Missioni Consolata - Aprile 2008

MC APRILE 2008 73 to» dalla chiesa e, almeno qui in Corea, non è facile trovare chi voglia dialogare. Certo, ci sono incontri vari a livello di cupola, ma il nostro centro vuole raggiungere le basi, cioè, la gente comune delle varie religioni. Per cir- ca un anno, siamo riusciti a portare avanti incontri di scambio con un gruppo dei fedeli di un tempio bud- dista, assieme al loro monaco, ma poi... questo se n’è andato e così si è chiusa quell’attività. Il tema del dialogo non è facile e lo stiamo sperimentando, ma senza scoraggiarci. Abbiamo un gruppo d’amici a cui diamo formazione sulle altre religioni: con loro vogliamo crescere e camminare in questa dimensione della missione in Asia. E siccome senza una preparazione più profonda non si può dialogare, abbiamo incaricato padre Peter Njoroge, kenyano, di studiare reli- gioni comparate all’Università dei gesuiti a Seul. F inalmente, dopo due successi- ve esperienze di presenza nelle baraccopoli a Incheon e Seul, il 24 ottobre 2007 abbiamo riaperto la nostra terza comunità, dedicata alla realtà di povertà urbana. Per adesso, ci concentriamo nel servi- zio, soprattutto religioso, a vari gruppi di lavoratori stranieri illegali, che sono tra i più poveri. Le sfide per la nostra missione qui in Corea sono varie. Innanzitutto il problema della lingua. Continuiamo a investire i nostri sforzi nell’anima- zione missionaria, la padronanza della lingua ci permette di fare quel- lo che possiamo. E questo vale anche negli altri ambiti della nostra attività missionaria. Poi, lavoriamo inseriti in un conte- sto dove siamo visti come gente «fuori posto»: siccome la chiesa coreana ha già una struttura ben organizzata e tantissime vocazioni, soprattutto per il clero diocesano, cresce l’idea che la comunità locale possa farcela a evangelizzare la nazione; mentre noi dovremmo andare in Africa o altri posti dove il vangelo non è ancora conosciuto. Ma poiché la coscienza missionaria della chiesa coreana è ancora molto debole, continuiamo con il nostro lavoro di animazione. Per quanto riguarda il dialogo inter- religioso, credo che la sfida è quella di non scoraggiarci. Dobbiamo con- tinuare a cercare modi e persone che ci possano aiutare a portare avanti l’impegno per questo impor- tante areopago della missione. La sfida più grande, tuttavia, per noi e per la chiesa coreana è costituita dai giovani. Non è facile attrarli, non solo perché la società in cui vivono è troppo materialista, ma anche perché noi, come chiesa in generale, non siamo capaci di offrire loro qualcosa di nuovo e diverso. Il fatto che la società coreana stia diventando sempre più alienata dai valori religiosi è anche una sfida, non solo per noi, ma anche per tut- te le altre religioni. I pochi giovani attivi nella chiesa sono tutti impe- gnati nelle proprie parrocchie. E la Corea del Nord? Si spera che un giorno si realizzi la riu- nificazione delle due Coree. La chiesa si sta preparando a tale evento, per estendere l’evangelizza- zione ai fratelli del Nord. Da parte nostra siamo contenti di come il processo di riunificazione stia pro- gredendo, ma per il momento noi continuiamo a concentrarci sulle attività che abbiamo avviato, con le poche forze che abbiamo di fronte al tanto lavoro che ci aspetta. Soprattutto, siamo consapevoli del dovere investire di più nel fare mis- sione non tanto con parole, ma con uno stile di vita sempre di più iden- tificato col vangelo e con Gesù, il vero protagonista della missione. Tuttavia non ci è proibito sognare. Se qualcuno vuole unirsi a noi, sia- no seminaristi nostri o giovani che pensano alla missione, li aspettiamo con la promessa di un’esperienza affascinante, diversa e ricca, sia di Dio sia d’umanità. Anyong hi kye- seyo ! (Ciao). Alvaro Pacheco Dicembre 2007: i padri Alvaro Pacheco (da sinistra in piedi), Diego Cazzolato, Pedro Louro, Gianpaolo Lamberto, Peter Njoroge, Eugenio Boatella, Juan Pablo De Los Rios, Cyrille Kayembe, Jair Idrobo, Tamrat Defar. 19 dicembre 2005: funerale del padre kenyano Joseph Otieno.

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