Missioni Consolata - Febbraio 2008

KOSOVO 28 MC FEBBRAIO 2008 «Non si può più tornare alla pacifi- ca convivenza di un decennio fa, ov- vero prima dell’avvento di Milosevic al potere a Belgrado - dice Raitan Dashi, 63enne che ha passato gran parte del post-conflitto in Italia -. L’o- dio sanguinario che qualche anno fa ha fatto scoppiare il conflitto ha creato una diffidenza enorme». Dalla fine degli eventi del 1999 ad oggi, sono scomparse 2.047 perso- ne. Dashi e sua moglie tre anni fa so- no tornati al loro villaggio a nordest di Prizren,mentre le sue due figlie hannomesso su famiglia nella pro- vincia a nord di Milano. «So che quello che dico non è po- sitivo, ma non sarei realistico dicen- do che un serbo sarebbe ben accol- to, perlomeno in campagna». In realtà, nelle città qualche cambia- mento c’è stato negli ultimi anni.A parte l’enclave della zona nord di Mitrovica, dove i 20 mila serbi pre- senti vivono praticamente isolati da- gli 80 mila albanesi e la tensione non è mai scesa, nel resto delle città (Peja, Klina, Prizren,Giacova, Pristina) i serbi sono tornati a farsi vedere nei supermercati, negli uffici ammini- strativi, senza grossi problemi, «co- me succedeva prima». Allo stessomodo, le altre mino- ranze (una decina, tra cui rom, turchi, bosniaci) non sono più oggetto di discriminazione o soprusi, anche se oggi sono più che dimezzate: erano il 12% prima del conflitto e sono scese al 5% della popolazione. Dalla primavera 2004, quando c’è stata un’ondata di violenze che ha provocato almeno 40 morti e molte case bruciate (come reazione alla morte proprio a Mitrovica di tre bambini albanesi affogati nel fiume Ibar mentre erano inseguiti da ra- gazzini serbi), sono stati fatti alcuni passi verso la normalizzazione. «È un lavoro lungo e difficile quello a favo- re delle minoranze, ancor più arduo di quando c’era l’emergenza umani- taria e bisognava risolvere il proble- ma di centinaia di migliaia di profu- ghi che dovevano tornare a casa» di- ce Orhan Miftari, 32 anni, responsabile di Caritas Kosovo , ente nato nel 1992 come sezione di Cari- tas Germania e diventato autonomo dopo i bombardamenti Onu. «Oggi gran parte del nostro operato si ri- volge a ripristinare la convivenza tra le varie etnie, con progetti di inte- grazione e inclusione che non sem- pre vanno a buon fine - continua Miftari -, però la situazione sta mi- gliorando, inmodo lento,ma co- stante, e questo ci spinge a non get- tare la spugna». C ome per Bobaj, anche per il giovane responsabile della Caritas kosovara i discorsi sullo status del Kosovo passano in secon- do piano di fronte ai problemi della società civile. «La prima battaglia da vincere oggi è quella contro la perdi- ta delle nostre tradizioni - riprende Miftari -.Se per la convivenza possia- mo sperare in risultati positivi nel fu- turo, per quanto riguarda la salva- guardia del valore della famiglia stia- mo facendo notevoli passi indietro». In che senso? «Si sta consumando una rottura con il passato: le nuove Moschea di Prizren e nello sfondo il monastero ortodosso di San Giorgio. Tipiche case in una via di Prizren.

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