Missioni Consolata - Giugno 2008
MISSIONI CONSOLATA MC GIUGNO 2008 41 lute, istruzione e altre necessità vitali. Il mercato diventa l’unico criterio organizzativo e ammini- strativo e si trasforma in metro della nostra umanità al punto di rendere identitario ciò che alla fine degli anni Sessanta Erich Fromm poneva in termini alter- nativi: Essere o Avere. Oggi si è se si ha! Questo è il nuovo dogma e la mercantilizzazione del tutto il suo corollario. IL CAPITALE SENZA LIMITI E VINCOLI Gli effetti sono così devastanti da qualificare come terrorista per antonomasia il mercato stesso, così come Pasquale Gentili sul notiziario di Radié Resch n. 79: «Chi incute terrore, oggi, si chiama mercato... e que- sti si maschera dietro svariati personaggi, culture e anche reli- gioni! È un potentissimo terrori- sta, senza volto, che si trova ovunque, come Dio, e che, come Dio, crede di essere eterno. La sua lunghissima fedina penale lo rende temibile. Non ha fatto al- tro che rubare cibo, ammazzare posti di lavoro, sequestrare interi paesi e fabbricare guerre. Per vendere le sue guerre semina paure! Compie attentati che non compaiono sui giornali: ogni mi- nuto uccide di fame 12 bam- bini». Insomma il disastro è totale, con l’aggravante di una impo- tenza assoluta di intervento da parte della politica e perfino del diritto. Ci si chiede come si sia potuto arrivare a tanto, dopo le grandi conquiste che hanno accompa- gnato la nascita dello «Stato so- ciale keynesiano» all’inizio dello scorso secolo. A me sembra che la causa prin- cipale vada ricercata già in quella antica tradizione liberale che è propria dell’Occidente, secondo la quale l’unico potere che è stato tematizzato come oggetto di limiti e vincoli (si pensi allo «Stato di diritto») è il potere pub- blico, mentre invece il potere pri- vato è stato confuso, per una vecchia operazione ideologica, con la libertà. Il potere econo- mico, il potere del capitale, il po- tere della libera iniziativa econo- mica, i diritti civili stessi sono stati puramente e semplice- mente identificati con la libertà. NEOCOLONIZZAZIONE E DELOCALIZZAZIONE Su questo, che potremmo rite- nere l’ underground «culturale» si è venuto poi ad innestare il feno- meno della cosiddetta « globaliz- zazione » e che io più propria- mente chiamerei « neocolonizza- zione ». Con la globalizzazione, dun- que, si è imposta come prassi normale la « delocalizzazione » in forza della quale le imprese scel- gono l’ordinamento loro più con- veniente. In tal modo dislocano le loro produzioni nei paesi peg- giori dal punto di vista della tu- tela dei diritti, paesi in cui non esistono garanzie dal lavoro, in cui i salari sono bassissimi, in cui si può inquinare senza nessun li- mite, in cui si possono corrom- pere i governi, in cui pratica- mente si ha mano libera. Si veda il caso della Cina, là dove i salari sono addirittura 40 volte più bassi di quelli della Germania. Le ricadute sulle nostre società sono quanto mai devastanti: di- soccupazione, precarizzazione del lavoro, abbassamento dei sa- lari e via decadendo… Gli osservatori più acuti, una volta liberisti ad oltranza, di fronte a questo ritorno boome- rang dagli effetti destabilizzanti, incominciano a parlare, timida- mente, della necessità che gli stati, per i problemi nazionali, ed un ente sovranazionale, per i problemi internazionali, ripren- dano il loro ruolo di «garanti» in un movimento globale non più gestibile. La « mano provvidenziale » di cui parlava Smith è ormai scom- parsa dall’economia. Cionono- stante tutto continua come se nulla fosse. Nell’immaginario col- lettivo, cui fa da supporto anche una certa politica sedicente di si- nistra, c’è bisogno ancora di più mercato, più concorrenza, più crescita. «Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pe- core, ma dentro son lupi rapaci» (Mt. 7,15). «Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: è là, non ci credete. Sorgeranno in- fatti falsi cristi e falsi profeti e fa- ranno grandi portenti e mira- coli…» (Mt. 24,23-24). A qualcuno queste citazioni potrebbero sembrare strumen- tali, se non blasfeme. Non ci si scandalizzi. Se l’autore dell’Apo- calisse ha potuto individuare nell’Impero Romano la figura dell’anticristo, non spetta forse a noi, cristiani del terzo secolo, dare nome e cognome ai novelli falsi profeti? E non spetta ancora a noi dare voce e carne e sangue a quel Sogno di Dio perché non resti più sogno? Sogno di una uma- nità fraterna e compartecipe, in- cludente e coinvolgente, pacifica e pacificatrice. LA GRATUITÀ DELLA PIOGGIA (PER ORA) Fuori, al di là dei vetri appan- nati dall’umidità, il sole sembra forzare la primavera e la pioggia, non più equivoca, sembra ora più autentica. Lo scroscio ritmico si fa eco di danza e modula la sua musica sulle note profetiche di un monaco che, sembra, la Cia ha voluto zittire: «Lasciatemi dire una cosa, prima che la pioggia diventi una merce che “loro” po- tranno controllare e distribuire a pagamento. «“Loro” sono quelli che non rie- scono a capire che la pioggia è una festa e non apprezzano la sua gratuità, pensando che ciò che non ha prezzo non ha va- lore, che ciò che non può essere venduto non ha consistenza, per cui l’unico modo per rendere reale una cosa è metterla sul mercato. Verrà il giorno in cui vi venderanno anche la vostra piog- gia. Per il momento è ancora gra- tuita, e lascio che mi bagni. Celebro la sua gratuità e la sua il- logicità». Il monaco è Thomas Merton. Anno del Signore 1965. ■
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