Missioni Consolata - Giugno 2008
72 MC GIUGNO 2008 MGONGO (TANZANIA) ALTRE STORIE DI CONSOLAZIONE È già passato un anno dall’ulti- ma volta che mi son fatto vivo. Troppe cose avrei da raccon- tare! Alla fine di novembre abbiamo avuto la graduation, cioè la conse- gna dei diplomi a 14 giovanotti che hanno finito la Scuola tecnica: gran- de festa, ma soprattutto tanta sod- disfazione per gli oltre 100 ragazzi che in questi anni hanno imparato un mestiere e possono essere auto- sufficienti. Anche per le cresime grande festa: altri nove cristiani «adulti» per il mondo di oggi! Grandi battimani anche per le nuove cinture nere e marrone del karate : sport-disciplina che fa molto bene ai nostri ragazzini, sia fisicamente che per la formazione del carattere. C’è stata una svolta «storica»: la Faraja House (casa della consola- zione) ha aperto i battenti alle pri- me bambine. Guru aveva meno di 3 anni quando è arrivata; era stata abbandonata in un bosco dalla mamma «ammalata» mentale, recu- perata grazie al suo pianto. Bella, simpatica e chiacchierina. La seconda è sieropositiva. Il padre l’aveva abbandonata assieme alla sorella più grande, dopo la morte della mamma: era convinto che il decesso fosse stato causato dal malocchio, per cui è sparito, lasciando le due figlie, di 6 e 3 anni, all’anziana nonna. Raccontano che, alla sera tardi, la nonna spesso tornava ubriaca e non riusciva ad aprire la porta per entra- re: quando sentivano rumore anda- vano ad aprire e l’aiutavano ad entrare poi si rincantucciavano in un angolo della cucina. Ora la bambina più grande si è ripresa bene ed è felice di andare a scuola. Non è facile «curare» un bimbo sie- ropositivo: la somministrazione degli antiretrovirali richiede conti- nua osservazione, ha bisogno di mangiare diverse volte al giorno e, soprattutto, deve sentirsi amato! Attualmente abbiamo sette bambini sotto cura e tutti stanno facendo ottimi progressi. I l 1° maggio abbiamo festeggiato il compleanno della Faraja House : sono passati 11 anni; i primi bambini accolti: Obadia, Chri- stopher, Malenga, Onesimo, Abi... sono giovanottoni; quest’anno alcu- ni andranno all’università. Abbiamo una trentina di ragazzi che frequentano le scuole superiori sta- tali. Purtroppo la scuola pubblica non aiuta a educare né i bambini né i grandi: il metodo pedagogico nor- male è «coercitivo», spesso condito di bastonate; non esiste dialogo, affetto, interesse per il singolo, incoraggiamento; buona parte degli insegnanti passano il tempo a chiacchierare tra loro ed entrano in classe solo per scrivere sulla lavagna ciò che gli alunni devono copiare sui quaderni o gli esercizi da fare nel più assoluto silenzio! Alcune «organizzazioni» sono impe- gnate nell’aiutare la formazione degli insegnanti, con seminars , libretti, slogans , come: «Batti il tamburo, non il bambino». Certo, non tutti i maestri sono così, ma le eccezioni sono rare! Per questo la scuola è mal sopportata dai bambini, che spesso si ribel- lano e scappano. Da parte nostra cerchia- mo di dare una mano con pazienza, amore e disci- plina. I nostri bambini hanno una giornata impegnativa: si alza- no alle 5.40, per avere il tempo necessario per le pulizie della casa, prepararsi e fare colazione. Per raggiungere la scuola devono camminare per una buona mezz’ora; ritornano alle 14.30 per la solita «polenta»; poi un po’ di lavoro per tutti: dare da mangiare al bestiame, giardinaggio e coltivazione nell’or- to, lavare i propri vestiti e divise... Seguono la partita a calcio, dopo- scuola, cena. I più piccoli spesso si addormentano su una panca e bisogna portarli a letto di peso. S ono tanti e meravigliosi. Si ammalano anche. Qualcuno ha gravi problemi di salute. Per fortuna c’è Anneth, l’educatrice- capo, che ha pazienza e sagacia delle donne africane e tanto affetto per i bambini, che la «sentono» come la propria mamma. Al sabato facciamo spesso un gran- de concorso originale: si chiama «acchiappa topi». Ogni volta sono una quarantina di roditori in meno; i gatti non bastano... e i bambini sono felici per i regali che si guada- gnano. Quante scenette e quante avventu- re con i topi! Qualcuno li cattura quando può e li mantiene in vita fino al giorno della gara, dando loro da mangiare e portandoseli a spas- so tenendoli al guinzaglio. A bbiamo anche qual- che tristezza. Alcune settimane fa, uno dei bimbi mi è morto tra le braccia all’ospedale di Tosamaganga. Era amato da tutti, buono e sereno, nonostante le grandi difficoltà di salute: un nuovo ange- lo in cielo per la Faraja e i suoi soste- nitori. Franco Sordella Panorama della missione di Mgongo: Scuola tecnica, chiesa e Faraja House. La maestra Anneth Mwachullah: da 11 anni si occupa dei ragazzi della Faraja House.
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