Missioni Consolata - Settembre 2008
MISSIONI CONSOLATA MC SETTEMBRE 2008 37 si in braccio e li coccoliamo un po’. Fabia e Francesco non vorrebbero andarsene mai. Padre Alex ci spiegherà poi che il tendere le mani è un saluto che indica rispetto, e non l’invito a prendere i bambini in braccio... Ma questo contatto è stato importan te per noi e credo anche per que sti piccolini, dai grandi occhi scuri imploranti e dal visino triste. Giochiamo e cantiamo con i bim bi della materna. Ci dispiace non avere più a disposizione le cara melle o la cancelleria, che abbiamo lasciato a Dar, alla Procura, per non appesantire i bagagli. Padre Alex ci spiega che questi orfani sono a tutti gli effetti figli adottivi delle suore e che ad esse lo stato chiede conto. Si possono aiutare con le adozioni a distanza. Per una adozione, padre Alex chie de 120 euro all’anno. Mi piacereb be che la nostra scuola fosse ca pace di adottare alcuni bambini... magari uno per classe, perché no? A lla sera, a Iringa, dopo la no stra solita cena a base di ri so, pollo, verdura e spezza tino (tutto pulito e sano, la varietà talvolta lascia un po’ a desiderare, ma non ci lamentiamo certo, anzi tutti ci riteniamo dei privilegiati), facciamo un momento di riflessio ne, mettendo a tema la nostra ca pacità di incontrare chi è diverso da noi e di prenderci cura di chi è in difficoltà. Incontriamo padre Gabriel, del Kenya, conoscente di padre Alex; padre Gabriel ha studiato in In ghilterra, è stato in Italia e parla be ne la nostra lingua. Ha lavorato in Uganda e in Tanzania, a Sadani. A Iringa ha aperto una scuola secon daria. Ci spiega che la scuola se condaria dura quattro anni, dopo la quarta i ragazzi possono sce gliere una specializzazione e per fezionarsi due anni prima di iscri versi all’Università. Ci spiega che si studia anche fi losofia, che è la filosofia occiden tale. In Tanzania non c’è una tra dizione filosofica, anche se c’è una saggezza popolare da recuperare. Il saggio, ci dice, «è colui che ha esperienza ed è capace di usare ta le esperienza per cambiare la vita». Parliamo anche dei modelli di sviluppo, di comunismo e capitali smo, della politica di Nyerere. Padre Gabriel ci invita a visitare la sua scuola. ● traversa corsi d’acqua che hanno invaso la strada... il tutto fra una vegetazione lussureggiante e dol cissime colline verdi, che si sten dono a perdita d’occhio. A Tosamaganga siamo colpiti dagli edifici della missione: fra grandi alberi di stelle di natale fio riti e alberi dai bellissimi fiori aran cione, su una grande spianata si stendono gli edifici della missione e la grande chiesa, costruita nel 1935 sulle forme della cattedrale di Mogadiscio. Tutti gli edifici so no di mattoni rossi, molto grandi e ben tenuti. I missionari sono quattro, e so no molto anziani. Padre Giovanni Giorda ha 81 anni e la pelle cotta dal sole. È qui dal 1952; è arrivato per nave da Venezia, passando per il canale di Suez. È rimasto 10 an ni senza tornare in Italia. Ci parla della missione, del fatto che i mis sionari sono arrivati in Tanzania nella seconda metà del XIX secolo; Tosamaganga è stata raggiunta dai benedettini della Baviera, ai tempi della dominazione tedesca, verso la fine del XIX secolo. Nel 1919 gli inglesi favoriscono l’in gresso di missionari italiani che si stabiliscono a Tosamaganga. Padre Giorda ci porta al cimitero, dove, accanto ai benedettini, sono sepolti decine di giovani missiona ri italiani, morti prima dei 30 anni soprattutto a causa della malaria. Con grande commozione troviamo la tomba di suor Adolfa Navoni, zia della prof. Gobbi dell’Agnesi di Mi lano. Anche questa missionaria è stata qui lunghissimi anni, e qui è morta. Flavia, allieva della prof. Gobbi, posa commossa sulla tom ba alcuni fiori di campo, e tutti in sieme recitiamo una preghiera. Padre Giorda ci accompagna poi all’orfanotrofio di Tosamaganga, gestito da suore locali e da una vo lontaria italiana, Loredana, arriva ta da una settimana e intenziona ta a stare qui per un anno. Ci sono bambini di diverse età. Ci colpisce il nido, dove bambini anche piccolissimi recano sul viso la paura e la sofferenza di una vita pesantemente segnata fin dal suo nascere. Nello stanzone dove si trovano i lettini dei bimbi più gran dicelli, fra i due e i tre anni, c’è buio e puzzo... I lettini con le sbarre di ferro sono tantissimi, attaccati l’u no all’altro. Ci si stringe il cuore. I bambini ci tendono le mani: noi pensiamo che vogliano essere pre date rispondono alle necessità... È inutile che arrivino migliaia di si ringhe nel momento in cui non ser vono. Il dottor Nicola ci spiega che le organizzazioni internazionali di aiuto ai paesi del terzo mondo hanno una struttura complessa, che assorbe, per il funzionamento interno, circa l’80% dei fondi repe riti; meno del 20% sono i fondi che realmente arrivano alla gente a cui sono destinati. A circa 20 km da Iringa, sulla strada per Mbeya, si trova il sito archeologico di Isimila. In una piccola conca di sabbia bianca si trovano due capanne a proteggere i reperti risalenti a cir ca 60mila anni addietro. I resti fos sili di alcuni animali, qui ritrovati, sono ora al museo di Dar Es Sa laam, ma qui si vedono ancora utensili e armi di pietra usati da ho mo habilis : raschiatoi, asce, rudi mentali martelli... Con la guida proseguiamo a pie di per il sentierino nella savana e dopo circa un quarto d’ora arrivia mo a una valle, dove bizzarre co lonne di pietra rossa, alte fino a dieci metri, si susseguono a mura glie rosse frastagliate e a camini svettanti contro il cielo azzurro ter so. Ci spostiamo in questo pae saggio fantasmagorico, cammi nando dentro un fiumicciatolo dal le acque bianche che solcano le costruzioni rocciose. L asciata Isimila ci rechiamo a Tosamaganga, la prima mis sione della Consolata in Tan zania. Tosamaganga non è molto distante da Iringa, ma raggiunger la è un’impresa; il pullmino varca voragini aperte nella sterrata e at Isimila, caratteristici camini nel parco archeologico.
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