Missioni Consolata - Febbraio 2008

MISSIONI CONSOLATA I volontari sicuramente possono rivendere sul mercato del lavoro l’e- sperienza che fanno all’estero, per cui il primo beneficio è in termini di formazione e di sviluppo di determi- nate competenze. I volontari rientra- ti ricevono assistenza per l’inseri- mento lavorativo e soprattutto han- no vantaggi diretti nell’assunzione federale. Possono infatti essere as- sunti dagli svariati uffici federali sen- za seguire l’iter di selezione ma su base discrezionale dell’agenzia che li assume. I volontari che hanno pre- stato servizio al loro rientro ricevo- no una copertura sanitaria, che co- pre addirittura le spese dentistiche, per 18 mesi (è bene ricordare che l’assistenza sanitaria negli Stati Uniti è totalmente privata). Inoltre posso- no beneficiare di speciali program- mi di studio post universitario con a- gevolazioni a livello di tasse scolasti- che e di iscrizione. Infine, per meglio reintegrarsi al rientro a casa, si riceve un fondo perduto di 6.000 dollari quale forma di supporto alla transizione. Non stupisce a questo punto ve- dere alcune statistiche sui giovani che hanno prestato servizio nel Pea- ce corps e notare come molti di loro abbiano proseguito la loro carriera inministeri, uffici federali,Università o addirittura all’interno della stessa struttura sul territorio Usa. UN’ESPERIENZA Tory ha 27 anni e ne ha trascorsi più di due in Kenya al servizio del Peace corps . I suoi genitori negli anni Ot- tanta avevano fatto domanda per entrare nel movimento ed erano stati accettati ma poi decisero di non partire. Lei è cresciuta in parte con il loro rimpianto e ha deciso di completare il percorso.Ci spiega co- me il programma negli Usa sia cono- sciuto da tutti e che rappresenti un sogno per molti. Le prime fasi della sua selezione sono avvenute nel campus universitario.Tory ha studia- to psicologia e letteratura inglese. Dopo la selezione è accettata e parte per Nairobi dove trascorre 10 settimane in cui riceve formazione riguardo il paese, le misure di sicu- rezza, nozioni di sopravvivenza, igie- ne e sanità.Una parte del training si concentra sull’apprendimento della lingua locale.Dopo questa prima fa- se viene assegnata ad un villaggio del paese dove vivrà per due anni insegnando inglese nella scuola lo- cale e organizzando corsi di forma- zione per gli insegnanti sulla diffu- sione dell’Hiv.Ogni 4 mesi torna in capitale per una riunione con tutti i volontari e con i quadri locali dell’or- ganizzazione. I Peace corps sono inoltre tenuti a compilare rapporti dettagliati sul lo- ro servizio e fornire informazioni sul- l’area in cui sono dislocati. Le chiedo cosa pensa delle accuse che vengo- nomosse ai volontari di essere spie americane, pedine non consapevoli di un più ampio progetto di impron- ta neo-colonialista.Mi risponde solo che per lei l’esperienza è stata unica e meravigliosa.Non può immagina- re di essere stata una spia del suo governo.Oggi lavora inTanzania per una fondazione che finanzia proget- ti in ambito sanitario.Gran parte di quello che fa si basa sulla sua prece- dente esperienza in Kenya. L’IMPATTOCHE NONC’È Non è facile tracciare un bilancio conclusivo su un argomento così ampio e dibattuto quale quello del Peace corps. Chiunque abbia lavora- to in un paese in via di sviluppo ha avutomodo di conoscere qualche rappresentante del movimento, di vederli ubriacarsi in capitale o af- frontare lunghi tragitti nella savana in bici dotati di caschetto di prote- zione. Di alcuni non era facile coglie- re lo scopo del loro intervento, altri invece erano preparati e professio- nali. Le campagne di selezione in A- merica così come la storia del mo- vimento sembrano chiarire che al primo posto della missione dei Peace corps non vi è la promozione della pace o dello sviluppo ma piuttosto l’esportazione di un’im- magine positiva degli Stati Uniti d’America, la faccia buona di una nazione che altrove condanna alla guerra e alla privazione di diritti fondamentali. Tuttavia sembra legittimo quanto meno dubitare dell’impatto dell’a- zione dei Peace corps in termini di sviluppo e di miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali.Non si tratta infatti di un ap- proccio co-partecipato allo sviluppo, e neppure di progetti strutturati e sostenibili,ma della dislocazione ca- pillare sul territorio di donne e uomi- ni americani inquadrati da una so- vrastruttura governativa che cura so- prattutto i propri interessi politici. ■ MC FEBBRAIO 2008 53 Tutte le immagini di questo articolo sono prese da pubblicazioni ufficiali del Peace corps, che illustrano i loro programmi umanitari. .

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=