Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2008
KENYA do,ma la tristezza rimane. Il pensiero va alle case bruciate o saccheggiate, ai bambini senza scuola e futuro in- certo, all’insicurezza generale, al ti- more dei vicini di etnie diverse. Come tornare a casa, ricostruire, se sono stati proprio i tuoi vicini a bru- ciarti la casa e rubarti tutto? I grandi, le autorità fan presto a dire «tornate a casa»;ma quale casa? E chi offrirà la sicurezza necessaria? La polizia? Sì, di giorno si fanno vedere,ma «gli altri» si muovono di notte. Intanto la gente arriva alla spiccio- lata, per tutti c’è l’ uji bollente,men- tre un gruppo di donne e di ragazze (a turno) stanno già lavorando per il pranzo.Oggi è githeri (mais a fagio- li), più cavoli e zucche. Primo passo è la pulizia e selezione del granturco e dei fagioli. I larghi coperchi delle pentole diventano setacci,mani ve- loci, occhi svelti, concentrazione, tanti sorrisi e poche parole, la sele- zione va veloce. In poco tempo due grosse pentole borbottano sul fuo- co per le tre-quattro ore necessarie al- la cottura. La scena ha un suo fascino indicibile: il fumo, il sole, la pula, i co- lori dei vestiti...provo e riprovo a cat- turare l’atmosfera grazie alla flessibi- lità della macchina digitale. I POVERI DI SEMPRE... Il sole è ormai alto nel cielo; nella missione si vanno radunando due gruppi diversi, uno di fronte alla chiesa, l’altro nel campo di pallavolo. Davanti alla chiesa ci sono donne e vecchi, ciechi e no,quasi tutti turka- na (ben riconoscibili dai loro orna- menti), più alcuni samburu o di altri gruppi. L’aspetto tradi- sce l’estrema povertà. Sembra che in parti- colare gli immigra- ti turkana (immi- grati perché Rumuruti non era certo la loro area tradizionale, come non lo era delle altre etnie) trascuri- no i loro vecchi e i loro bambini. Questo gruppo comunque costitui- sce i poveri di sempre...oggi in com- petizione con i rifugiati dei cui privi- legi (razioni di cibo,distribuzione di coperte e vestiti) vorrebbero poter godere. Nel campo di pallavolo un grosso gruppo, donne in particolare, si stan- no radunando intorno al catechista PeterWambugu, incaricato di coor- dinare l’assistenza ai rifugiati in coo- perazione con la Croce Rossa. Sono i rifugiati che hanno cercato prote- zione nella stazione di polizia o in case di amici e conoscenti a Rumu- ruti, quasi duemila persone.Oggi è il giorno della razione settimanale, di- stribuita in collaborazione tra gover- no e Croce Rossa. Tutti si allineano in ordine per il rituale della registrazio- ne e del controllo dei nomi. C’è nell’aria mestizia, timidezza e pudore.Gente abituata a essere in totale controllo della propria vita, fa- miglie relativamente benestanti e contadini che riuscivano comunque a produrre il loro cibo, si trovano ora a mendicare e dover dipendere completamente da altri.C’è uno stri- dente contrasto tra il catechista che deve urlare i nomi per farsi sentire e il timido sussurro di chi deve regi- strare la propria indigenza. Chi è registrato si sposta verso l’aula-deposito, ammassandosi in o- gni zona d’ombra, visto che il sole è La faccetta vispa di un bambino... difficile dire quanto si renda conto della situazione. Dopo una notte passata a dormire sul pavimento freddo, niente di meglio che riscaldarsi al sole in attesa della colazione.
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