Missioni Consolata - Aprile 2008

MISSIONI CONSOLATA zakistan, per le grosse difficoltà in cui versava il paese. RAGAZZI DI STRADA Il ricordo di quell’articolo era rie- merso vivido parlando con padre Jo- sé, dopo la messa domenicale da lui tenuta nella chiesa cattolica di Shymkent.Vi era arrivato 7 anni pri- ma dalla Spagna per servire la comu- nità cattolica locale, formata da po- lacchi, tedeschi e ucraini, che non a- veva un prete.Dapprima aveva preso in affitto un appartamento, poi, con l’aiuto di sponsor spagnoli, era stato aperto un complesso nuovo, con la chiesa, casa parrocchiale e oratorio. Ci eravamo fermati a chiacchierare proprio sui gradini della chiesa. Padre José, che avevo appena conosciuto, si era dimostrata una persona giovia- le, ben disposta a mettere a disposi- zione il suo tempo e condividere la propria esperienza del luogo conme, arrivata giusto quella mattina. Avevo notato che alcuni ragazzini si erano seduti poco distanti da noi e non accennavano ad andarsene. «Vi- vono in condizioni famigliari difficili - spiegò padre José -, vengono qua al mattino, li tengo impiegati con qual- che lavoretto o cerco di farli studiare un po’, poi condividiamo il pranzo. Non possomica mandarli via, altri- menti starebbero per strada». Tra di loro c’era Tanja, la più grande del gruppo, che la strada l’aveva co- nosciuta sul serio,ma se l’era lasciata alle spalle. Silenziosa e riservata, Tanja non dimostròmolto entusia- smo quando le chiesi di raccontarmi la sua storia.Ma padre José, che ve- deva il mio interesse per l’argomen- to, non lasciò cadere il discorso. «I ragazzi che vivono per strada so- no soprattutto russi; di kazaki ce ne sono pochi, perché tra di loro si sono conservati molto di più i valori della famiglia tradizionale e perché, a dif- ferenza dei russi, possono contare su un’estesa rete parentale. I ragazzi, an- che giovanissimi, scappano da situa- zioni di estremo degrado familiare, dove i genitori non sono in condizio- ni o non vogliono pensare a loro, op- pure sono alcolizzati.Vivono in stra- da finché fa caldo e d’inverno si rifu- giano nelle cantine, o dentro i tombini, dove passano i tubi dell’ac- qua calda.Tra di loro gira anche la droga. Rispetto ad alcuni anni fa, però, la situazione è migliorata, han- no riaperto gli orfanotrofi. La situa- zione peggiore si è vista dopo la fine dell’Urss, quando la gente diventò più povera dall’oggi al domani». Se quei tempi, fortunatamente, so- no superati, grazie a una ripresa eco- nomica cominciata nella seconda metà degli anni ‘90 e in accelerata dal 2000, bisogna dire che i livelli di vita reali stanno crescendo lentamente, non in proporzione con i dati del Pil. Anche in Kazakistan le risorse del sottosuolo hanno come conseguen- za di consegnare una sproporzionata potenza economica nelle mani di po- chi e di ostacolare il nascere di un’e- conomia equilibrata: la crescita del- l’importanza del comparto energeti- co ha portato a unmaggiore controllo in tutti i settori da parte di alcuni potenti gruppi economici, fre- nando lo sviluppo della media e pic- cola imprenditoria. SULLAVIADELLA SETA C’è un angolo di Kazakistan, ome- glio, un triangolo, dove si percepisce con certezza di aver lasciato la Russia ed essere entrati nell’Asia più auten- tica: è il sud del paese, il territorio che s’incunea tra Uzbekistan e Kirghizia e il cui centro principale è Shymkent. Qui siamo al confine tra il mondo della steppa e dei nomadi e la civiltà stanziale delle oasi e dei fiumi. È una terra dove il clima arido ridu- ce le possibilità di pascolo e dove l’uo- mo nei secoli si è ingegnato a sfrutta-

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