Missioni Consolata - Aprile 2008

MISSIONI CONSOLATA MC APRILE 2008 33 P arlando di giustizia penale, mi ritorna in mente la frase ri- volta da Voltaire a chi, ac- compagnandolo in visita in un Paese per lui straniero, gli ram- mostrava le bellezze artistiche: «Non dirmi degli archi, dimmi del- le galere». Credo di non esprimere un pen- siero particolarmente originale se a mia volta dico che il tipo di si- stema giustizia, in particolare pe- nale, adottato nella teoria (i codi- ci) ma soprattutto praticato (le au- le di Tribunale, le celle del carcere) rappresenti una delle cartine di tornasole più significative della na- tura di una nazione e dello spirito di coloro che lo abitano (1). Ciò detto, entriamo in media re . Ed al proposito confesso che è con grande imbarazzo che mi ac- cingo a parlare dell’esperienza che vive colui/colei il quale/la quale viene indagato/a – imputa- to/a in un procedimento penale e financo finisce in carcere. Imbarazzo che mi deriva dal fat- to che si tratta di accadimento che non ho vissuto in prima persona. Per cui potrei dunque solo ri- portare quella parte di impres- sioni, sensazioni, emozioni e sentimenti che ho tratto affian- cando, nel mio mestiere di avvo- cato penalista, la persona che vi- veva e vive invece direttamente sulla propria pelle questa/e espe- rienza/e. Anche in questo caso credo che alcune premesse si rendano pe- raltro necessarie. L a prima innanzitutto. Sarà for- se banale ma ogni situazione ed ogni persona sono uniche ed irripetibili. Ne deriva, tra l’altro, che ogni generalizzazione rischia di essere sciocca. Esistono una verità storica (ciò che è accaduto realmente) ed una verità processuale (quella che si forma nel corso del procedimen- to). Le due possono alla fine non coincidere. L’avvocato difensore non sem- pre (nell’esperienza di chi scrive spesso e volentieri) viene portato a conoscenza dal suo assistito della verità storica. Presumere che la persona sot- toposta a procedimento penale sia innocente è la regola di nor- male civiltà (spesso tuttavia così non mi pare accada). Il processo è comunque pena , diceva Cala- mandrei. Anche in questo caso, come a proposito delle opere e degli au- tori, si potrebbero elencare anco- ra parecchi altri principi generali ed astratti (validi ovviamente dal punto di vista di chi scrive). Non esageriamo tuttavia e ve- diamo invece se sia possibile, fer- me le premesse di cui sopra, re- gistrare alcune distinzioni di mas- sima e trovare dei minimi comuni denominatori con riferimento al- le vicende penali. Una prima grande distinzione può così essere fatta, con i distin- guo di cui sopra naturalmente ri- peto, tra coloro i quali si trovano per la prima volta coinvolti in una Reati e disvalori: com’è cambiata la società Voltaire valutava il grado di civiltà di una nazione dalle sue galere. Indubbiamente il sistema giustizia (nella teoria e nella pratica) è una buona cartina di tornasole di un paese e dei suoi abitanti. Tuttavia, non basta. Per esempio, nel tempo è cambiato il sentire dei cittadini italiani nei confronti di alcuni reati. Un cambiamento, ma non per il meglio... di Davide Mosso, avvocato penalista LEGGERE LA GIUSTIZIA Q uando si tratta di ragionare di giu- stizia (e non solo), suggerisco ai lettori di Missioni Consolata queste let- ture, che trovo particolarmente illumi- nanti. Così il libro « I L PRINCIPIO NON VIO - LENZA » del filosofo francese Jean Ma- rie Muller. L’autore muove dal concet- to cardine che due sono i principi del- l’agire: violento o non violento. A seconda del principio al quale mi ispi- ro, le mie scelte e le mie azioni saranno violente o non violente. Ed anche la giustizia penale - osserva l’autore - può risolversi (e spesso nei fatti si risolve) in un sistema violento. Altrettanto ricco di spunti interessanti è il libro « L A DOMANDA DI GIUSTIZIA », che raccoglie un dialogo svolto sul te- ma da Gustavo Zagrebelsky e Carlo Maria Martini. Lo stesso Martini è poi autore del bel- lissimo testo « S ULLA G IUSTIZIA ». Men- tre per finire (ma molti altri autori e molte altre opere naturalmente merite- rebbero di essere citati e letti) è assolu- tamente imperdibile, anche e soprat- tutto perché cronaca di un’esperienza di giustizia (la cosiddetta giustizia ripa- rativa) altra da quella alla quale si è so- litamente abituati, « N ON C ’ È FUTURO SENZA PERDONO » nel quale Desmond Tutu ripercorre le tappe dei lavori del- la Commissione per la verità e la ricon- ciliazione del Sud Africa da lui presie- duta. (D.M.) DOV ’ È FINITO « IL PRINCIPIO DI LEGALITÀ » ?

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