Missioni Consolata - Aprile 2008

52 MC APRILE 2008 KAZAKISTAN nord. Ben presto ho scoperto che in Kazakistanmanca il colorito locale. Le città, piccole o grandi che siano, sono sorte solo dopo la conquista russa e ne portano l’impronta: dal confine a nord fino a quello cinese, le abitazioni sono tali e quali a quelle della Russia centrale. I kazaki erano un popolo nomade, vivevano delle loro greggi e si spo- stavano per garantire loro freschi pa- scoli tutto l’anno, abitavano nelle iur- te, comode tende di feltro, smontabi- li in poche ore e per essere rimontate a centinaia di chilometri.Ora, però, di quelle tradizionali abitazioni non ri- mane traccia: l’unica iurta vista du- rante il viaggio era esposta al Museo statale di Almaty. Anche nella lingua e costumi la russificazione è stata qui maggiore che nelle altre repubbliche ex sovie- tiche: non homai sentito parlare un russo così perfetto, così russo.Alcuni kazaki lo conosconomeglio della lin- gua nazionale.Arrivata ad Astanà ho scoperto, conmia grande meraviglia, che in Kazakistan si festeggia la «Fe- sta dei paracadutisti», esattamente come si fa a Mosca: giovani russi e ka- zaki insieme, inmaglietta a righe bianco-azzurre e basco azzurro si ri- versano nelle strade e nei parchi, cantano, ballano, schiamazzano e, bottiglie inmano, naturalmente be- vono; non si può dire che, nel bere, i kazaki si lascino battere dai russi. Il consumo di alcolici distingue i kazaki dagli altri popoli musulmani dell’ex Asia centrale sovietica (eccet- to i kirghizi).D’altra parte, nella step- pa l’islamnon ha messo radici profonde e ha sempre convissuto con pratiche e credenze dello scia- manesimo, la religione tradizionale dei nomadi turco-mongoli. Presso di loro l’alcol era parte fondamentale di ogni convivio. Con la fine dell’Urss questa identi- ficazione di molti kazaki con la cultu- ra russa pose non pochi problemi al nuovo Kazakistan, che doveva giusti- ficare la propria esistenza come stato indipendente e teneva, quindi, a sot- tolineare le differenze, non certo le somiglianze, rispetto ai popoli vicini. I dirigenti della neonata repubblica dovettero in tutta fretta disseppellire da un passato ormai defunto simboli e riferimenti che ispirassero ai kazaki un senso d’identità comune: doveva- no convincersi di essere una nazione, sebbene questo concetto, europeo e illuminista, fosse estraneo alla loro cultura.Tradizionalmente la società kazaka era organizzata intorno alla famiglia allargata e al clan, con cui il singolo s’identificava completamen- te. La questione del passato, della lin- gua, del recupero delle tradizioni ha suscitato nel paese un dibattito che dura tuttora. Per capire tali affinità, occorre fare almeno qualche accenno alla storia degli ultimi tre secoli. WESTERN SOVIETICO L’avanzata dei russi in Asia Centrale si potrebbe paragonare alla conqui- sta delWest in Nord America.Quan- do, all’inizio del XVIII secolo, l’impero russo si affacciò sulla steppa kazaka, si trovò di fronte un territorio sconfi- nato, che per la mentalità di un po- polo stanziale era una sorta di terra di nessuno: non c’erano città, né for- tificazioni, ma solo sparute tribù no- madi che si muovevano da un punto all’altro della steppa, senza lasciare dietro di sé tracce permanenti. Senza un’organizzazione statale né un eser- cito, tali tribù continuavano a vivere, come ai tempi di Gengiz Khan,una vi- ta regolata dalle stagioni e dalle esi- genze delle greggi, loro fonte princi- pale di sussistenza e segno di ricchez- za e potenza. Avanzare su queste terre per i russi fu relativamente facile.All’incirca tra il 1720 e il 1850 nella steppa kazaka si combatté un’impari lotta tra il model- lo di vita stanziale e quello nomade. Era una guerra dall’esito scontato. I nomadi erano già stati sconfitti molti secoli prima,quando l’invenzione delle armi da fuoco aveva annullato i Parco nazionale di Bayanaul, nella regione nordorientale del Kazakistan.

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