Missioni Consolata - Gennaio 2008

64 MC GENNAIO 2008 HAITI la pietra [cioè di farlo lavorare]. Se non la toglie, devi frustarlo perché se lo ricordi.Ma se si attacca ancora al seno della madre, è troppo picco- lo, non può capire e non si può pic- chiarlo». BAMBINI:AL LAVORO! I figli lavorano duramente sin dalla tenera età. Le bambine dai 7 - 8 anni sono incaricate di spazzare la corte, di andare a prendere l’acqua, di aiu- tare nella preparazione dei pasti, di lavare i panni, di accompagnare al mercato la madre,… I figli maschi portano il cibo al padre nei campi, guardano il bestiame e lo accompa- gnano all’abbeveraggio; quando raggiungono i 10 - 12 anni, comin- ciano ad aiutare il genitore nel duro lavoro dei campi e a 14 anni al bam- bino viene affidato una piccola por- zione di terreno da coltivare. Oltre al lavoro, se le condizioni fa- miliari lo permettono, i bambini fre- quentano la scuola.Al bambino vie- ne impartita un’educazione severa a colpi di una piccola frusta di fibre vegetali, sia la famiglia che la scuola, gli insegnano la paura del mondo, della magia, di Dio.Un timore gene- ralizzato che non lo abbandonerà più e che lo condizionerà per tutta la sua esistenza: una diffidenza indiffe- renziata verso l’altro. Tutto ciò pre- giudica ulteriormente la sua già dif- ficile situazione, obbligandolo a su- bire e quindi a elaborare sin da piccolo una mentalità di sottomis- sione ed esclusione che li spingerà sempre più a fondo nella miseria. La struttura familiare haitiana, in città e nelle zone rurali, ha fortemen- te sofferto del difficile clima politico e sociale che si è creato nel paese, in particolare a partire dal 1986, anno della fuga di Baby Doc.Mireille che lavora nel centro sanitario di Fond des Blancs, ha vissuto la sua infanzia nella capitale, a Cité Soleil (la barac- copoli della capitale più estesa e vio- lenta). «Negli anni Settanta - raccon- ta - vivere in una cité di Port-au-Prin- ce non era male.C’era povertà ma la gente si aiutava reciprocamente. È a partire dagli anni Ottanta che il cli- ma è cambiato, è iniziata l’insicurez- za e la violenza ha cominciato a cre- scere velocemente». Sono gli anni caotici della caduta del sistema du- valierista al quale succedono vari re- gimi golpisti fino al 1994, anno che segna il ritorno ad una democrazia, almeno di facciata, con il rientro dall’esilio del presidente Jean Ber- trand Aristide. GENERAZIONI DA BUTTARE «Molti dei ladri e delinquenti di oggi - continua Mireille - sono i figli della violenza degli anni Ottanta, di stupri commessi ai danni di migliaia di donne.Questi giovani ed adolescen- ti che hanno oggi un’età tra i tredici e i venticinque anni sono cresciuti senza genitori, in un ambiente duro dove hanno sviluppato un forte i- stinto alla sopravvivenza che li spin- ge a fare qualsiasi cosa pur di rima- nere a galla. Sono pronti a tutto: uc- cidono a dodici anni per pochi dollari, assaltano senza pietà in pie- no giorno nelle strade della capitale, sono abituati ad uno stile di vita che raramente sono disposti a cambiare. Socialmente parlando, oggi sono lo- ro i più pericolosi». Vivono nelle nu- merose bidonville di Port-au-Prince H AITI DENTRO U n giorno, nel luglio del 1995, sbarcavo per la prima volta ad Haiti. Arrivai con alcuni compagni via terra dalla Repubblica Dominicana, attraverso il posto di frontiera Jimanì. Mi accompagnava MassimoMiraglio ,all’epoca postulante dell’Ordine dei mi- nistri degli infermi (i Camilliani). Giunti a Port-au-Prince era già notte e l’autobus ci scaricò all’inizio della Grand Rue. (Per onore di cronaca all’epoca la capitale non era così violenta come lo è diventata anche solo pochi anni dopo). Ricordo il forte odore di marcio e il via vai delle donne commercianti, nonostante si fosse nel buio totale. Le luci erano solo quelle delle poche automobili di passaggio e di alcuni neon. M assimo era al suo secondo viaggio nel paese.Ma si sentiva già a suo agio e parlottava, a quel tempo, un po’ di creolo. Trovò rapidamente un pas- saggio per «Villa Manrese» dove era previsto dormissimo quella notte. Da allora le nostre vite si intrecciano, tra loro e con la storia di Haiti.Questo af- fascinante e martoriato paese, che in qualche modo, ci tiene sempre legati. Oggi Massimo è sacerdote e religioso camilliano e vive a Jéremie, uno dei luoghi più irraggiungibili dell’isola, dove è maestro dei novizi. Marco Bello L’ AUTORE Massimo Miraglio (a destra) con Marco Bello ad Haiti.

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