Missioni Consolata - Settembre 2008

DOSSIER 30 MC SETTEMBRE 2008 M i alzo alle sei del mattino per la messa in kiswahili. Concelebrazione di una dozzina di prelati, partecipazione di una quarantina di sacerdoti. Molte suore, che partecipano con il canto: bellissimo. C’è una linea melodica, decisa e dolce, accom pagnata da una polifonia di voci che fanno bordone sui toni bassi. D opo la colazione con i nostri automezzi ci rechiamo ver so nord, diretti alla scuola superiore privata « Colleta Memo rial School », dove ci accoglie il di rettore della secondaria, Severino Kayanda, un giovane docente tan zaniano. Portiamo il nostro materiale da cancelleria e incontriamo i ragazzi delle superiori, con i quali, in in glese, ci scambiamo domande e informazioni sulle caratteristiche delle reciproche scuole. Dopo un po’ «rompiamo le file»: ci uniamo ai ragazzi e parliamo a piccoli gruppi, facendo amicizia, ragazzi con ragazzi e docenti con docenti. Rafiki (amico): accanto all’ingle se che usiamo per parlare è bello usare qualche espressione in ki swahili. Nell’edificio di fianco ci accolgo no i ragazzi delle medie, in divisa verde, che ci cantano il benvenuto in inglese. Con una capacità di coordinamento eccezionale, can tano e danzano facendo cerchi, sfi lando in linee che si intrecciano e si scompongono. L’atmosfera si ragazzi cantano e infine tutti si uni scono in un’unica grande danza, animata dal rullare dei tamburi. U n po’ a malincuore li salutia mo e ci dirigiamo a nord, ver so Bagamoyo, il porto reso tristemente famoso dalla tratta de gli schiavi. «Bagamoyo» significa: qui lascio il mio cuore. Nel secolo XVII e XIX la tratta degli schiavi, ad opera soprattutto dei mercanti ara bi, ma anche dei portoghesi, olan desi, francesi e inglesi, si sviluppa in tutta l’Africa, affiancandosi al commercio tradizionale. Gli schia vi, razziati nelle regioni interne, spesso intorno alla zona dei gran di laghi, venivano trascinati in ca tene per un cammino di giorni e giorni, spesso di mesi, in mezzo a savane desertiche dove molti mo rivano per gli stenti e per la fame. Rinchiusi nelle prigioni sotterra nee di Bagamoyo, fatti «ingrassa re», venivano ammassati in fragili imbarcazioni per raggiungere le piantagioni di chiodi di garofano, di canna da zucchero... Pare che dei 17 milioni di schiavi catturati, 15 milioni siano morti di stenti prima di arrivare alla destinazione finale. A Bagamoyo visitiamo il piccolo ma interessante museo, dove so Gruppo di alunne della scuolamedia «Colletta Memorial School». Alunne della scuola superiore. Bagamoyo 3.4.08 giovedì IL PORTO DEGLI SCHIAVI

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