Gli ashaninka divennero famosi du- rante gli anni di Sendero Luminoso. Tu cosa ricordi di quel periodo? «Arrivarono in un caldissimo po- meriggio. Il villaggio era semideser- to perché la gente era uscita al mat- tino presto con le 2 canoe.Dalla mia capanna intravidi la canna di un fuci- le. Andai fuori e trovai almeno 7 per- sone chemi puntavano addosso i fucili.“Noi siamo dell’esercito di libe- razione Sendero Luminoso”,dissero. “Venga con noi che dobbiamo inter- rogarla”. Va bene,dissi.Poi, aggiunsi:“Mi mancano lemie sigarette. Sono sul mio tavolo. Se non ci credete, venite conme”. “Vada, vada, signora”, rispo- sero. Fui di una sfacciataggine immen- sa. E ancora oggi mi chiedo“ma co- me ho fatto?”.Presi dunque le siga- rette e poi li seguii fino alla Posta medica. Era tutta pitturata di rosso e avevano issato due bandiere rosse. Due capi, a volto scoperto, comincia- rono a farmi domande. Faceva un caldo terribile,ma uno dei due indossava uno di quei copri- capo di lana che coprono anche le o- recchie. Mi faceva una pena,ma de- cisi che era meglio non dire nulla. Assieme ame, avevano catturato anche un collega, che sembrava piuttosto spaventato, e soltanto due ashaninka,dato che tutti gli altri era- no riusciti a dileguarsi nella foresta. MISSIONI CONSOLATA Maria Heise Mondino, durante il no- stro incontro, nella sua casa di Mon- terrico, a Lima.
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