Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2008
AFRICA I n pochi mesi il prezzo del barile di petrolio (unità di misura pari a 159 litri) è schizzato da 70 dol- lari a 135 (nel momento in cui scriviamo). E ce ne accorgiamo subito quando andiamo a fare il pieno di carburante. Ma l’aumento incide su tutti i tra- sporti e quindi sui generi trasportati. Il prezzo del barile trascina quindi con sé il costo di tutto quel- lo che consumiamo nel quotidiano. Ma si tratta del prezzo reale del greggio? Quali sono i meccanismi che hanno portato a questa cre- scita improvvisa? Ce lo spiega Xavier Harel , gior- nalista esperto in questioni petrolifere e africane. «L’ aumento del costo del petrolio è il ri- sultato di una domanda che cresce mol- to rapidamente da parte dei paesi e- mergenti, soprattutto Cina e India, ma anche Me- dio Oriente e paesi del Golfo. Crescita combinata con una produzione che ha difficoltà a seguire. Questo crea una forte tensione tra la domanda e l’offerta su tutta la filiera petrolifera. Ci sono 1,4 miliardi di cinesi con 16 automobili ogni 1.000 abitanti (quando negli Usa si parla di 812 e in Italia di 588). Ma il loro livello di vita è in aumento, si compreranno la macchina e inizieran- no a consumare carburante. Quando si parla del 20% della popolazione mondiale, l’impatto sul con- sumo di petrolio è considerevole. Alla fine degli anni ‘90 i paesi Opec (Organizza- zione dei paesi esportatori di petrolio) avevano una capacità di produzione non utilizzata dell’ordine di 10-12 milioni di barili al giorno. Questo vuol dire avere impianti pronti e funzionanti che aprendo un po’ di più il rubinetto potevano aggiungere sul mer- cato queste quantità. Oggi se gli stessi paesi deci- dono di aprire si aggiungono solo 2-3 milioni di ba- rili al giorno. Si dice che il mercato è in “fuga”. S econdo problema: le grandi compagnie petro- lifere private producono solo il 15% del greg- gio e i paesi produttori non hanno necessaria- mente voglia di investire nella produzione. Recentemente c’è stata una dichiarazione del re dell’Arabia Saudita Abdoullah il quale non vuole mettere in produzione nuovi giacimenti, perché li vuole conservare per le generazioni future. La domanda mondiale è di circa 87 milioni di ba- rili al giorno, e l’Arabia (che ha le più grandi riser- ve del mondo) ne produce 11 milioni e non vuole metterne di supplementari. Subito dopo viene la Russia, con quasi 9 milioni, ma la sua produzione sta diminuendo. Poi il Messico che è un grande e- sportatore, ma la sua produzione diminuisce mol- to rapidamente. In Venezuela la produzione sta- gna. Per i più grossi produttori, i grandi giacimenti stanno andando verso l’esaurimento e la diminu- zione di produzione è rapida. Questo crea un’in- quietudine sul mercato, per i prossimi 2, 3, 5 anni. Q uestione di riserve? Non è solo una questio- ne di riserve, ma anche di estrazione. Si sta cercando del petrolio “non convenzionale”, come le sabbie bituminose (Canada) e petrolio ex- tra pesante (Venezuela). L’estrazione è estrema- mente cara, ma oggi è diventata redditizia. Se si considerano le riserve del petrolio extra pe- sante il maggior produttore al mondo diventa il Ve- nezuela. I giacimenti sono colossali. Ma la questione è metterli in produzione. E i paesi ricchi di petrolio non convenzionale decidono di gestire loro le pro- prie ricchezze. Ad esempio il Venezuela non inve- ste massicciamente nell’estrazione ma preferisce tenere il petrolio per il futuro. C’ è anche della speculazione che è la punta dell’iceberg. Il petrolio viene venduto in an- ticipo. Gli industriali acquistano i diritti di avere petrolio a 5 anni (ma anche a tre mesi). Il pa- drone di una raffineria ha bisogno di essere sicuro che gli consegneranno petrolio in modo continuo, per poter produrre la benzina. Quindi acquista sul mercato un diritto che garantisce che in un mese gli daranno del petrolio a 130 dollari. Ma può anche acquistare un diritto a 5 anni. Oggi si sta ven- dendo il petrolio del 2016. In que- sto caso c’è speculazione nel sen- so che esistono fondi di investi- mento che fanno delle scommesse, ma alla fine si arriva a un contrat- to d’acquisto di petrolio fisico. La speculazione può funzionare un momento, può amplificare il prezzo. Ma se il petrolio è così ca- ro oggi è perché c’è un vero pro- blema». (a cura di Marco Bello) CARO BARILE, MA QUANTOMI COSTI? L’impennata del prezzo del petrolio
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