Missioni Consolata - Giugno 2008

24 MC GIUGNO 2008 I l figlio anziano della parabola, come abbiamo già visto, prefigura non solo «gli anziani», che con gli scribi e i sacer- doti costituiscono l’autorità istituzionale, rappresentata nel Sinedrio , ma anche il mondo «religioso» nel suo insieme che professa la religione del dovere e dell’adempimento. Luca 15 si era aperto con la scena dell’avvicinamento dei «pubblicani e peccatori per ascoltarlo (= Gesù)», in contrap- posizione a scribi e farisei che invece «mormoravano» (Lc 15,1.2), quasi di soppiatto, ma in modo che il mormorio fos- se percepito. Il figlio anziano nella penna di Lc sviluppa un comportamento che riflette e rinnova il mormorio dei farisei, che sono emblema del perbenismo di facciata di ogni epoca, la cui regola d’oro è: avere la coscienza a posto con il minimo di disagio. S EI VERBI PER UN ASSENTE ? Per descrivere la personalità irrisolta del figlio «anziano», uomo religioso e pio, che entra in scena in modo bizzarro, l’e- vangelista nei vv. 25-26 usa sei verbi in sequenza, senza re- spiro: quattro verbi sono secondari (due participi e due im- perfetti) e due verbi principali, cioè narrativi. - «Era/si trovava nel campo» ( verbo all’imperfetto che serve per dare al lettore una informazione supplementare, circostanziale che aiuti a inquadrare il personaggio ): il figlio è sempre da un’altra parte, sempre altrove. Era assente nella prima parte, quando si consumò la tragedia del fratello, è as- sente anche nel momento del ritorno. È stato «in», ma mai «nella» casa. Da questo accenno ci rendiamo conto che la sua personalità è avvitata nella grettezza e isolamento. Nei mo- menti della vita, egli semplicemente non c’è. Se il fratello si è perso in «un paese lontano» (v. 13), egli, pur stando fisica- mente vicino, è sempre stato smarrito «nel campo». - «Ed essendo appena giunto» ( participio presente me- dio, costruito secondo la sintassi ebraico-aramaica, che ser- ve da introduzione ai due verbi principali che seguono ): que- sta notizia conferma e rafforza, aggravandola, quella del ver- bo precedente, perché mette in evidenza stridente che il figlio resta sempre fuori e, come vedremo, sceglie di restare fuori. - «Si avvicinò alla casa» ( verbo narrativo di primo piano, come il seguente, che l’evangelista vuole mettere in eviden- za ). La notizia principale è questa: appena giunto, si avvicina, ma non si precipita, come farebbe qualsiasi persona norma- le. Avanza circospetto e dubbioso e ancora una volta resta sulla soglia, in forma anonima. Si avvicina soltanto, sospetto- so e forse irritato. - «Ascoltò musiche e danze» ( verbo narrativo, come il precedente, sulla linea principale della narrazione che l’evan- gelista vuole mettere in evidenza ). È la seconda notizia che l’autore vuole dare come importante. Ascoltare è entrare in relazione con il clima di festa che danze e musiche (lett. «sinfonia») fanno presagire. Per il figlio la festa è una novità assoluta, che non capisce: o il padre è impazzito o è succes- so qualcosa di straordinario. Il figlio anziano «ascolta» e si sen- te profondamente estraneo. L’osservazione dell’evangelista esprime bene il disorientamento di questo disadattato nor- male che non ammette né la festa per sé (v. puntata seguen- te) né tanto meno può accettare che altri facciano festa. Lui e solo lui è la misura del mondo che lo circonda. - «E avendo chiamato (a sé) uno dei servi» ( participio medio che serve da complemento al seguente imperfetto, anch’esso secondario ): il figlio anziano è talmente sospetto- so che va alla ricerca di un intermediario per non esporsi in prima persona. Non si butta in mezzo alla novità, ma resta an- corato alla «sua tradizione» di uomo diffidente e fiero avver- sario di ogni innovazione. Ha sempre bisogno di schermi, che per lui sono scuse: potrà sempre dire che lui non c’era e non sapeva. Il verbo « proskalèomai - io chiamo a me/faccio veni- re a me (avvicinare)» nel NT ricorre (sempre nella forma me- dia) 29 volte, di cui 10 nelle opere di Luca (Lc 7,18; 15,26; 16,5; 18,16; At 2,39; 5,40; 6,2; 13,7; 23,17.18.23). Di nor- ma si applica a Gesù che chiama i discepoli (Mt 10,1), il po- polo (Mt 15,10), i bambini (Lc 18,16), ma anche ad altri per- sonaggi (Mt 18,32; Mc 15,44, ecc.). L’espressione «uno dei servi» è forma indeterminativa ed esprime l’ansia e la fretta di sapere: egli chiama uno «qualsiasi» dei dipendenti. Al v. 22 il padre aveva chiamato «i servi» (gr.: doûloi ) cioè quelli che fa- cevano parte della famiglia abitualmente; ora il figlio anziano chiama «uno qualsiasi» (gr.: hena tôn pàid ō n , che letteralmen- te significa «uno dei ragazzi»), forse uno che lavorava a gior- nata e quindi un estraneo. - «S’informava di cosa fosse tutto questo» ( imperfetto medio, serve per descrivere al lettore l’atteggiamento del fi- glio ). Il verbo greco « pynthànomai » esprime l’idea dell’investi- gare, quasi spiare: se ne stava a indagare. Nel NT ricorre 12 DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (31) (LC 24,46) a cura di Paolo Farinella biblista Così sta scritto LA PARABOLA DEL « FIGLIOL PRODIGO » (20) «AMATEVI GLI UNI GLI ALTRI CON AFFETTO FRATERNO» «Giuseppe andò sulle tracce dei suoi fratelli e li trovò» (Gen 37,17) « 25 ... Ed essendo appena giunto, si avvicinò alla casa, ascoltò musiche e danze; 26 e avendo chiamato (a sé) uno dei servi, s’informava di cosa fosse tutto questo. 27 Quello gli rispose: Tuo fratello è qui e tuo padre ha fatto ammazzare il vitello, quello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo» (trad. letterale). ( Rm12,10 )

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