Missioni Consolata - Settembre 2008

50 MC SETTEMBRE 2008 sori indigeni di Roraima,Associazio- ne dei popoli indigeni, l’Organizza- zione delle donne indigene,Associa- zione terra di São Marcos. Solo per citarne alcuni. OLTRE AL RISO, L’URANIO Un’altra questione molto importan- te sta scuotendo il mondo degli in- dios e di quelli che vi stanno attor- no, di Roraima e tutto il bacino a- mazzonico: lo sfruttamento minerario dei territori indigeni. La Costituzione non riconosce agli indios il sottosuolo, che è dello stato federale.Ma piuttosto la superficie della terra, sulla quale possono vive- re e svolgere le loro attività tradizio- nali. Manca però una legge ordina- ria che metta in applicazione la Co- stituzione. Le aree indigene sono ricchissime di minerali anchemolto pregiati:oro, diamanti, tantalio,niobio, terre rare, cassiterite e uranio (vedi anche box). Strategici per l’energia e per l’indu- stria ad elevata tecnologia. «Ve ne sono quantità enormi, che sconvol- gerebbero i mercati mondiali» ricor- da fratel Carlo. «Il Brasile possiede la quasi totalità delle riserve conosciu- te di niobio del mondo, lamaggior parte localizzate nell’alto Rio Negro, in Amazzonia, in un’area trasformata in riserva naturale in seguito a pres- sioni degli ambientalisti internazio- nali» scriveva,nel febbraio 1999, Aler- ta en rede , agenzia brasiliana on line . In quell’epoca infatti furono rese pubbliche le riserveminerarie (e par- te dei giacimenti di uranio) dell’area di Pitinga,già sfruttate dagli inizi de- gli anni ’80. È attualmente al vaglio della ca- mera la «Legge per lo sfruttamento minerario delle terre indigene», che è già passata al senato,dove è stata promossa proprio da Romero Jucà. La legge definisce un insieme di regole per poter accedere alle ric- chezze del sottosuolo anche nelle a- ree protette.Con il «permesso» degli indios. In questo caso l’impresa sfrut- BRASILE «Q uesta è la storia di u martirio. Di un uom che voleva portare l pace, ma ha trovato la morte». P ADRE S ILVANO S ABATINI quest storia la conosce bene, sia per a verla in parte vissuta, sia per ave condotto un’approfondita inchie sta alla ricerca di giustizia. M molti sono ancora i misteri che circondano questo massacro. Continua Sabatini: «Non si può capire la realtà di Roraima di og gi se non si conosce questa sto ria». Il primo novembre prossimo ri corre un triste anniversario: il massacro di padre Giovanni Cal leri, missionario della Consolata e di 8 suoi compagni della mis sione di pacificazione in terra Waimiri Atroari. Nel 1968 il governo brasiliano stava costruendo la strada BR174, per collegare Ma naus con Boa Vista e, più a Nord, con il Venezuela. Si stava tagliando una fetta di foresta amazzonica che attraversava da Sud a Nord lo stato di Roraima. Ma i lavori erano stati perturbati dai frequenti attac chi degli indios Waimiri Atroari, che si opponevano alla strada, in quanto questa passava sul loro terri torio. Nel 1967 il rapporto Figueredo aveva reso pubbli ci massacri e vessazioni ai danni delle popolazioni indigene dell’Amazzonia ad opera di militari e pote ri locali brasiliani interessati a invadere le loro terre ricche di legnami e minerali di ogni tipo. L’inchiesta fu bloccata ma in parte trapelò, causando uno scan dalo internazionale. Il governo dovette fare un’operazione di facciata, creando la Funai (Fondazione nazionale dell’indio) in sostituzione dell’Spi (Servizio di protezione del l’indio). La Funai era costituita da personaggi più o meno credibili. Di fatto, però tutto continuava come prima. 40 anni dall’uccisione di padre Giovanni Calleri MISSIONE DI PACE u proprio la Funai che chiese a adre Giovanni Calleri di guidare na missione per pacificare gli in os Waimiri Atroari, che in caso ontrario, sarebbero stati massa rati, per far spazio alla BR174 osa che poi avvenne). Calleri, nato a Carrù nel 1934 era arriva to in Brasile a fine ’64 e aveva su bito mostrato una grande capa cità di relazione con gli indios di ventandone buon conoscitore. Lavorando a Catrimani, aveva in ventato un sistema iconografico per avere la collaborazione degli yanomami: il «Mamo», ancora u tilizzato fìno al 1980, ed era riu scito a pacificare malocas (grup pi o comunità) avversari. Il progetto di Calleri, appoggia to dall’Istituto nella persona di pa dre Domenico Fiorina, superiore generale, era chiaro. Convincere gli indios a spostarsi in una zona a 200 km dal sito scelto per la strada, e qui creare un «parco pro tetto» per preservare il loro gruppo e la cultura. Per far questo, la missione di padre Calleri avrebbe convinto altri indios come intermediari, andando nella zona del rio Alalaù. Questi, trasferitisi nella zona del parco, a vrebbero attirato anche il gruppo del rio Abonarì (quel li più vicini al tracciato della strada), che avrebbero co sì abbandonato le ostilità. Ma i missionari non sapevano qualcosa di molto importante, che avrebbe influito su questa storia. Nel febbraio del 1968, in quell’area si era recata una missione di prospezione mineraria, guidata dal co lonnello William Thomson, con l’appoggio della mis sione protestante Meva, basata a Kanaxen, in Guya na. La Meva era rappresentata dal suo pastore sta tunitense Claude Leawitt. Questi, rimase poi quattro mesi nell’area. Si seppe più tardi che quella zona celava impor tanti giacimenti di minerali, più o meno preziosi: nio Massacro (complotti, interessi, bugie)

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