Missioni Consolata - Maggio 2008
MEDICINA 50 MC MAGGIO 2008 vertire una pungente insofferenza verso quella che si può definire la catena di “montaggio e smontag- gio” della sala operatoria. Precisione, tecnicismoma poca relazione uma- na. Dopo anni di lavoromi sono ri- convertito a quella che era la mia ve- ra indole, il mio credo di quando ho iniziato gli studi: il rapporto diretto con il malato e i suoi disagi». Da chirurgo a medico di cure pal- liative. Lasciando, se vogliamo pec- care di cinismo, un titolo prestigioso per scegliere di accompagnare l’uo- mo alla fine dei suoi giorni. «In ospe- dale il malato è l’anello che ruota in- torno al sistema.Nel percorso di cui stiamo parlando sono gli operatori a ruotare intorno al malato. L’uomo è immancabilmente al centro. Nonmi manca il prestigio del chi- rurgo. Sono nel posto dove volevo essere e quello che ritengo più fon- damentale per il miomestiere è es- sere credibile verso sé stessi e verso gli altri. La credibilità la leggi negli occhi dei tuoi pazienti e delle loro famiglie, condividendo quel pezzo di strada che porta al passo più im- portante delle nostre vite». A CASAO IN HOSPICE ? L’intervento di supporto alla ter- minalità attraverso le cure palliative può essere realizzato sia a domicilio che in hospice . Il dottor Alessandro Valle, 47 anni, coordinatore del per- sonale Faro, specialista in oncologia ed esperto in cure palliative, ci spie- ga: «La Fondazione Faro nasce a To- rino nel 1983 per volontà di alcuni medici oncologi dell’ospedale San Giovanni Antica Sede.Dal 1989 av- via un programma di assistenza do- miciliare medica e infermieristica, gratuita, ai malati oncologici in fase avanzata della malattia. Nel 2001 apre al terzo piano del- l’ospedale SanVito di Torino l’ hospi- ce con 14 stanze a un letto, con una poltrona per un familiare, per un to- tale di 10-20 posti. L’obiettivo è ri- creare il più possibile un ambiente familiare, accogliente, che rispetti la dignità e l’integrità della persona. Non esistono per questo orari pre- costituiti di visita e, per quanto pos- sibile, si cercano di organizzare mo- menti comunitari di intrattenimen- to». L’ hospice ha veramente un aspet- to tranquillizzante. Situato nel verde della collina torinese, gode di una vi- sta che, in qualche modo, rinfranca lo spirito. Il suo interno è l’espressio- ne della «misura d’uomo». L’ambien- te non è impregnato di quel nausea- bondo odore medicalizzato degli o- spedali, è impossibile perdersi perché troppo piccolo e ogni stanza è caratterizzata da un’icona floreale. Dall’iris al girasole, in un tutt’uno con l’idea che nulla muore per sem- pre, che bellezza e purezza sopravvi- vono anche al più drammatico degli eventi. I luoghi della palliazione spaziano dunque dal domicilio all’ hospice .Co- sa li distingue e caratterizza? «Le cure palliative a domicilio non hanno ragione d’essere se la fami- glia stessa non è in grado di integra- re le attività assistenziali. La famiglia è il perno su cui si basa l’intera cura. Perno di appoggio pratico, affetti- vo e psicologico. Si potrebbe defini- re un’azione congiunta di mini équi- pe con la famiglia.Coordinazione e dedizione assoluta di ambo le parti conducono a un accompagnamen- to armonico. Le famiglie che non possono garantire tale impegno si rivolgono all’ hospice ». Sono persone sole, senza famiglia i degenti dell’ hospice ? «Assoluta- mente no. I malati cosiddetti “soli” sono sinceramente rari ma non tutte le famiglie, per quanto numerose possano essere, hanno possibilità di tempo e disponibilità emotiva per seguire l’evoluzione della malattia oncologica, in particolar modo in a- rea metropolitana». TESTA E CUORE Quale profilo professionale e u- mano è più consono all’operatore di cure palliative e su che criteri si basa la selezione del personale? «Dopo anni di lavoro posso dire che il neolaureato o il medico con troppa esperienza non si confà al profilo giusto del candidato. Il primo perché non ha ancora acquisito una certa scioltezza nella professione e non ha gli strumenti giusti per trat- tare casi delicati. Per contro, la troppa esperienza pecca a volte di rigidità mentale, di schemi prefissati e di poca flessibi- lità. Inoltre viene detto un no cate- gorico a chi desidera collaborare con noi in attesa di altro nella pro- pria vita: concorsi,master, etc. Su questo siamo tassativi, chi sceglie questa strada non può farlo per po- co tempo e con leggerezza». Quali allora i giusti ingredienti? «Motivazione, competenza e inclina- zione alle relazioni umane. Senza questa triade non esiste il medico o l’infermiere di cure palliative. Per quanto concerne il medico non vie- ne richiesta una determinata specia- lizzazione. Chi viene da noi a cercare lavoro si mette al servizio dell’uma- nità più fragile, più ferita.Deve farlo con testa, cuore, elasticità mentale e di tempo. L’orologio perde il suo si- gnificato, il tempo acquista valore in Un brindisi tra operatori, ospiti e famigliari all’ hospice per creare momenti di convivialità.
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