Missioni Consolata - Giugno 2008

MISSIONI CONSOLATA MC GIUGNO 2008 35 dove gli Agnelli continuano a de- tenere il 30% del capitale. Ma il secondo azionista è una banca: Unicredito Italiano, con una quota del 5,2%. Il terzo azionista è di nuovo una banca, la Barclays Global Investors , una banca d’investimento che non inter- viene a nome proprio ma di clienti che le hanno affidato dei soldi da investire. Il quarto azio- nista è Fmr, un fondo comune di investimento che raccoglie de- naro tramite il versamento di tante piccole quote. Per quanto diverse per struttura e funzioni, Unicredito, Barclays e Fmr hanno in comune di non es- sere persone fisiche, ma istitu- zioni finanziarie che gestiscono capitale collettivo ottenuto in affi- damento da migliaia, se non mi- lioni di persone. L’emergere di colossi che gestiscono capitale collettivo, rastrellato in nome delle più varie funzioni, forse è la vera novità degli ultimi cinquanta anni. Strategie collettiviste in am- bito capitalista si confondono con strategie capitaliste in ambito col- lettivista a dimostrare che il po- tere usa le ideologie come sten- dardi al vento per avvolgere i po- poli e insalamarli. A livello mondiale, le strutture di investimento che raccolgono la maggior quantità di capitale col- lettivo sono le banche d’investimento, i fondi comuni, le assicurazioni, ma anche i fondi pensione. Il che fa capire come la decisione, attuata anche in Italia, di demolire la previdenza pub- blica risponda anche alla logica di fare un regalo alle banche e alle piccole dimensioni, spesso pos- sedute da privati più o meno fa- coltosi. In Italia stessa, il 98% del tessuto imprenditoriale è costi- tuito da piccole e medie imprese che in termini di fatturato non su- perano i 50 milioni di euro al- l’anno mentre da un punto di vi- sta occupazionale non vanno ol- tre i 250 addetti. Ma sul brulicare di tante formichuzze si stende l’ombra di pochi formiconi con corpi mastodontici. Secondo gli ultimi dati, le multi- nazionali sono 78.000 e control- lano 780.000 società disseminate in tutto il globo per un totale di circa 73 milioni di dipendenti. Da un punto di vista produttivo con- tribuiscono solo al 10% del pro- dotto lordo mondiale, ma control- lano il 60% dei flussi commerciali mondiali. Quanto ai profitti, le prime 500 da sole, nel 2006 hanno incassato 1.529 miliardi di dollari, pari al 3% del prodotto lordo mondiale. A seconda dell’attività svolta, dietro ad ogni multinazionale ci sono palazzi, mezzi di trasporto, macchinari, fabbriche, magaz- zini, miniere, campi. Mezzi di produzione che costituiscono il loro capitale. Fra le imprese indu- striali, quella con capitale più ele- vato è Toyota con 276 miliardi di dollari. In Italia la più grande è Telecom con 118 miliardi seguita dall’Eni con 116 miliardi di dol- lari. Molto più in là viene la Fiat con 76 miliardi di dollari e Finmeccanica con 31 miliardi di dollari. Delle quattro imprese no- minate, l’unica saldamente in mano ad una famiglia è la Fiat, A ll’inizio di questo millennio 51 fra le prime 100 economie mondiali sono multinazionali, e solo 49 stati. Sommando tra loro i prodotti interni lordi di tutti gli stati esistenti ad eccezione dei 9 più im- portanti (Italia compresa, almeno per ora) si ottiene una cifra inferiore al valore aggregato delle vendite annuali delle prime 200 società del mondo. Il fatturato di Wal Mart , il co- losso dei supermercati Usa, su- pera da solo il Pil di 161 stati nel mondo. I fatturati di Daimler Chrysler , General Motors e Ford sono superiori al prodotto in- terno lordo, rispettivamente, di Norvegia, Danimarca e Sudafrica. Non sorprende nemmeno più sa- pere che la capitalizzazione della Borsa cinese abbia superato il Pil del paese. Ecco i padroni del mondo: le corporations vanno considerate i veri protagonisti della scena eco- nomica contemporanea. Domina- no in molti casi le entità statuali ai cui ordinamenti sarebbero in teoria assoggettate, e riflettono la divisione del mondo tra ricchi e poveri: il 93% delle prime 200 so- cietà al mondo appartiene infatti solo a 7 paesi. I grandi gruppi internazionali sono un sistema di scambio pa- rallelo, in grado di porsi al di fuori o al di sopra, sia del mer- cato che della legge. POSSEDERE È POTERE Possedere è potere. A livello mondiale le imprese si contano a milioni, per la maggior parte di Il mondo è in mano alle multinazionali? A guardare alle cifre parrebbe proprio di sì. Intanto, però, gli stati con più liquidità entrano nell’economia mondiale usando gli strumenti (ambigui) del sistema finanziario che già tanti danni ha prodotto e continua a produrre. a cura di Pietro Raitano e redazione Altreconomia CHI CI STA DIETRO ALLA VOCE DEL PADRONE ? Analisi della situazione (2)

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