Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2008
DOSSIER 38 MC LUGLIO-AGOSTO 2008 T enzin Gyatso, conosciuto in tutto il mondo come il XIV Da- lai Lama, incarnazione del Buddha della compassione Ava- lokitesvara, è, dal 1959, anno in cui fuggì in India, la figura chiave della lotta tibetana contro la Cina. Nel 1989 gli è stato conferito il pre- mio Nobel per la Pace. Iniziamo con una domanda ov- via, ma che suscita sempre per- plessità: perché nel 1959 ha la- sciato il Tibet? Perché se fossi rimasto, i cinesi mi avrebbero preso in ostaggio e questo avrebbe potuto causare una sollevazione popolare. Cosa ha dato l’esilio a lei e ai ti- betani che l’hanno seguita? La consapevolezza che la via del Buddha è l’unico insegnamento adatto per noi tibetani. Seguendo gli insegnamenti buddisti abbiamo riscoperto un nuovo vigore della vi- ta. Sì, posso dire che l’esilio mi ha migliorato. Per questo posso rin- graziare i cinesi. Democrazia per il Tibet. Questo è quanto lei chiede per la sua ter- ra. Nel passato i suoi predeces- sori non sono però stati dei cam- pioni di democrazia. Sì, è vero. È per questo che, una volta assicurata al Tibet l’autono- mia, mi ritirerò perché la mia figu- ra potrebbe essere d’ingombro a un cammino democratico. Perso- nalmente, poi, sono vecchio e non voglio ricoprire alcuna carica pub- blica. Diciamo che andrò in pen- sione, farò il Dalai Lama a tempo pieno, dedicandomi alla disciplina buddista. Che obiettivo si pone come guida spirituale e politica dei tibetani? Fermare il genocidio culturale in atto. Ma per fermarlo bisogna crea- re i presupposti per un dialogo con Pechino. Ho già detto più volte che non voglio l’indipendenza del Ti- bet, ma l’autonomia all’interno della nazione cinese. Osservando le manifestazioni in atto in Europa, in America, in In- dia e Nepal, i sostenitori della causa tibetana portano striscio- ni inneggianti all’indipendenza tibetana, non all’autonomia. Siamo sicuri che all’interno del suo governo tutti lottino per la stessa causa? Non possiamo dar torto alla Cina quando chiede una prova tangibile dell’unità di intenti nel suo governo. Free Tibet non significa necessa- riamente Tibet indipendente. Si- gnifica solamente che vogliamo che la Cina interrompa la politica di aggressiva colonizzazione, ac- cettando che i tibetani ricoprano posizioni di vera responsabilità al- l’interno del Tibet. Già ora le ricoprono: Qiangba Pungcog, presidente della Regio- ne autonoma tibetana è tibetano. Tibetano, ma anche filocinese. Allora dovreste essere più chiari e dire che non è questione di met- tere figure tibetane all’interno del governo, ma figure ben spe- Sua santità Tenzin Gyatso, 14° Dalai Lama (Oceano di Saggezza), guida politico-religiosa della nazione tibetana, in esilio dal 1959. Intervista al Dalai Lama SÌ AL DIALOGO ( PURCHÉ SIA SERIO ) Lo abbiamo incontrato nella sua residenza in esilio a Dharamsala (India), durante la rivolta anticinese a Lhasa; nonostante la dura repressione, il Dalai Lama continua a credere nel dialogo con Pechino, per la creazione di un Tibet democratico e autonomo. Purché i negoziati siano seri.
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