Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2008
28 MC LUGLIO-AGOSTO 2008 CULTURE renti personalità, il rapporto con il defunto, il tipo di decesso, se im- provviso o“atteso”, altri lutti recenti in famiglia e soprattutto se era una relazione pacifica o conflittuale. In questo caso, quando non è più pos- sibile ricucire i conflitti e permango- no“sospesi”verbali e affettivi, tutto si complica». Per non passare dal dolore della perdita al dramma della non accet- tazione e all’incapacità di ricomin- ciare a vivere, esiste un antidoto che si possa iniziare a prendere da «vi- venti»? «Sicuramente più sincera e autentica è la relazione tra le perso- ne, meno il tema della morte diven- ta tabù e più diventa semplice salu- tarsi. Per quanto possibile è dunque fondamentale cercare di esternare i disagi e i conflitti, esprimerli e trova- re insieme delle soluzioni. E soprat- tutto non nascondere“segreti signi- ficativi”, taciuti importanti della pro- pria vita, che possano venire alla luce dopo il decesso della persona e che possano danneggiare l’altro, mettendo alla prova l’autostima e obbligandolo a ridefinire un passato che ormai trova impregnato di fin- zione». GRUPPI DI MUTUOAIUTO In una società centrata sull’indivi- duo e sull’individualismo non si sen- te la necessità di ritualizzare il lutto, di risocializzarlo? Quanto siamo cambiati e quanto si è modificata socialmente e storicamente l’espe- rienza del lutto? Marina Sozzi, docente di tanatolo- gia (parte della psicologia che stu- dia l’elaborazione del lutto) presso l’Università di Torino e Direttrice scientifica della Fondazione Fabretti, ci spiega: «In Occidente, fino agli ini- zi del Novecento, la morte di una persona si costituiva come evento sociale e pubblico. In diverse zone dell’Europa meridionale, in partico- lar modo in quelle rurali, esistono ancor oggi diversi rituali che coin- volgono gran parte della comunità. Queste modalità permettono di “addomesticare”la morte. È invece peculiare della nostra e- poca moderna evitare il disagio e- motivo che causa il morire. Respin- gere e dissimulare la morte compor- ta però un alto prezzo da pagare. La sofferenza interiore per la perdita e la solitudine che l’accompagna in- crementa le sindromi depressive e la difficoltà a ritornare a una vita nor- male». Sembrerebbe quasi che parlare di morte sia diventato osceno e che la tristezza non possa essere manife- sta. La privatizzazione del lutto, dun- que, l’ha reso un evento troppo psi- cologizzato e poco sociale. Esistono rimedi o progetti per riconsiderarlo a livello comunitario e far sì che la gente si senta meno sola? «La Fondazione Fabretti di Torino ha recentemente aperto un servizio di supporto al lutto totalmente gra- tuito che comprende uno sportello in città, gestito da uno psicologo e- sperto inmateria, alcuni gruppi di mutuo aiuto, una campagna infor- mativa presso i cittadini, la formazio- ne dei medici di base e la collabora- zione con la curia e con le molteplici associazioni di volontariato.Questo dovrebbe creare una rete di solida- rietà estendibile a macchia d’olio, una specie di comunità protettiva per arginare stati di solitudine». Nello specifico come si differen- zierà lo sportello dai gruppi di mu- tuo aiuto e come sensibilizzerete gli operatori sanitari? «Lo sportello si traduce in un cen- tro di ascolto in cui è lo psicologo a valutare quali strade consigliare al- l’utente. I gruppi di mutuo aiuto, che nei paesi anglosassoni esistono già da diversi anni, si basano sulla for- mazione di gruppi che“condivido- no” il medesimo disagio. Il mutuo aiuto inizia con l’auto aiuto, ossia nel momento in cui la persona ricono- sce l’esistenza di un problema e si attiva per risolverlo. L’esperienza di condivisione giova a esprimere i propri sentimenti, a ri- flettere sulle proprie modalità di comportamento, ad aumentare le capacità individuali nel far fronte ai problemi, sia psicologici sia pratici. Ma anche a incrementare la stima di sé e a facilitare la nascita di nuove relazioni sociali e di una migliore qualità della vita.A supportare il gruppo ci sarà un esperto, non per tecnicizzare ma per pilotare le dina- miche emotive. La sensibilizzazione e la formazio- ne presso i medici di base faciliterà invece la possibilità di dar valore a una relazione umana medico-pa- ziente inmodo tale che l’operatore sanitario individui campanelli d’al- larme importanti nelle persone in lutto e sappia indirizzarli verso il no- stro servizio. Si cercherà inoltre di coinvolgere la curia affinché si creino nuove figu- re di assistenti spirituali,meno at- tenti all’orologioma più aperti al dialogo e pronti a ridare speranza nella vita». IMMIGRAZIONE E LUTTO OVVERO: ADATTARSI Un’operazione capillare, dunque, per sanare ferite ma anche per ricor- dare al mondo che senza la condivi- Immigrate rumene in coda all’ufficio stranieri di Torino.
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