Missioni Consolata - Giugno 2008

22 MC GIUGNO 2008 I GRANDI MISSIONARI il primo anno e visti i risultati, la scuola si guadagnò fama e prestigio, tanto che lo stesso viceré, Ismail Pa- scià, nel 1863, volle conoscere le suore e, dichiarando di «essere loro padre», chiese di esporgli le loro ne- cessità. «Abbiamo bisogno di pane e casa» rispose suor Caterina. E il pa- scià promise che «a tutto avrebbe pensato e provveduto». E cominciò a fornire una certa quantità di gra- no, diede il terreno per ingrandire la seconda casa già aperta nel Cairo Vecchio, vicino alla grotta che, se- condo la tradizione, sarebbe stato il luogo di rifugio della Sacra famiglia. La prima opera che fece sentire suor Caterina veramente missiona- ria fu la fondazione della «Vigna di san Giuseppe», destinata all’acco- glienza e istruzione delle «morette», le fanciulle nere liberate dalla schia- vitù; una iniziativa suggerita e soste- nuta anche finanziariamente da un prete milanese, don BiagioVerri, im- pegnato nell’Opera del riscatto. Per sopperire alla scarsità di perso- nale, fu aperto anche un noviziato nella casa di Clot Bey, che divenne un attivissimo centro di istruzione, evangelizzazione e, soprattutto,di carità verso i poveri e sofferenti. Aperta come scuola, la casa nel CairoVecchio fu trasformata in orfa- notrofio per raccogliere le fanciulle minorate di ogni nazionalità e reli- gione, rifiutate dagli altri istituti. NUOVA FONDAZIONE Il 1863 e 1864 furono anni di cre- scita e benedizioni, seppur condite da difficoltà di vario genere.Una malattia, forse un ictus, aveva colpito la badessa, suor Aloisia,menoman- do le sue condizioni fisiche e menta- li. Il nuovo vicario,mons.Vuicic, le af- fiancò suor Caterina come superiora locale, spaccando in due la piccola comunità. Poi, il vicario cambiò le co- stituzioni, non ritenendo adatte quelle portate dall’Italia. Tale cam- biamento, le aperture del noviziato e della seconda casa, decise senza le dovute autorizzazioni del vescovo di Ferentino e della casa madre, rovina- rono i rapporti con il monastero di provenienza, che ordinò alle missio- narie di tornare in Italia. Ormai impegnata anima e corpo nell’attività apostolica, suor Caterina decise di continuare la sua missione, convinta che quella era la volontà di Dio. E si diede da fare per uscire dal- l’incresciosa situazione, invischiata in un groviglio di competenze giuri- diche. In quantomonache, avevano giurato sul vangelo totale dipen- denza dal monastero e vescovo di Ferentino; come francescane riceve- vano ordini dal ministro generale dei frati minori; come missionarie dovevano obbedienza al vicario a- postolico d’Egitto. Dopo vari contatti e accordi tra le autorità competenti, suor Caterina si recò a Roma e a Ferentino, per risol- vere il problema nel modo più paci- fico possibile.Nel luglio del 1868 fu sanzionato il distacco dal monastero di origine e l’erezione dell’Istituto delle missionarie francescane d’Egit- to, sotto la giurisdizione di Propa- ganda fide e sotto la paterna e vigile cura del vicario apostolico. Tornata al Cairo, Caterina fu accol- ta festosamente come fondatrice della missione e della nuova fami- glia religiosa, anche se padre Mode- na si credeva il vero fondatore e mons.Vuicic voleva fare della nuova istituzione una sua creatura.Nel ca- pitolo del 1869, suor Caterina fu e- letta superiora, carica che ricoprì fi- no alla morte. Lo strappo dalla famiglia religiosa, in cui era vissuta fin dall’infanzia, fu per Caterina un autentico Getzema- ni; ma anche in questo sacrificio vi- de realizzarsi una nuova dimensione dell’«opera a grande gloria di Dio: la conversione dei popoli oltre mare». CROCI E DELIZIE Grazie al nuovo assetto canonico, suor Caterina si sentiva più libera nella sua azione missionaria. Le vo- cazioni affluivano in gran numero, permettendo di estendere le opere già esistenti e avviarne di nuove: nel 1879, oltre le due case al Cairo, le missionarie francescane avevano a- perto altre cinque opere in varie parti dell’Egitto. Per sostenerle ricor- reva alla questua francescana presso amici, istituzioni ecclesiastiche, au- torità civili, come l’imperatore Fran- cesco Giuseppe d’Austria, ai potenti della zona, anche musulmani, come il vice re del Cairo e il sultano di Co- stantinopoli. Fiore all’occhiello del cuore mater- no di suor Caterina fu soprattutto l’Opera dei trovatelli, per raccogliere i bimbi abbandonati. Le stesse suore andavano a cercarli a dorso d’asino; altri venivano lasciati davanti alla porta delle loro case. Spesso i neo- nati arrivavano in fin di vita ed erano subito battezzati e spediti in Paradi- so. Per quelli in buona salute veniva trovata una balia e, una volta cre- sciuti, erano sistemati presso fami- glie che potessero assicurare loro un futuro dignitoso. «Il fine primario che ci condusse in Egitto fu di faticare onde guadagna- Le suore raccolgono un orfano abbandonato davanti alla porta del loro monastero al Cairo. Sull’esempio di suor Caterina, le Francescane missionarie si prendono cura dei bambini più bisognosi di affetto.

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