Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2008

finanziate da diverse organizzazioni, hanno iniziato questo centro, attuando uno dei loro carismi: la consolazione. I rappresentanti del- l’Istituto magistrale Agnesi di Mila- no, a nome di tutti, lasciano un aiu- to come segno che riconosciamo lo sforzo fatto e vogliamo versare la nostra goccia d’olio sulle ferite. C on una passeggiata di mezz’ora, all’ombra di euca- lipti e tra piccoli campi semi- nati a granoturco, patate dolci, fian- cheggiando molte scuole circonda- te di fiori, alberi di ogni specie, comprese le piante grasse che noi in Italia teniamo nei vasi, arriviamo alla sede dei missionari della Con- solata. Siamo subito invitati per un tè, in compagnia di padre Lino Gal- lina, responsabile della Procura di Iringa. Rifocillati per benone, saliamo sui famosi «Massi parlanti» ( Gangi langi in lingua locale). Sono due enormi massi erratici che si appoggiano l’uno all’altro, della dimensione di un condominio di 10 piani. Da quel luogo possiamo ammirare il miglior panorama di Iringa. La tradizione dice che Mkwawa, il più famoso dei capi wahehe veniva qui ad ascoltare la voce del Creato- re. Famoso perché sconfisse i tede- schi nel 1892, quando questi tenta- vano di sottomettere il territorio della regione di Iringa. In seguito però, i colonizzatori si riorganizzaro- no e nel 1894 bombardarono le for- tificazioni erette attorno al suo vil- laggio di Kalenga, nei pressi di Tosa- maganga, finché, dopo 4 anni di guerriglia, venduto da uno dei suoi per 500 rupie, cadde in una imboscata e si suicidò per non cadere nelle mani del nemico. La sua testa venne portata in Germania e messa nel museo antropologico di Brema. Nel 1954 la Germania la restituì ed ora è esposta in un sacrario a Kalenga che fu la capitale del suo regno. «Non pensavo mai più che il Tanzania fosse ricco di una storia così gloriosa - dice un professore -. Nei programmi di storia l’Africa è completamente ignorata». Questa scalata sui Massi parlanti ci ha insegnato che i wahehe erano fieri delle loro tradizioni e attaccati alla loro terra. Si sono opposti con coraggio all’invasione dello stranie- ro. La schiavitù era appena passata e non ne volevano una seconda. I missionari protestanti e cattolici essendo bianchi erano visti con sospetto. Solo il loro amore e dedi- zione per la gente li ha resi accetti e amati da tutti. La lezione per il gruppo dei 30 è stata molto chiara. Negli stereotipi degli europei è radicata l’idea che l’Africa non ha storia importante da vantare. Si è scritta la storia volendo dimostrare che i popoli africani ave- vano bisogno della colonizzazione per svilupparsi e che nelle loro tradi- zioni non c’era niente da conservare. L a città-famiglia della Consola- zione, Faraja House , fondata e diretta da padre Franco Sordel- la, è stata riconosciuta da tutti noi come un modello vincente per rein- tegrare nella società i ragazzi che ne erano stati rigettati. Gli studenti hanno notato che la musica è uno degli elementi positivi nel curricolo educativo per gli 80 e più ragazzi che hanno trovato un posto accogliente per rinascere. Padre Franco fa leva anche sulla musica essendo un elemento trai- nante nell’animo dei tanzaniani. Nella scuola elementare e media di Bakili Mulusi i nostri giovani si sono uniti nella « ngoma » (danza tradizio- nale). Hanno gustato dal vivo quale ricchezza la musica e la danza han- no nel cuore degli africani. Unitisi alla danza hanno vissuto un momento terapeutico corale. «Grazie, ragazzi tanzaniani, che ci avete dimostrato che si può passare un momento di felicità socializzando con la musica dal vero, a contatto con persone vere e viventi, danzan- do e battendo i tamburi. Grazie che ci avete fatto capire che gli hipod , pur con musiche bellissime, ci isola- no dal mondo e dicono a chi ci incontra «non mi interessi, io sto bene con me stesso e con la mia splendida musica e questo mi basta». Nello scambio culturale abbiamo imparato che la musica tradizionale, « ngoma ya kiasili » (musica degli antenati) è un’altra pagina stupen- da della storia del Tanzania. È ormai quasi scomparsa, però si conserva- no tantissimi brani nell’archivio della Radio Tanzania. Era la scuola senza banchi, era per vivere momenti felici e tristi, traghettare la gente dalla dura realtà a un mondo di sogni e desideri. Il potere ipnotico di molte musiche tradizionali non è solo estetico, ma ha una funzione precisa: i ritmi ossessivi dei canti di lavoro servono a non far sentire la fatica; i canti per la circoncisione servivano per pre- parare il ragazzo al dolore; mentre i canti eterei rituali hanno una fun- zione di comunicazione con il Crea- tore e con i defunti che non sono completamente morti finché sono ricordati. I l nostro viaggio, così breve, non ci ha dato la possibilità di cono- scere altri aspetti positivi della gente del Tanzania. Abbiamo visto rapidamente anche alcuni aspetti negativi, sui quali insistono anche i media italiani. Il contatto intercultu- rale ci ha insegnato a guardare alla realtà con più oggettività e umiltà, pronti a imparare, pronti ad apprez- zare chi aiuta gli altri e chi si sforza con mezzi limitati a raggiungere un progresso dignitoso. Alessandro Moreschi Abbraccio a un bambino dell’orfanotrofio. MC LUGLIO-AGOSTO 2008 71

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