Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2008
MISSIONI CONSOLATA L a storia, insegnano i cinesi, è una spirale: pur essendo in continuo movimento, ciclica- mente ritorna su se stessa, ripro- ponendo eventi già accaduti nel passato. Le manifestazioni avve- nute recentemente in Tibet sono la conferma di questa teoria. Cina e Mongolia hanno sempre cercato di controllare gli altipiani tibetani, influenzando inmodo de- terminante la cultura della regio- ne. I mongoli, ad esempio, hanno condotto la setta dei Gelukpa a prevalere su quella degli Sakya, dando inizio alla discendenza dei Dalai, termine mongolo che signi- fica «oceano», e di cui il lama Ten- zin Gyatso è oggi il XIV rappresen- tante. Ma nel dizionario tibetano esiste un altro concetto, indispensabile per capire i meccanismi che hanno segnato le fasi storiche della re- gione: cho-yon . Tradotto in modo approssimativo, cho-yon indica la relazione secolare che lega un maestro spirituale al suo protetto- re laico. Presenza ingombrante e violenta La storia del Tibet, sin dal XII se- colo, quando i mongoli si affaccia- rono in queste lande, si è sempre basata su questa immagine della doppia relazione. L’abilità o meno dei vari governanti nell’ammini- strare questo rapporto, ha sposta- to l’equilibrio del potere verso Lha- sa o verso Pechino. Il fatto è che i vari regnanti tibe- tani non hannomai mostrato gran- di capacità nel manipolare l’arte del governo: le rivalità tra i vari mo- nasteri, vere e proprie città stato appartenenti alle diverse sette buddiste e ognuno con propri eserciti di monaci guerrieri, hanno costretto i Dalai Lama o i loro reg- genti a chiedere l’aiuto ora della Ci- na, ora della Mongolia, sino a ri- volgersi addirittura alla Russia za- rista, per mantenere unito il paese. La presenza cinese in Tibet si è sempre mostrata ingombrante, e spesso violenta, in particolar mo- do durante gli ultimi anni dell’im- pero Manciù, quando il generale Zhao Erfeng era soprannominato il «macellaio dei lama». Da parte lo- ro, i governanti tibetani non han- no mai fatto nulla per ricercare simpatie altrove. L’unico tentativo di allacciare relazioni diplomatiche con un paese occidentale, fu fatto con la Germania di Hitler, la cui ammirazione per le religioni orien- tali e per la teosofia di Madame Bla- vatsky portava i suoi interessi nel- le regioni indoeuropee. Una pagi- na non proprio edificante che oggi i tibetani cercano di nascondere. È in questo contesto che i cinesi di Mao Zedong sono arrivati in Ti- bet, all’inizio accolti con favore dai monasteri fedeli all’altra autorità spirituale del paese: il Panchen La- ma, allora in disaccordo con il Da- lai Lama. La politica maoista fu quella di mantenere lo status quo della regione, evitando cambia- menti repentini e iniziando un dia- logo con il Dalai Lama sulla base del cho-yon . Fu invece sopraffatto dagli even- ti. Nel 1959 il segretario del Parti- to comunista dello Sichuan, Li Jing- quan, contro il volere dello stesso presidente, diede inizio alla politi- ca d’integrazione totale: le pro- prietà vennero requisite, i mona- MC LUGLIO-AGOSTO 2008 33 Lhasa, il palazzo-monastero del Potala, ex residenza del Dalai Lama.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=