Missioni Consolata - Febbraio 2008
MISSIONI CONSOLATA scuole armene e che quindi finisco- no per usare abitualmente la lingua locale,mentre quelli che frequenta- no le scuole russe mantengono la propria identità. Il fenomeno dell’as- similazione è massimamente diffuso tra coloro che sono emigrati in Occi- dente: difatti,mi diceva con un certo tono di recriminazione il rappresen- tante della comunità armena, gli uni- ci a non partecipare ai giochi sono gli assiri della diaspora. LIBERI... A SAN SERGIO Per il pomeriggiomi avevano consi- gliato di visitare la chiesa assira di san Sergio, appena fuori città, sulle pen- dici degli Zagros, che nei giorni di fe- sta diventa meta di escursioni e pic- nic. Quando vi fui arrivata, capii per- ché il luogo è così popolare. Circondata da campi e ulivi, l’antica chiesa si trova a metà collina, in una posizione che domina la regione cir- costante. Da lì lo sguardo abbraccia tutta Urmia e arriva fino al lago e ai monti lontani. L’edificio è di un’estrema sempli- cità: rettangolare, in pietra; all’interno è diviso in due cappelle comunicanti, le pareti sono completamente spo- glie e solo la croce sul fondo sta a in- dicare dove ci troviamo.Mi sedetti sull’unica sedia a contemplare quella pace.Di tanto in tanto entrava qual- che visitatore; i musulmani si com- portavano come inmoschea: lascia- vano le scarpe all’ingresso, anche se non c’erano tappeti da calpestare. Saranno state le cinque,ma di gen- te lì intorno non se ne vedeva molta. Ero un po’delusa, perché mi aspetta- vo di trovarvi più animazione.Ma un’ora più tardi, discendendo da una passeggiata su per la collina,mi si presentò uno spettacolo del tutto imprevisto: vie e spiazzo intorno a san Sergio formicolavano di gente, macchine parcheggiate dappertutto, altre stavano riempiendo un ampio prato poco distante.Mi domandavo dove avrebbero trovato posto tutte quelle che stavano salendo, forman- do una sequenza ininterrotta fino a dove arrivava l’occhio. Nonmeno sorprendente era vede- re che le persone lì convenute aveva- nomesso da parte l’etichetta islami- ca: i giovani si mischiavano tra loro, molte ragazze e signore erano senza velo e, a volte, addirittura sbracciate. Uno dei motivi per cui i cristiani la- sciano l’Iran è di riacquistare la li- bertà di comportarsi in luogo pubbli- co come ci si comporta nel privato, tra familiari e amici. I doppi standard nel vestirsi, nei rapporti interperso- nali, cui tutti sono costretti, cristiani e musulmani allo stessomodo, sono un aspetto assai poco piacevole della vita in questo paese. Si può, dunque, capire l’aspirazione a liberarsi per sempre dalle rigide re- gole di comportamento imposte dal- la Repubblica islamica, e non solo per poche ore, su a san Sergio.Di una li- bertà di tal fatta coloro che si trasferi- scono in Occidente ne trovano in ab- bondanza. C’è, però, chi ritiene che la presen- za dei cristiani in questi luoghi conti- nui ad avere un senso, anche nelle non facili condizioni in cui si trovano a vivere.Ne ebbi una conferma il giorno dopo, nell’incontro con l’arci- vescovo caldeo di Urmia,mons.Tho- mas Meram. CATTOLICI ASSIRO-CALDEI Seppellita tra i vicoli di un vecchio quartiere di Urmia, nonmolto distan- te da quella assira, si trova la chiesa cattolica caldea. Nel 1552, a seguito di una disputa sull’elezione del nuovo patriarca, al- l’interno della chiesa d’Oriente si ve- rificò uno scisma.Coloro che non lo riconobbero ne elessero un altro, il quale l’anno successivo chiese e ot- tenne il riconoscimento di papa Giu- lio III . Per la parte entrata in comunio- ne con Roma si affermò da allora il MC FEBBRAIO 2008 19 Sopra, nella hall dell’albergo Flamingo: padre Dariaush (secondo da sinistra) e padre Bengiamin (al centro), con alcuni rappresentanti della comunità assira in Armenia. A destra, gruppo di studenti del corso di lingua e letteratura aramaica; nello sfondo il patriarca Dinkha IV .
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