Missioni Consolata - Febbraio 2008
MISSIONI CONSOLATA raggiamento delle nuove genera- zioni. Disoccupazione a parte, l’altro annoso problema è la carenza di e- lettricità, dovuta al fatto che l’unica centrale della regione non basta al fabbisogno.Nella capitale e nelle al- tre città la corrente c’è tre ore sì e tre ore no un giorno, quello successivo quattro ore sì e due no; nelle campa- gne va peggio, arrivando a un’ora di erogazione ogni cinque. I generatori sono ancora oggi uno dei simboli del Kosovo. «Come si può lavorare in queste condizioni?» chiede il proprietario di una macelleria di Prizren, al quale si affianca annuendo il responsabile di uno delle decine di internet point della città, tanto diffusi quanto eco- nomici. Poi ci sono le altre questioni aper- te della regione: traffici illeciti e cor- ruzione ancora estesa. «Ma qualcosa in questo senso si sta facendo» ri- prende il cooperante Bobaj,mo- strando un foglietto che viene distri- buito da qualche mese in tutti gli e- difici pubblici cittadini. «C’è un numero nuovo al quale chiamare per segnalare episodi di corruzione o racket - spiega -, garantendo l’ano- nimato: la gente si fida e chiama. Nella sola Prizren, una quarantina di persone sono state arrestate grazie alle segnalazioni». Il servizio è statomesso a punto dalla polizia kosovara con l’appog- gio delle forze Unmik, il contingente Onu in Kosovo. Il quale, benché ab- bia ridotto la sua presenza e stia progressivamente lasciando i poteri inmano alle autorità locali (la vec- chia sede Unmik della città è dall’an- no scorso sede della polizia munici- pale), è ancora ben visibile nelle strade kosovare. «Non siamo ancora pronti a cavarcela da soli; la presen- za internazionale serve come pre- cauzione, anche se spesso non eser- cita più un ruolo di controllo». Un esempio? «Guarda la chiesa lassù sulla collina - dice Bobaj, indi- cando il monastero ortodosso di San Giorgio, il più grande e bello della città -, tutt’attorno ci sono le forze Unmik,ma mentre negli anni scorsi la loro presenza serviva a evi- tare danneggiamenti all’edificio, og- gi i soldati sono lì solo perché si ha la migliore vista dall’alto della città». La conferma alle parole del coope- rante arriva poco dopo. «È un ottimo punto di osservazione e la chiesa è ora riaperta per le visite» spiega un militare tedesco all’uscita da uno dei barbieri più rinomati del centro sto- rico. Nel corso degli anni, la distanza tra popolazione locale e forza inter- nazionale di pace è diminuita note- volmente. «Il contatto non èmai troppo,ma le relazioni si possono sviluppare bene - continua il militare -.Certo non tutti apprezzano la no- stra presenza,ma c’èmolta più tran- quillità che in passato. Il fatto che, poco alla volta, aumentino le espe- rienze positive di integrazione con le minoranze, è un buon punto di par- tenza. Non è detto che, indipenden- za omeno, non si possa tornare con gli anni alla convivenza di prima». È la speranza di tutti.O quasi. ■ MC FEBBRAIO 2008 29 generazioni, spinte da nuovi modelli che non appartengono loro, stanno lasciando a se stessi gli anziani, spes- so abbandonandoli al loro destino, andando a vivere in un’altra casa - spiega il responsabile Caritas - . Per la prima volta, in Kosovo si parla di non autosufficienza di persone anziane o disabili. Si stanno cercando solu- zioni, che per ora non arrivano». Dopotutto, un vero stato non c’è e i fondi per aiutare le persone con problemi non ci sono. «Ma anche potenziando il servizio di assistenza, le cose non si risolvono: quasi sem- pre la presenza di persone non au- tosufficienti non viene segnalata da nessun familiare; e quando si viene a sapere, spesso è troppo tardi» am- mette Miftari. Nelle centinaia di villaggi kosovari, il capovillaggio (riconoscibile dal co- pricapo bianco a scodella) rimane ancora una figura autorevole,ma il suo carisma non è più quello di un tempo. «Faccio fatica a farmi rispet- tare dai più giovani, che hanno in te- sta l’Europa e non vedono l’ora di andarsene» mi sussurra prima di re- carsi a fare una visita medica Haxi (il cognome è incomprensibile, così pure il nome del suo villaggio, tra Prizren e Giacova), capovillaggio 74enne con il quale condivido una corsa in un combi, i taxi collettivi dif- fusi in tutti i Balcani. I l miraggio di una vita migliore all’estero è ancora molto diffuso, nonostante la voglia di molti gio- vani di partecipare alla «ricostruzio- ne» della propria terra.Dopotutto, i problemi cronici del Kosovo post- conflitto sono la prima fonte di sco- Blerim Bobaj (da sinistra) e Orhab Miftari, davanti alla sede della Caritas Kosovo. Foto accanto: tipica pagnotta di pane a forma di fiore.
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