Missioni Consolata - Aprile 2008

MC APRILE 2008 59 I L VITELLO DEI PATRIARCHI Quasi tutte le volte che nella bibbia si parla dei pa- triarchi si aggiunge che hanno «greggi e armenti», che in ebraico suona « z’on ubaqàr », che la versione greca della Lxx traduce quasi sempre con « pròbata kài mòschoi ». L’e- spressione indica bestiame adulto (buoi, mucche, vitelli) e minuto (pecore, capre, agnelli). I patriarchi d’Israele possiedono «greggi e armenti» in abbondanza, perché sono sotto la benedizione di Yhwh. Possedere «greggi e armenti» è segno di potenza e dimo- strazione di forza, come per Adonia fratello maggiore di Salomone (ma di diversa madre), che «immolò pecore, buoi e vitelli grassi» (1Re 1,9.19) per affermare pubblica- mente la sua primogenitura nella successione al re Davi- de, vecchio, ma ancora vivo. Adonia si comporta come il giovane della parabola lucana: assume il regno quando il padre è ancora vivo, cioè lo uccide prima del tempo. Fi- nirà male, ucciso per ordine di Salomone (1Re, 2,12-25). Nel libro della Genesi in due racconti che narrano lo stesso fatto, ma in due modi diversi, troviamo presenti u- no o più vitelli. Il primo (Gen 12,10-20) narra di Abramo che, giunto in Egitto, per paura di essere ucciso a motivo della bellezza di Sara sua moglie, su consiglio della stes- sa Sara, la fece passare per sua sorella. Di lei s’invaghì il faraone che la fece portare a corte per possederla: «Per ri- guardo a lei, egli trattò bene Abram, che ricevette greggi e armenti e asini» (Gen 12,16). Il secondo fatto è simile, ma questa volta è Abram a fare passare Sara per sua so- rella che così, per la seconda volta, sta per finire nelle ma- ni di un altro. Ora è il turno di Abimèlech, re di Gerar che se ne era invaghito. Quella notte, però, intervenne il Si- gnore, fermò l’adulterio e fece restituire Sara al legittimo marito: «Allora Abimèlech prese greggi e armenti ... li die- de ad Abramo e gli restituì la moglie Sara» (Gen 20,1-18, qui, v. 14). In Gen 21,27 Abramo sigilla un’alleanza con A- bimèlech dandogli «greggi e armenti». In tutti questi casi la bibbia greca della Lxx traduce il termine «armenti» con « mòschoi » (plurale): lo stesso ter- mine che usa Lc 15,23: « mòschos » (singolare). Da ciò pos- siamo rilevare che il «vitello» segna in un certo senso la vita patriarcale. Ordinando ai suoi servi di «prendere il vi- tello», il padre della parabola lucana, si presenta come un patriarca che non ha più bisogno di nascondersi per pau- ra, ma apre la sua casa per sigillare una gioia. Il padre continua la storia dei patriarchi, di cui la storia del figlio e del padre rappresenta una parabola e una sintesi. I L VITELLO DEL SACRIFICIO Nel libro dell’esodo il «vitello» fa parte degli animali de- putati al sacrificio di comunione : «Farai per me un altare di terra e, sopra, offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di comunione , le tue pecore e i tuoi vitelli ( mòschoi )» (Es 20,24). Il vitello è il segno della presenza di Dio perché gli è offerto e lo riceve in olocausto. Nel momento in cui il fumo del sacrificio si eleva sull’altare, esso diventa lo strumento della presenza di Dio che dopo averlo ricevu- to lo restituisce come alleanza. Il padre che chiede di prendere il vitello per il ritorno del figlio perduto, entra nella logica del sacrificio di co- munione e celebra l’«eucaristia», nel senso più pieno e più profondo del sacramento: ringrazia Dio facendo fe- sta. Il padre, attraverso il vitello, reintroduce il figlio nel- la storia patriarcale da cui si era tagliato fuori, andando via di casa, in un paese lontano , diventando figlio impu- ro e spurio del suo popolo. Il vitello diventa così il segno della riammissione del figlio nella santità della vita, nel- la purità del culto, nella realtà del suo popolo. La traduzione italiana non evidenzia la particolarità della lingua greca: il padre non chiede di prendere sol- tanto un vitello, ma «il vitello, il grasso», che tutti cono- scono, «quello grasso, tò siteutòn », quello e non un altro. Nell’espressione «il vitello, il/quello grasso», in greco si ha una costruzione per cui il soggetto con l’articolo è se- guito dall’aggettivo anch’esso con l’articolo per dargli forza ed evidenza, ma anche eleganza stilistica. Tale costruzione serve per mettere in evidenza che si tratta del vitello noto a tutti, forse tenuto all’ingrasso con cura speciale per un sacrificio (molto probabilmente) op- pure per una circostanza particolare. Nulla ci vieta di pensare che il padre lo avesse tenuto in disparte per un sacrificio di comunione per il ritorno del figlio. Nel libro dei Giudici (6,25-35) Gedeone costruisce un nuovo altare e vi immola «un vitello grasso» per riparare il peccato di idolatria dei suoi concittadini che avevano sa- LA PARABOLA DEL « FIGLIOL PRODIGO » (18) «OFFRIRONO OLOCAUSTI CON GIOIA E SACRIFICARONO VITTIME DI RINGRAZIAMENTO E DI LODE» DALLA BIBBIA LE PAROLE DELLA VITA (29) (LC 24,46) a cura di Paolo Farinella biblista Così sta scritto « 23 Prendete il vitello, quello grasso, ammazzatelo, e mentre mangiamo facciamo festa 24 perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a fare festa». (1Mac 4,56)

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