Missioni Consolata - Aprile 2008

74 MC APRILE 2008 GHANA CIAO, FRANCIS! F rancis è morto. Quei dolcissimi occhi di gazzella più volte col- pita e ogni volta, a costo di in- dicibili sforzi, rialzata, si sono chiusi. Quei dolcissimi occhi perennemen- te permeati da un velo di tristezza, hanno preferito chiudersi a questa vita terrena che troppo spesso gli è stata ostile, per aprirsi finalmente ad un’altra molto più radiosa che lo saprà ripagare del gravoso fardello che ha accompagnato ogni giorno della sua breve esistenza. Ma, conoscendo Francis, son certo non sia stata una resa. Quante volte aveva dato prova di saper superare situazioni drammatiche. Quante vol- te aveva manifestato tutta la sua «voglia di vivere», la sua «gioia di vi- vere», anche in condizioni impossi- bili per tantissimi altri. Quante volte aveva dimostrato di saper convivere con i suoi tanti handicap, di saperli padroneggiare, di aver raggiunto con loro una sorta di compromesso. No, non è stata una resa. Semplice- mente ha deciso che poteva bastare così. Aveva mostrato a tutti noi, che spesso non sappiamo accettare pro- blemi e situazioni molto meno pe- santi, come ci si deve comportare. Certamente il Grande Artefice gli a- vrà spiegato perché aveva scelto proprio lui per questo compito. Gli avrà spiegato perché aveva utilizzato la sua innata bontà. C ome campana a martello mi rimbomba in testa la doman- da di qualche anno fa, prima che entrasse nella sala operatoria, da cui c’erano serie possibilità che uscisse con una gamba in meno. Quella domanda posta con occhi imploranti e voce strozzata: «Pensi che dopo potrò giocare ancora a pallone?». Non disse: «Pensi che mi taglieranno la gamba?» com’era forse logico di- cesse. Pose la domanda in modo meno drammatico, meno pessimisti- co, nel «modo di Francis». Ricordo anche la risposta che gli diedi: « Why not? » (perché no?). Cosa si poteva rispondere a una domanda così diretta, a un ragazzo che ti stringeva come una morsa e si appiattiva sul tuo torace quasi vo- lesse penetrarvi? Un ragazzo che stava entrando in sala operatoria per un intervento dall’esito non scontato. La sua gamba sinistra era a forte rischio. Per tutti doveva es- sere amputata. Ma un chirurgo te- desco, in Ghana da una vita, forse avrebbe potuto fare il miracolo e salvarla. Francis aveva 16-17 anni, ma ne di- mostrava una dozzina scarsa. Il suo corpo era deformato e dilaniato da osteomielite spongiforme. Malnutri- zione e carenze igieniche avevano ulteriormente aggravato la situazio- ne. Due occhi dolcissimi da gazzella in cui si leggeva il terrore per ciò che sarebbe potuto succedere oltre quella porta. Il terrore di essere nuovamente abbandonato perché non utile alla comunità. Perché im- possibilitato a lavorare come tutti gli altri. Il terrore che potesse essere scaricato anche da quel Padre che una Mano aveva guidato un giorno nel suo villaggio e lo aveva raccolto. Aveva raccolto un povero mucchiet- to di ossa, corrose da un mostro in- saziabile, ma alimentate da una for- te volontà di vivere. Nonostante tutto e tutti. Solo facendo leva su questa forza lo avevo convinto a provarci. Aveva fi- ducia in me. Gli promisi di restare lì, di aspettarlo e stargli vicino anche se lui era addormentato. E quando, dopo alcune ore, la porta si aprì e spuntò il lettino, i miei occhi cerca- rono immediatamente i piedi: sì, c’e- rano tutti e due. Un pensiero al Grande Artefice, mentre gli occhi, velati di lacrime, dicevano: «Grazie!». Uscì l’assistente, una dottoressa te- desca dalla imponente stazza, con un sorriso a tutta bocca. Mi con- fermò il buon risultato. Il chirurgo a- veva potuto fare un buon lavoro di ricostruzione dell’arto. Dopo una ventina di giorni lo ripor- tarono a casa. «Nella Casa del Padre mio» ( In my Father’s house ). E l’ultimo, interminabile abbraccio prima di partire era per lui. Come gli avevo promesso. S ì, Francis, ora potrai finalmente rincorrere palloni in verdissimi prati con tanti amici che, co- me te, hanno saputo darci una le- zione di vita. Ciao Francis, prega per noi. Mario Beltrami Di Francis e compagni il sig. Beltrami ave- va parlato in un articolo pubblicato su Missioni Consolata giugno 2004.

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