Missioni Consolata - Febbraio 2008
KOSOVO 30 MC FEBBRAIO 2008 I l 10 dicembre 2007 si è chiusa con un nulla di fatto la commissione formata dalle delegazioni di kosovari albanesi e serbi, di intermediari di Usa, Ue e Russia, sotto la guida del mediatore Onu Martti Ahtisaari, per la ricerca di un com- promesso sullo status del Kosovo. La proposta di «indipen- denza sotto tutela internazionale» è rifiutata dai kosovari alba- nesi, che reclamano piena indipendenza, e dai serbi, che non vogliono perdere la sovranità sulla loro provincia, in base al di- ritto internazionale. Le due posizioni inconciliabili hanno radici storiche. Nel Koso- vo i serbi hanno le radici della propria identità nazionale: vi so- no conservate le reliquie dei primi re ortodossi e buona parte del patrimonio culturale e religioso. A partire dal 1389, però, tali radici, cominciarono ad essere sconvolte: gli ottomani an- nientarono la coalizione serbo-bosniaca nella battaglia della Piana dei merli e avviarono l’occupazione e islamizzazione dei Balcani. Per 520 anni il Kosovo rimase sotto il potere turco. I tentativi di ribellione provocarono repressioni, esodi massicci di serbi, rimpiazzati con trasferimenti di musulmani albanesi. Nel 1912, in seguito alle guerre balcaniche, la Serbia ristabilì la sua sovranità sul Kosovo e riprese la ricolonizzazione del terri- torio con famiglie serbe, al posto di quelle turche e albanesi costrette a fuggire o emigrare. Altri esodi e contro esodi di serbi e albanesi si alternarono durante le due guerre mondiali, finché il Kosovo divenne parte della Federazione jugoslava (1945), come provincia autonoma della Serbia, con uno sta- tus di grande autonomia, ma inferiore alle sei repubbliche fe- derate (Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Macedonia, Monte- negro), che avevano il diritto costituzionale di secessione. Dopo la morte di Tito e la dissoluzione della Federazione jugo- slava, il forte incremento demografico dei kosovari albanesi (90% della popolazione totale) mise in allarme il nazionalismo serbo, guidato da Sloboda Milosevic, che revocò gran parte delle autonomie del Kosovo (1989) e avviò una politica di ri- serbazione forzata, proibendo la lingua albanese nelle scuole e sostituendo funzionari amministrativi e insegnanti con perso- nale serbo. Inizialmente l’etnia albanese reagì con la resistenza non violen- ta, guidata dalla Lega democratica del Kosovo (Ldk) di Ibrahim Rugova, stabilendo istituzioni e scuole separate, dichiarando l’indipendenza della Repubblica del Kosovo (1990), ricono- sciuta solo dall’Albania. A partire dal 1995, molti separatisti albanesi scelsero la lotta armata, guidata dall’Esercito di libera- zione del Kosovo (Uck), terrorizzando la popolazione serba, costringendola alla fuga, distruggendo chiese, santuari e mo- nasteri. La repressione delle milizie serbe fu altrettanto violen- ta, finché l’intervento Nato, con massicci bombardamenti sulla Serbia (1999), costrinse Belgrado ad accettare la presenza nel Kosovo di forze internazionali di interdizione (Unmik e Nato), che non sempre sono riuscite a impedire i rigurgiti di violenza contro persone, case e chiese nel- le enclave in cui erano isolati i gruppi della minoranza serba (2004). Di fronte al fallimento delle tratta- tive Onu, l’ex capo guerrigliero dell’Uck, Hashim Thaci, uscito vin- citore dalle elezioni di novembre 2007 con il suo Partito democra- tico del Kosovo (Pdk), aveva mi- nacciato la dichiarazione unilatera- le di indipendenza per il 10 dicembre 2007, ma tutto è riman- dato al 2008. D al 1999 il Kosovo è praticamente autosufficiente e la Serbia non vi esercita alcuna sovranità effettiva. Anche se, sul piano legale resta valida la risoluzione 1244 del Consiglio di sicurezza, che contempla la sovranità serba sul Kosovo. Ma il problema, ormai, non è più l’indipendenza, ma il suo ri- conoscimento in ambito europeo e atlantico. Tale riconosci- mento è diventato uno dei temi scottanti nella guerriglia fred- da tra Stati Uniti, favorevoli da sempre all’autodeterminazione, e la Russia, che vi si oppone, non tanto per amore dei serbi, ma piuttosto per ripicca antiamericana. L’Unione europea è di- visa: Gran Bretagna, Austria e Germania sono a favore (gli ulti- mi due stati hanno numerose comunità di immigrati kosovari), Grecia e Cipro contrari, gli altri paesi dell’Ue indecisi. All’inizio erano contrarie anche Spagna, Slovacchia e Romania. Il riconoscimento di un’eventuale dichiarazione unilaterale d’indipendenza, secondo gli oppositori, costituirebbe un pre- cedente con conseguenze incontrollabili, perché incoragge- rebbe altre minoranze etniche a fare altrettanto: baschi e cata- lani in Spagna, corsi e bretoni in Francia, ungheresi in Slovac- chia e Romania, turchi a Cipro, serbi in Bosnia e Croazia, alba- nesi in Serbia (Presevo), Macedonia e Montenegro, curdi in Turchia, abkhazi e ossezi in Georgia, russi nelle Repubbliche baltiche... La soluzione della matassa kosovara interessa e coinvolge sem- pre più l’Unione europea, che continua a trattare con le parti in causa. Al governo kosovaro propone un’indipendenza sotto il protettorato civile dell’Onu, tuttora in funzione, e una più ar- ticolata amministrazione europea, con l’impegno di adeguare la macchina governativa agli standard europei in fatto di giu- stizia, polizia, carceri e altri settori vitali del paese. Alla Serbia, se accetta tale compromesso, vengono aperte le porte dell’U- nione europea. L’integrazione di Serbia e Kosovo nell’Ue met- terebbe la sordina alle rivendicazioni di sovranità e garantireb- be il rispetto dei diritti delle minoranze serbe nella ex provin- c A ia p . artire da gennaio 2008, la presidenza semestrale dell’U- nione europea è affidata alla Slovenia, un fatto di alto valore simbolico: Slovenia e Kosovo costituiscono l’inizio e l’epitome della dissoluzione della Federazione jugoslava. Riuscirà a chiu- dere per sempre la crisi balcanica? Ha tutte le carte in regola per porsi come esempio di transizione pacifica; inoltre, cono- sce gli umori delle popolazioni slave come le sue tasche, per cui potrebbe riuscire nell’impresa in cui le grandi potenze han- no fallito. B ENEDETTO B ELLESI A NALISI / E DOMANI ? MATASSA SENZA BANDOLO Moschea e automezzi delle forze Onu a Prizren.
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