Missioni Consolata - Febbraio 2008
20 MC FEBBRAIO 2008 AZERBAIGIAN (IRAN) termine «caldea». Il vecchio nome le- gato alla nazionalità, però, continuò a esercitare una certa attrazione, tanto che nel 1973 i caldei lo reinserirono: ora si chiamano ufficialmente «catto- lici assiro-caldei». La chiesa caldea di Urmia, un am- pio edificio di recente costruzione, al momento della mia visita era deser- ta, finché arrivò il sacrestano a riordi- nare l’altare. Saputo che ero italiana, il signor Michail mi prese in simpatia e, vista la mia curiosità,mi domandò a bruciapelo se mi sarebbe piaciuto parlare con l’arcivescovoThomas Meram, sempre che egli avesse tem- po per ricevermi. Di lì a poco,mi trovai di fronte un uomo sulla sessantina, inmaniche di camicia, dai modi semplici e risoluti. Un incontro inaspettato per tutti e due.Da persona abituata a non per- dere tempo in convenevoli,monsi- gnore attaccò subito a parlare della sua comunità; nelle sue parole è ri- suonata quella nota di rimpianto che ben conoscevo: ai tempi dello scià i cristiani caldei erano 30 mila, adesso arrivano a malapena a 5 mila. Quando era sacerdote a Teheran, nel 1977,mons.Meram conosceva personalmente le 1.600 famiglie del- la città, più altre 200 che non figura- vano nei registri. Si celebravano 110 battesimi all’anno, 40 matrimoni.Ma adesso... Adesso la gente se ne va in Ameri- ca, senza sapere neanche perché. Molti partono per ricongiungersi a parenti che vi abitano di già e che li chiamano.Non ci sonomotivi gravi per lasciare il paese. «Qui possiamo Alcuni giovani che hanno partecipato ai giochi panassiri a Urmia. Cristiani e musulmani, nel piazzale della chiesa di san Sergio, liberi dalle etichette imposte dal regime iraniano. Chiesa di san Sergio e panorama di Urmia.
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