Missioni Consolata - Febbraio 2008

MISSIONI CONSOLATA lizzare non è possibile,ma nello stes- so tempo bisogna riconoscere che questa mentalità è ancora viva. È una degenerazione del concetto di reciprocità che diventa un assoluto soffocante e schiavizzante. Medicina «del cuore» È dunque possibile che a tali sfide si possa rispondere con la tenerez- za? La tenerezza non è solo una ca- pacità affettiva,ma un trattamento che la pedagogia educativa deve cominciare a stimare e considerare come prezioso alleato.Diventare u- mani nelle relazioni reciproche e vincolanti per vari motivi di vicinan- za e di mutuo riconoscimento è compito di tutti i giorni e di ogni giorno in particolare. Per questo par- liamo di quotidianità educativa nel- la costruzione dell’elemento umano, cercando e avvicinandoci al più con- creto, più conosciuto e più prossi- mo. Lì, di fronte alla persona reale e vicina, suggeriamo gli accorgimenti della sopravvivenza, come resisten- za agli sconforti e come speranza di unmodo di vivere nuovo, adatto a divenire parte ordinaria della vita. Vogliamo educare esseri umani a diventare più umani e «meglio» u- mani, ben consapevoli che l’uma- nità in sé comporta una condizione non conclusa e incompiuta. Nella cosmovisione andina l’ar- monia tra le creature è essenziale per la convivenza.Ognuno deve sta- re al proprio posto senza invasioni o abusi spaziali. Se uno, invece, non occupa il proprio posto per insuffi- cienza o provvisorietà di qualsiasi genere bisogna aiutarlo ad arrivare ad assumere una posizione propria nel contesto comunitario. Sorge allora incontrastato il diritto alla tenerezza: amorosa, sensibile, af- fettiva. La tenerezza è la qualità che rende possibile la convivenza uma- na rispettando la singolarità e la di- versità di ognuno, che fa volgere lo sguardo e prestare attenzione verso il più debole, la persona svantaggia- ta che non ha una posizione definita e conclusa nell’armonia del cosmo. Più che attribuzione, la tenerezza è un paradigma di convivenza che MC FEBBRAIO 2008 23 altri figli sani. Nel contesto indigeno tradizio- nale le famiglie non possono nep- pure aspettarsi un grande aiuto dalle proprie autorità comunitarie. Un bimbo con handicap è un even- to straordinario e ha bisogno di so- stegni straordinari. In questi anni abbiamo cercato di portare avanti un lavoro di educazione dei diri- genti indigeni, orientato al rispetto per la persona, soprattutto per i bambini, spingendo affinché la co- munità sentisse l’importanza di da- re ai giovani sussidi e sostegni per la loro formazione.Ma il cammino è ancora lungo; nel mondo indigeno non esiste ancora uno spirito di gratuità: aiutano perché sono aiu- tati. L’idea di sacrificare qualche co- sa di personale a titolo gratuito e a beneficio altrui non appartiene an- cora a una cultura che fonda la pro- pria etica della relazione sulla reci- procità e, quindi, sul do ut des : ti do se mi dai, oppure mi aspetto qual- cosa da te in cambio di quanto ti ho dato. Al contrario, il gesto verso un bambino disabile è pura solidarietà, perché un bambino del genere non può darti nulla in cambio. Con pazienza abbiamo insinuato l’idea che la situazione delle perso- ne in difficoltà deve diventare una priorità dell’organizzazione e della progettazione comunitaria. La fami- glia fa parte di una comunità, ne rappresenta la sua porzione più pic- cola; i suoi problemi e le sue priorità sono di interesse comune e non si li- mitano ai membri della famiglia stessa.Ne consegue che una buona progettazione comunitaria non de- ve pensare esclusivamente alla stra- da, all’acquedotto,ma puntare al benessere della gente inteso in un senso complessivo. Lo stesso discor- so vale anche per gli anziani.Diven- tando vecchie e malate le persone i- niziano a rimanere al margine della società e cominciano ad aver paura, paura, persino, che si dia loro qual- cosa per andarsene da questomon- do il più in fretta possibile. Finché una persona serve, lavora e produce si guadagna il rispetto; quando inve- ce la stessa persona non riesce più a contribuire alla vita della comunità diventa un peso, un valore passivo nel bilancio che deve essere limitato al massimo in attesa di venire elimi- nato del tutto.Chiaramente genera- Anche gli anziani sono persone bisognose di tenerezza, sovente abbandonati a se stessi. In basso, la vita dura delle Ande presuppone fisici integri, capaci di sopportare la fatica del lavoro e dei lunghi spostamenti.

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