Missioni Consolata - Settembre 2008

DOSSIER 40 MC SETTEMBRE 2008 All’università ci confrontiamo con una seconda classe della scuo la di specializzazione per tecnici di laboratorio. Le aule sono confortevoli, anche se non spaziose; i banchi di legno piccoli ma molto belli; gli studenti vestiti in modo sobrio ma elegan te. Alcuni sono studenti giunti dal la scuola superiore, altri sono tec nici già in servizio, venuti qui per il perfezionamento: quando torne ranno nei loro laboratori potranno chiedere uno stipendio molto più interessante. Facciamo delle domande, e loro fanno domande a noi. Ci spiegano che nell’università (sussidiaria del l’università cattolica) ci sono corsi per tecnici di laboratorio, per leg ge, per comunicazioni e informati ca. Questa è una università giova ne, sorta da quattro anni. È una università privata, si pagano tasse molto alte, ma la qualità dell’inse gnamento è molto buona. Alcuni studenti vengono sponsorizzati da enti, da laboratori presso cui già la vorano... Gli insegnanti sono stimati e ben pagati. I migliori, al termine dei corsi universitari possono diventa re a loro volta insegnanti. La paga media di un insegnante universi tario è di circa 600mila scellini tan zaniani, mentre la paga di un ope raio è di circa 80 mila scellini tan zaniani. Nel corso per tecnici di laborato rio si studiano chimica, fisiologia, ematologia, biologia molecolare, immunologia... Le lezioni si do vrebbero tenere in inglese, ma spesso si scivola verso il kiswahili. C’è una certa selezione, arrivano al compimento degli studi circa i tre quarti degli studenti. Tutti gli esami sono statali. Una volta finita l’università, la maggioranza degli studenti resta in Tanzania, dove è facile trovare in poco tempo un buon impiego. Solo una piccola minoranza ha in tenzione di andare all’estero. Si stupiscono che per noi sia difficile trovare lavoro. T erminata la visita alla classe, gli studenti nostri si recano in cortile con gli studenti del l’università, mentre i docenti sono ospitati da padre Dutto, che inse gna biologia molecolare all’Uni versità di Iringa, dopo essersi spe cializzato in tale materia negli Sta ti Uniti. Ci confrontiamo sui programmi, parliamo dell’Hiv e dell’Aids. Padre Dutto ci fornisce una quantità di informazioni interessanti sui re trovirus, sul fatto che nel nostro or ganismo questi erano presenti già da prima che si differenziassero le razze, sul fatto che la ricerca sul l’Hiv ha permesso la mappatura del corredo genetico. Parliamo anche di scuola laica e di scuola privata. Ci dice che nel l’Università cattolica di Iringa non si chiede la religione per l’iscrizio ne: qui ci sono indifferentemente cristiani e musulmani... Non ci so no problemi di convivenza. Padre Dutto, uomo di grande cul tura, ci ricorda che la cultura è ca pace di far convivere e collaborare le diversità: è una bella lezione. C oncludiamo la nostra gior nata, affollatissima, come del resto tutte le altre, con la visita al centro della Consolata di Iringa, sede centrale della Conso lata in Tanzania. Gradevole incon tro e gradevole rinfresco. Rimaniamo affascinati dal bellis simo altare e dall’ambone nella cappella. L’altare, costituito da un enorme tronco di ebano, scolpito a bassorilievo con una rappresen tazione, di eccezionale plasticità, della natività fra le generazioni passate e future. Sull’ambone sono scolpiti episo di dell’Antico Testamento: Giona nel ventre della balena, il sacrificio di Isacco... A lla sera, riflessione. Siamo stati colpiti dall’efficienza del centro di padre Sordella. Ci interroghiamo sull’accoglien za da parte delle popolazioni loca li verso i missionari. Padre Alex ci racconta i suoi sei anni tra i sam buru nel nord del Kenya, i loro riti di matrimonio, il pascolo nomade, il consiglio dei saggi intorno al fuo co, le cerimonie per la promozio ne dei guerrieri e degli anziani. Ci interroghiamo sul fatto che i missionari diventano anziani e cer cano di «passare le consegne» ai locali, sul fatto che talvolta ci sono difficoltà dovute a culture e modi di essere differenti. Concordiamo sulla necessità di far crescere un popolo, aiutandolo, ma soprattut to dandogli gli strumenti per di ventare autosufficiente. Confrontiamo le realtà che ab biamo visto, così differenti: i bam bini di strada che dormono nei tu bi e quelli accolti nelle case fami glia e negli orfanotrofi... i malati di Aids e quelli che imparano a con vivere con il virus Hiv e a sperare nella vita... gli sfaccendati seduti sui marciapiedi di Dar Es Salaam e i falegnami, meccanici, calzolai da padre Sordella... Non si può dire: Africa e sempli ficare. Bisogna saper cogliere e raccontare le mille sfaccettature di una realtà complessa; bisogna ave re spirito critico e capacità di co gliere i lati positivi. Ciò che abbia mo visto è povertà, ma anche de siderio di riscatto, stenti ma non bellicosità, malattia e speranza di guarigione, fatica e capacità di aiu tare e condividere. ● Padre Angelo Dutto parla dell’Università in cui insegna biologiamolecolare.

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