Missioni Consolata - Giugno 2008

MC GIUGNO 2008 67 di ricerca. Il laboratorio in questi anni è stato anche fonte di dibattito fra gli operatori della sanità locale e ha in- contrato difficoltà nell’essere compre- so dalla popolazione come elemento importante per la sanità. Il percorso non è dunque concluso, ma si hanno di fronte le sfide da cogliere, prima fra tutte la completa autonomia locale del progetto. MALATTIE UNITE ALLA POVERTÀ Quando Ivo de Carneri arrivò la pri- ma volta a Pemba erano in atto ricerche sulla schistosomiasi, che fa parte del gruppo delle malattie tropicali dimen- ticate. Queste malattie, oggetto di una relazione al Convegno, hanno come denominatore comune la povertà, nel- la quale prosperano e che loro stesse alimentano, ostacolando l’istruzione, le possibilità di lavoro, diventando cau- sa di emarginazione e isolamento per le lesioni e disabilità che provocano, ostacolando lo sviluppo economico. Ne sono elencate indicativamente 14 dall’Oms (colera/malattie diarroi- che, dengue/febbre emorragica di dengue, dracunculosi, elmintiasi, fila- riasi linfatica, lebbra, leishmaniosi, ma- lattia di Chagas, oncocercosi, schisto- somiasi, tracoma, treponematosi, tri- panosomiasi umana africana, ulcera di Buruli), indicativamente perché la lista può comprenderne altre. Nel mondo circa un miliardo di per- sone presenta una o più malattie di- menticate, presenti soprattutto in co- munità povere e isolate; la maggior par- te di queste malattie può essere preve- nuta o eliminata. Rappresentano una minaccia per la salute locale, ma hanno poco peso politico, sono economica- mente poco interessanti. Per alcune vi sono concrete possibilità di diagnosi e terapia, programmi di controllo su più malattie; per altre invece il percorso è più difficile, i farmaci sono vecchi, co- stosi o tossici. Molte sono trasmesse da vettori (insetti) e hanno collegamenti con l’ambiente; sono ben presenti in posti con acqua non sicura, condizioni igieniche sanitarie scadenti e accesso limitato a cure sanitarie di base. Le strategie nei confronti delle ma- lattie dimenticate seguite dall’Oms sono state oggetto della relazione di Albis Gabrielli, dell’Oms. Vengono di- stinte in due gruppi principali: le el- mintiasi, causate da elminti (vermi), vi- sibili a occhio nudo, e le protozoosi, causate da protozoi, non visibili a oc- chio nudo: «L’Oms è impegnata nell’e- laborazione di strategie globali che siano adattabili ai paesi in cui queste malattie sono presenti, cioè per la massima parte del Sud del mondo. La strategia per le elmintiasi, chiamata chemioterapia preventiva, consiste nel trattare a intervalli regolari, con farma- ci sicuri, efficaci e accessibili dal pun- to di vista del costo, interi gruppi di popolazioni che vivono in aree dove le malattie sono diffuse. La strategia contro le protozoosi prende invece il nome di approccio clinico intensifica- to. A causa di strumenti diagnostici e terapeutici vecchi e costosi, di difficile utilizzo e tossicità alta, non è possibi- le il trattamento di popolazioni, bensì individuale, a opera di personale spe- cializzato, che deve agire con una stru- mentazione adeguata. La strategia si focalizza pertanto sul garantire un ac- cesso al trattamento al numero più al- to possibile di persone». Ma uno degli aspetti critici della sa- nità nei paesi poveri è proprio la ca- renza di personale locale. Maurizio Bonati, dell’Istituto di ricerche farma- cologiche Mario Negri di Milano, ha tracciato un quadro del ridotto nume- ro di operatori sanitari, a partire dal- l’esperienza personale, da un lato di cooperazione in paesi del Sudamerica, con interventi in villaggi sperduti ove si cerca di portare aiuto ma anche di formare personale che possa prose- guire nel lavoro, dall’altro di formazio- ne in Italia di persone che dovrebbero poi portare le proprie conoscenze a vantaggio del paese di origine. Do- vrebbero, perché talora le condizioni locali non permettono l’utilizzo delle conoscenze acquisite o la persona stessa, una volta raggiunte capacità superiori, preferisce cercare lavoro in posizioni migliori all’estero. Si aprono dunque spunti di rifles- sione sull’importanza non solo della formazione di personale nei paesi del Sud del mondo ma anche di condizio- ni locali di lavoro che ne favoriscano il ritorno o la permanenza. LO SGUARDO DELL’ETICA Cooperazione, malattie dimenticate, operatori sanitari, Sud del mondo. Nel filo conduttore del Convegno è stata data la voce all’etica della salute e de- gli interventi. Laura Palazzani, della Lumsa (Libera università Maria ss. As- sunta) di Roma ha approfondito il te- ma della bioetica, a partire dai diversi tipi: etnocentrica, multietnica e inter- culturale; quest’ultima delineatasi in contrapposizione alle prime due: «La rilevanza della bioetica interculturale consiste nella ricerca critica di una continua mediazione e integrazione in- terculturale tra i diritti umani e le esi- genze specifiche delle diverse culture, nel tentativo di evitare la prevaricazio- ne, per affermare la logica relazionale della diversità nell’uguaglianza. In tal senso, il dialogo interculturale in bioe- tica non sarebbe né conflitto né accet- tazione passiva di un compromesso, ma piuttosto ricerca costruttiva di in- tegrazione». Una comprensione della bioetica in- terculturale come punto di partenza per ragionare sulla cooperazione sani- taria, l’equità sanitaria, la salute come diritto. Aspetti ripresi da Gaia Marsico, dell’Università di Padova (Bioetica- Scienze politiche), che ha parlato di accesso ai farmaci, ricerca nel Sud del mondo e ruolo della bioetica. Perché le domande sulla ricerca nei paesi poveri non possono prescindere dal chieder- si quali sono i bisogni reali e gli orien- tamenti della ricerca in generale: «Se vogliamo interrogarci sulle criticità e gli aspetti etici della ricerca nel Sud glo- bale (non solo in senso geografico), dovremmo partire dal senso, dalla rile- vanza e modalità della ricerca in gene- rale; delle ricerche che promuoviamo e vediamo svilupparsi nei nostri paesi. Da chi è disegnato questo progresso, in funzione di chi lo si costruisce?». Tanti interrogativi e questioni aper- te. Mettersi in discussione di fronte al- la sofferenza dimenticata di centinaia di milioni di persone, per capire il mo- do migliore di porsi e costruire, insie- me, una possibilità di vita uguale per tutti, indipendentemente dal luogo di nascita. ■ Il laboratorio di sanità pubblica costruito dalla Fondazione Ivo de Carneri a Pemba, isola dell’arcipelago di Zanzibar.

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